Ci sono cose che non cambiano mai. Soprattutto in Italia. Vizio della politica in questi anni è stato, troppo spesso, quello di guardare al dito mentre questo indicava la Luna. E credo che anche nel dibattito di questi giorni stia accadendo ciò.
Oggi il presidente del Consiglio sarà alla Camera per dire al Paese, e al Parlamento che lo rappresenta, come intende procedere nell’azione di governo. Dalla sua ha i risultati di questi due anni. Possiamo far finta di non vederli, ma è piuttosto difficile sostenere che l’esecutivo e la maggioranza siano stati con le mani in mano. Soprattutto se si considera lo scenario nel quale si sono mossi. Colpiti da una crisi economica che ha messo in ginocchio nazioni economicamente ben più forti della nostra.
Abbiamo fatto ciò che andava fatto. Lo dicono gli organismi internazionali ma anche l’evidenza visto che siamo uno dei pochi Paesi che, ad esempio, non ha visto fallire una delle sue banche.
Ora, affrontata l’emergenza, ci aspettano tre anni in cui lavorare per far sì che i primi timidi segnali di ripresa avvertiti, diventino stabili e duraturi. È una sfida che passa, ad esempio, attraverso una riforma della giustizia che renda il nostro sistema più efficiente e più rispondente alle esigenze reali dei cittadini. Attraverso politiche del Mezzogiorno che smettano di considerare il Sud dell’Italia come l’oggetto di un assistenzialismo miope, ma che lo rendano protagonista del proprio sviluppo. Attraverso un federalismo che elimini gli sprechi e le spese improduttive. Attraverso la possibilità dei cittadini di vivere nelle loro città in assoluta sicurezza. Attraverso un fisco che sia realmente vicino alle famiglie. Di tutto questo parlerà oggi il presidente del Consiglio.
Certo, non ci nascondiamo dietro a un dito. In questi mesi il Pdl e la maggioranza hanno vissuto un periodo di difficoltà. Difficoltà difficilmente comprensibili e apparentemente dettate più da personalismi e rendite di posizione, che da un interesse reale per il bene comune. Ma proprio per questo la scelta fatta dal presidente del Consiglio di chiedere un voto di fiducia sul programma che esporrà questa mattina, è un gesto di chiarezza che contribuisce a togliere dal dibattito politico ogni tipo di ambiguità.
Stamattina alla Camera si porrà una scelta netta tra potere e bene comune. Tra chi vuole consegnare il Paese all’instabilità e il senso di responsabilità di chi, al contrario, vuole un’Italia saldamente governata e capace di affrontare le sfide del futuro. Tra chi condivide la semplificazione avvenuta due anni fa che ha messo anche il nostro sistema politico sulla strada di un bipolarismo maturo fatto di alternanza e chi, al contrario, vuole tornare alla vecchia politica politicante in cui fioriscono partiti e partitini.
Questa è la sfida che abbiamo davanti. Sentiamo forte il richiamo fatto dal cardinale Angelo Bagnasco in occasione dell’apertura dei lavori del consiglio permanente della Cei:« Basta con le discordie personali che, diventando presto pubbliche, sono andate assumento il contorno di conflitti apparentemente insanabili e si sono fatte pretesto per bloccare i pensieri di un’intera nazione quasi non ci fossero altre preoccupazioni, altri affanni».
Per questo stamattina voterò sì alla fiducia e spero che, con me, lo facciano tutti coloro che hanno a cuore il bene dell’Italia.