Aula del Senato in subbuglio durante le votazioni sull’articolo 2 della riforma costituzionale. Ieri Lucio Barani, capogruppo della formazione di Denis Verdini che appoggia il governo, avrebbe fatto un gesto volgare rivolto alla collega di M5s Barbara Lezzi. La confusione che ne è seguita ha costretto il presidente Grasso a interrompere la seduta. Il nodo politico però è un altro, e rischia di avere ancora una volta ripercussioni all’interno del Partito democratico. Ne abbiamo parlato con Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità e deputato Ds.
Renzi non ha problemi di numeri. Perché allora cercare il sostegno di Verdini che tanti mal di pancia sta provocando a sinistra?
Perché con i suoi voti serve a dissuadere i vietcong della sinistra Pd.
Nonostante l’accordo sugli emendamenti Finocchiaro?
Il processo che ha portato Verdini a staccarsi da Forza Italia e a costituire l’Ala (Alleanza liberalpopolare per le autonomie, ndr) precede l’accordo interno al Pd e in qualche modo lo ha condizionato, perché la minoranza ha capito che poteva essere sostituita. E poi l’amicizia di Verdini e Renzi è un fatto antico.
Che i due si conoscessero da tempo, è noto. Quello di Verdini però è un sostegno politico.
Sì e a mio avviso non è legato innanzitutto né alla riforma costituzionale né agli appuntamenti parlamentari, quanto alla ristrutturazione in atto delle forze politiche: nel centrodestra, che oggi non ha un soggetto federatore, e nel centrosinistra, dove si cerca di capire quale partito abbia in testa Matteo Renzi.
Verdini sta facendo il secondo Nazareno al posto di Berlusconi?
Se noi intendiamo il Nazareno come un patto con un pezzo di mondo che sta dall’altra parte, così com’è il patto di Renzi con Alfano, la risposta è sì.
Ma dove comincia e dove finisce questo accordo?
Non credo proprio che Renzi sia così ingenuo da rifondare il Pd per portarvi un personaggio così discusso. So bene che girano sondaggi che dicono quanti voti perderebbe il Pd se nascesse il partito renziano della nazione con Verdini dentro.
7 punti non sono pochi.
Sondaggi così sono soldi buttati, perché Renzi è troppo intelligente per fare un’operazione del genere. Cambiare formula al Pd per imbarcare Verdini, Alfano e altri di quella provenienza vorrebbe dire un netto spostamento di campo che porterebbe Renzi a perdere milioni di voti a sinistra. Il gioco non vale la candela.
Intanto però Alfano pare destinato a candidarsi con Renzi per non sparire del tutto. Idem per altri centristi. E’ sicuro che il risultato cambi?
In realtà, sì. Dare ad alcuni personaggi che hanno accompagnato l’esperienza del tuo governo un collegio sicuro, non vuol dire creare una nuova formazione politica, ma dare un diritto di tribuna ad alcuni alleati. Una soluzione già vista e non solo ai tempi del Pci. Massimo D’Alema regalò il collegio del Mugello ad Antonio Di Pietro, che non è mai stato un amico della sinistra.
L’Italicum rimarrà così com’è?
Non escludo che Renzi accetti l’idea di modificarlo nel punto che sta a cuore a Berlusconi, il premio alla coalizione invece che alla lista. In questo modo anche Renzi risolverebbe molti problemi.
Dunque ci sta pensando.
Per forza. Se la legge resta così com’è, con il ballottaggio tra i due partiti più votati, quali garanzie ha Matteo Renzi che il secondo arrivato, si chiami Salvini o si chiami Grillo, non prenda, per dispetto verso il Pd, i voti del terzo?
E’ una bella incognita.
No, non è un’incognita: è qualcosa che si è già visto in alcuni risultati delle ultime amministrative, in cui quando il Pd è andato al ballottaggio con i grillini, questi hanno preso molti voti di centrodestra in chiave anti-Pd e anti-Renzi. Sono queste oggi le due preoccupazioni del premier: il ballottaggio, dove uno schieramento largo è molto meglio di una guerra di uno contro due, lo statuto da dare ai suoi alleati senza per questo incorporarli.
Quella della minoranza dem è stata una vittoria?
No. Bersani e la sinistra Pd non hanno vinto nulla, hanno semplicemente trovato una possibilità per poter dire di aver strappato a Renzi un risultato. La stessa elezione/designazione dei senatori avverrà in un modo che resta ancora tutto da definire con legge ordinaria.
Quando Renzi avrà vinto in Senato, cosa lascerà nel Pd l’alleanza tattica con gli ex berlusconiani?
Non lascerà nulla. La tragica fine del povero Civati dice a Bersani e agli altri che non c’è vita al di fuori del Pd, o almeno non c’è vita dentro uno schema di rinascita della sinistra per come essi la raccontano. La sinistra a cui si ispirano Bersani e Cuperlo ha un album di famiglia, ma non assomiglia in nulla ai nuovi movimenti di sinistra europei. E poi guardi cos’è accaduto in questi giorni. Sono rimasto colpito da come la veemenza con cui la minoranza dem ha condotto la battaglia sul Senato non abbia avuto il minimo riscontro sul tema dei tagli alla sanità.
Sono dovute intervenire altre forze, dai medici alla stampa, allora il governo se n’è accorto.
Appunto. Se non è di sinistra il tema della protezione della parte più debole della popolazione…
Gli oppositori dicono che questa è la riforma dell’uomo solo al comando. Anche il caso Rai3 sembra una conferma.
Sono due problemi diversi. Renzi deve stare al suo posto, lui e i suoi non devono mettere le mani sulla Rai come non avrebbero dovuto farlo i suoi predecessori. Detto questo, anch’io a suo tempo sono stato sostituito dal mio editore. Se fai questo lavoro, sai che non resti dirigente o conduttore per tutta la vita. Non può e non deve mandarti via Renzi, ma il cda può farlo. Qui non c’entra niente l’editto bulgaro, fa parte della sfera normale dei ruoli.
E l’autoritarismo renziano?
Siamo in una fase storica in cui la democrazia parlamentare e i corpi intermedi si scontrano con fenomeni inediti: la dissoluzione di pezzi della società, rivolte etnico-nazionali come in Catalogna, lo sviluppo di sistemi sovranazionali più o meno riusciti. Il tema non riguarda Renzi, ma questo più ampio fenomeno che è sotto i nostri occhi.
E’ davvero sicuro che non riguardi anche il nostro premier?
Renzi indubbiamente cavalca quest’onda, se ne avvantaggia. Spero che facendolo provochi del bene al paese, al tempo stesso il tipo di democrazia che abbiamo conosciuto ha bisogno di essere rinnovato in qualche modo. Se questo non accade, i fenomeni realmente autoritari, di destra o di sinistra, avranno la meglio.
(Federico Ferraù)