Non so a voi, ma io se c’è una cosa che non sopporto è essere preso in giro. In generale ma, soprattutto, da chi si mette in posa da primo della classe e, gratta gratta, scopri che ha ben poco da insegnare. Vi avevo detto che a scherzare con il fuoco di Mps ci si rischiava di bruciare e così è stato, visto che dopo l’ok del governo allo scudo statale, una volta fallita l’operazione di mercato, la Bce ha chiesto un aumento di capitale da 8,8 miliardi di euro, superiore ai precedenti 5 miliardi, probabilmente per arrivare a un livello target di total capital ratio – senza i subordinati – e per assorbire il venir meno del contributo di Atlante. Il Cet1 dovrebbe attestarsi al 13-14%, ma resta da chiarire cosa succederà alle coperture e ai crediti forborne: una cosa è certa, è un trattamento da banca greca.
Il ceo dell’istituto, Marco Morelli, ha dichiarato che la banca dovrà presentare alla Bce un nuovo piano di ristrutturazione, visto che quello precedente, che prevedeva lo spin-off integrale dei non performing loans, ormai equivale a carta straccia. È quindi probabile che il governo italiano inietterà 6,5 miliardi di euro per salvare il Monte, stando a quanto confermato da tre fonti vicine alla vicenda all’agenzia Reuters. Altri 2-2,3 miliardi di euro arriveranno dalla conversione delle obbligazioni subordinate detenute dagli investitori istituzionali. Infine, nel decreto del governo per l’intervento anche su Mps è stato chiarito che il valore attribuito alle azioni di Rocca Salimbeni in sede di conversione dei Tier1 e Tier2 sarà lo stesso di quello utilizzato per l’aumento di capitale del governo. Non c’è quindi un prezzo privilegiato a favore dello Stato: si paga e in moneta sonante, tutto e pressoché subito, almeno a livello di garanzie e quindi di incisione sulla percezione di stabilità del nostro debito pubblico. Caso strano, lo spread è ricominciato a salire. Inoltre, lo swap fra equity e bond senior per i detentori di subordinati upper Tier2 2018 retail riguarderà tutti gli obbligazionisti (anche coloro che hanno acquistato successivamente) con l’esclusione di quelli acquistati da controparti qualificate o clienti professionali.
Un piano decisamente complesso, con operazioni tutt’altro che semplici e che dovranno ottenere il via libera della Bce, per questo – a detta degli analisti di Equita – bond e azioni rimarranno sospesi dalle quotazioni per alcune settimane, almeno fino a marzo, stando a fonti di stampa. «In base ai nostri calcoli preliminari, inserendo un aumento di capitale da 8,8 miliardi di euro, secondo noi le nuove azioni saranno emesse a un prezzo di 17,4 euro e il numero di azioni della banca salirà da 29 a 527 milioni», valutano gli analisti della sim. Come detto prima, roba da trattamento greco.
In compenso, ci sono figli e figliastri. Dopo il favore del Dipartimento della Giustizia Usa di cui vi ho parlato ieri, ecco che Deutsche Bank può infatti avvalersi di un altro bell’aiutino, questa volta dalla stessa Bce che ha bastonato Siena. A seguito dei risultati degli Srep 2016, ieri l’Eurotower ha abbassato i requisiti minimi di capitale per l’istituto tedesco, lasciando alla banca più margini per definire dividendi e bonus.
L’istituto ha infatti annunciato che la Bce ha chiesto di mantenere un common equity tier 1 di almeno il 9,51% su base consolidata a partire dal primo gennaio 2017. Un coefficiente inferiore a quello attualmente richiesto del 10,76%, soglia sotto la quale la banca non poteva scendere quest’anno senza dover limitare dividendi, remunerazione variabile e cedole ai detentori di titoli Additional Tier 1. A inizio anno i timori su una mancata distribuzione delle cedole da parte di Deutsche Bank avevano mandato in tilt tutto il comparto dei bond Additional Tier 1, peccato che nonostante il favore di Draghi, il titolo del gigante tedesco continuasse a calare, toccando all’ora di pranzo un -1,81% al Dax di Francoforte.
Il perché è presto detto: Mps è stata un cumulo di inefficienze e regalie per decenni e ora siede su un vulcano in eruzione di sofferenze per quei crediti elargiti agli amici degli amici e divenuti inesigibili, ma Deutsche Bank è il più grosso hedge fund del mondo, travestita da banca commerciale. Per quanto la Bce voglia andare incontro alla Merkel per sostenerne la campagna elettorale, non si può cancellare dalla sera alla mattina il book di derivati di DB. Tanto più che, miracoli teutonici, per chiudere il contenzioso negli Usa sui subprime, non è previsto alcun aumento di capitale a copertura della transazione e l’istituto si aspetta addirittura che l’accordo venga concluso all’inizio del 2017, prima che si insedi il presidente eletto, Donald Trump. D’altronde, nel suo ultimo viaggio in Europa, Obama era stato chiaro nell’indicare quale fosse il suo politico preferito – e più fedele alleato -, quindi ecco spiegato il regalone.
Non è che però il governo tedesco stia facendo segretamente ciò che accusa di fare al nostro, ovvero salvare DB in totale spregio delle delinquenziali normative europee in materia? Tanto più che, come sapete bene, io alle coincidenze non credo nemmeno un po’. Guarda caso, in perfetta contemporanea con la diffusione da parte del Sole24Ore della notizia dell’aumento del conto da pagare per Mps in ossequio ai desiderata della Bce, sulla Bild di lunedì compariva un’intervista al capo della Bundesbank, Jens Weidmann, tutt’altro che coinciliante, sia nei toni che nella sostanza. «L’impiego di mezzi pubblici è previsto solo come ultima risorsa, per questo motivo l’asticella è particolarmente elevata. Abbiamo deliberato nuove regole che devono soprattutto proteggere i contribuenti e rendere responsabili gli investitori. Nel caso di Banca Mps, molte questioni sono ancora aperte. In particolare, la base della banca deve essere finanziariamente sana. Il denaro pubblico non può essere utilizzato per coprire perdite già prevedibili: tutto ciò deve essere ora esaminato con attenzione», il suo diktat. Ennesima ingerenza, ma poco importa, ormai siamo diventati docilissimi nel farci dettare le regole dei tedeschi, scodinzolando per giunta.
Quale sia il quadro di medio termine, a mio modo di vedere, lo sapete: la guida della Bce a un tedesco per gestire al meglio, per gli interessi di Berlino, la frantumazione della moneta unica e Mario Draghi che arriva in Italia coma cavaliere bianco della politica, con il benestare di tutto l’arco costituzionale che oggi si sta compattando dietro il governo Gentiloni, Quirinale in testa. Lo stesso Silvio Berlusconi, interpellato sul nome ideale per il post-Gentiloni alla presentazione del libro di Bruno Vespa, non ebbe esitazioni nel dire Mario Draghi, candidato perfetto per silenziare e riportare al mero ruolo di testimonianza i sempre più scomodi alleati, Salvini e Meloni.
E che in Germania abbiano fretta nell’anticipare un evento che potrebbe sconvolgere gli equilibri ben più del Brexit, il quale ormai è visto come un falso problema da tutti, lo dimostra la tabella a fondo pagina, la quale ci fa vedere come la Bundesbank e il governo di Berlino abbiano accelerato e parecchio le operazioni di rimpatrio dell’oro fisico depositato a New York e Parigi. Nel 2014 sono state 120 le tonnellate tornate nei caveau tedeschi, mentre l’anno dopo addirittura 210: bene, venerdì scorso la Bundesbank, citata dalla Bild e non smentita, ha confermato che nell’anno che sta per terminare, «abbiamo rimpatriato più oro di quello che avessimo pianificato. A oggi, quasi la metà delle nostre riserve auree si trovano in Germania», ha confermato lo stesso Jens Weidmann.
La Reuters ha fatto notare che nel corso della crisi finanziaria furono le richieste di molti cittadini a spingere la Bundesbank a rimpatriare l’oro stoccato all’estero, «visto che in molti chiedevano addirittura se esistesse ancora, spingendo la Banca centrale ha pubblicare una lista dettagliata del piano di rimpatrio». A oggi sono tornate a casa circa 1600 tonnelate di oro, destinate a salire a 1700 entro il 2020. Insomma, per qualche ragione sconosciuta la Bundesbank si è sentita in dovere di accelerare le operazioni, tanto che se il target era di aver riportato a casa 1700 tonnellate entro il 2020, già oggi siamo a quota 1600 messe in sicurezza in patria. Non so voi, ma se la detenzione di oro tedesco all’estero fu resa necessaria dal rischio di un’invasione sovietica della Ddr e quindi del rischio di confisca, oggi c’è un’unica ragione per cui accelerare quell’operazione, al netto dell’opinione pubblica: avere abbastanza oro in possesso da poterlo usare come garanzia per una nuova valuta sovrana post-euro sui mercati valutari internazionali. Sbaglierò, ma temo che la fine dell’Ue e dell’eurozona come la conosciamo sia più vicina di quanto non pensassi.