“La sinistra Pd si limita a essere anti-renziana così come era stata anti-berlusconiana in passato. Ma sui grandi temi che interessano il Paese non è in grado di fare proposte politiche di spessore: la sua è solo una lotta per la sopravvivenza”. Lo afferma Ernesto Galli della Loggia, storico ed editorialista del Corriere della Sera, secondo cui “sullo stesso voto per il Quirinale l’opposizione interna al partito non riuscirà a essere determinante”. Nell’aula del Senato impegnata dal voto sugli emendamenti all’Italicum ieri si è consumata la spaccatura del Pd, con 140 senatori e deputati del partito che si sono riuniti a Montecitorio proprio mentre a Palazzo Madama si stava votando.
Quella della sinistra Pd è una battaglia culturale o per la sua sopravvivenza politica?
Si tratta essenzialmente della sua sopravvivenza politica, non credo che la battaglia sull’Italicum possa essere definita culturale. L’argomentazione della sinistra Pd contro i capilista bloccati si rifà al principio della democrazia rappresentativa, ma la ragione principale è di natura politica. L’obiettivo è contrastare una legge elettorale che dà a chi comanda nel partito la sicurezza di eleggere un gruppo parlamentare che gli sia fedele, e quindi non eleggere molti degli infedeli, quelli cioè che si oppongono a Renzi.
Il premio di maggioranza alla lista anziché alla coalizione sbarra il futuro a un partito alla sinistra del Pd?
In linea di principio sì, anche se nella lista poi possono entrare tutti. Anziché una coalizione, si potrebbe creare un “listone” che riunisca sinistra Pd, Sel e Rifondazione comunista. Si dovrebbe prevedere che chi è eletto in una lista non possa poi formare un gruppo parlamentare diverso dai suoi colleghi eletti nella stessa lista. Il problema principale della fronda dem è però che se escono dal Pd non hanno poi la sicurezza di avere i voti che invece ha il partito di Renzi, ma soprattutto di avere la collocazione nei collegi che serve per vincere.
Quanto conta l’anti-berlusconismo nella posizione della minoranza Pd?
Non si tratta più di anti-berlusconismo, bensì del fatto che la presenza di Berlusconi oggi rafforza molto Renzi e il loro obiettivo è indebolirlo. Sono “antiberlusconiani di risulta”, perché in realtà il loro è un anti-renzismo.
Quella in corso nel Pd è una dialettica normale o si sta consumando la scissione?
E’ una dialettica arrivata ormai ai ferri corti, ma da qui a parlare di scissione ce ne corre. Ciascuno fa i suoi calcoli personali, e quindi ci pensa due volte prima di fare un salto nel buio. Soprattutto perché stando ai nomi attuali sarebbe una scissione senza leader, e oggi come oggi sarebbe una scelta molto rischiosa perché ormai c’è un’estrema personalizzazione della politica.
Quale seguito avrebbe in Italia una posizione come quella di Tsipras?
Tsipras in Grecia ha riempito un vuoto, mentre in Italia questo vuoto non c’è. Il Pd, Grillo e Salvini hanno posizioni “alla Tsipras”: vanno dall’essere contrari all’euro al fatto di chiedere di rivedere le politiche dell’Unione Europea. In Italia una politica alla Tsipras non ha quindi molto spazio, perché ci sono già forze politiche che si sono impadronite di quei temi.
Quali conseguenze avrà questa polemica in corso nel Pd quando si voterà per il Quirinale?
Questo è molto difficile prevederlo. Anche se ritengo che la sinistra Pd non dovrebbe influire moltissimo nella partita per il Quirinale e non riuscirà a ostacolare i disegni del segretario-premier.
Lo stesso Renzi sulla strategia per il Colle è stato un po’ ondivago. Non sa che pesci pigliare?
Sull’elezione del presidente della Repubblica sono tutti ondivaghi. Lei conosce qualcuno che dica con esattezza che cosa farà? Diamo per scontato che da qui al 29 gennaio, tutto quello che si dirà sull’elezione del presidente della Repubblica, e che riguarda nomi e strategie, è solo un ragionare sul nulla.
Renzi dovrebbe ascoltare di più gli altri o fa bene ad andare avanti per la sua strada?
Renzi fa bene ad andare avanti per la sua strada, ma nello stesso tempo ascoltando gli altri. Le due cose non sono contrapposte.
L’accusa che gli è rivolta è quella di gestire il Pd in modo poco democratico. Lei che cosa ne pensa?
Questa è l’accusa che gli rivolge la minoranza. La sinistra del Pd si oppone a Renzi e dice che quello che fa è sbagliato. Non mi pare però che da parte della sinistra ci siano delle grandi proposte politiche sui temi del Paese. Lei conosce le idee di Civati e Fassina su economia e debito pubblico?
Dicono di voler sforare il limite del 3%…
Non credo che arrivino a dirlo in modo così esplicito. E anche gli stessi Salvini e Grillo propongono di sforare il 3%. Sono solo slogan, se non ci dicono come si affrontano le conseguenze e come ci si rapporta con la Germania poi non si fanno dei grandi passi avanti.
(Pietro Vernizzi)