Rock Economy. Musica ed economia, due materie, due “strumenti”che è meglio non suonare insieme per evitare steccate. Sia chiaro, ci sta che Adriano Celentano dedichi una canzone all’artigiano, al maestro di bottega che trasforma la materia e che spesso crea con le sue mani meravigliosi prodotti, e che oggi non solo rischia l’estinzione, ma anche il crudele soffocamento per mano del fisco. È il simbolo di un’intera nazione che sente crescere, anno dopo anno, il peso delle tasse. Però, questo macigno non è nato per colpa di una “dittatura” europea da rovesciare per instaurare finalmente un ipotetico “governo democratico dell’Europa”, come sembrerebbe dai discorsi dei “quattro amici al bar” Fitoussi, Rizzo, Stella e Celentano (a cui si aggiunge poi il “disturbatore” Morandi).
Va bene prendersela con il rigore e l’austerità individuati, in maniera discutibile, come cura alla crisi. Va bene anche ricordare che questo assetto è l’optimum per alcuni paesi europei che possono trarne beneficio a danni di altri. Ma come si pensa di far cambiare idea al “blocco” dell’Europa del Nord? Chiamandone in causa i popoli, che sono meglio dei loro governanti? Pensano davvero Celentano e i suoi “soci” che i cittadini tedeschi, finlandesi, olandesi, ecc. siano pronti a rinunciare a parte del proprio “benessere” per far fare meno sacrifici ai cittadini greci, spagnoli, portoghesi, italiani? Ho seri dubbi in merito. Basterebbe farsi questa domanda: potendo scegliere, gli italiani sarebbero pronti a rinunce per aiutare i greci che stanno peggio di loro?
L’Europa, purtroppo, esiste ancora solo sulla carta. Quel che è peggio è che carta moneta. Ormai tornare indietro ai “confini” di un tempo sembra impossibile, ma anche andare avanti verso un’unità politica europea. Ma non perché dei governi lontani dal popolo non vogliano cedere la propria sovranità nazionale. Il punto è che sono i popoli stessi che non ne vogliono sapere di dare potere alla “lontana” Bruxelles. Anzi, in alcuni casi sentono persino lontana la propria capitale nazionale e vorrebbero “autonomia”, “secessione”, “indipendenza”.
La verità è che la crisi, questa crisi, non è come tutte le altre. Dura da troppi anni e anche gli Stati Uniti, che hanno scelto una strada diversa da quella del rigore, non ne sono ancora venuti fuori del tutto. È quindi impossibile pensare che tutto tornerà come prima, che ci saranno le stesse condizioni di prima. E per quel che riguarda il macigno oppressivo delle tasse, non è un problema nuovo per l’Italia. Ma da anni c’è chi dice che è possibile ridurlo e non per forza “scaricandolo” sulle spalle di chi ha di più, di chi è più ricco.
Caro Adriano, se vogliamo risolvere i problemi del povero artigiano partiamo da qui, senza puntare il dito verso un lontano e invisibile nemico. Partiamo dall’Italia e dalle scelte del suo governo. Dalle immutabili condizioni, dalla difesa dei molteplici interessi particolari, che rendono impossibile, più che difficile, una riduzione delle tasse. Il resto it’s only rock ‘n roll.