Per gli interessi economici italiani, il G7 di Taormina è stato positivo e non irrilevante come alcuni hanno commentato. Il buon clima bilaterale tra Stati Uniti e Italia fa prevedere una minimizzazione delle ritorsioni commerciali contro le merci del nostro Paese che l’America sta studiando in relazione alla condanna dell’Ue, in sede di Organizzazione mondiale del commercio (Wto), per aver impedito l’importazione di beni statunitensi nonostante la loro adeguatezza agli standard dell’Ue stessa.
Il tema è poco noto, ma il rischio per il “Made in Italy” era molto più elevato di quanto percepito. Resta il rischio di dazi su merci tedesche che contengono molte componenti prodotte in Italia, acuito dalla voluta ostilità di Trump nei confronti della Germania. Ma c’è la sensazione che l’Italia possa mediare e attutire sul piano della diplomazia riservata, mettendo Roma in una posizione di vantaggio grazie al segnale che Washington non considera più Berlino, per lo meno fino a che manterrà una posizione di mercantilismo ambiguo a favore della Cina, come interlocutore privilegiato in Europa, segnale rilevante di dissuasione anche in relazione al prossimo G20 di Amburgo a luglio, presieduto da Merkel.
In generale, la mediazione italiana ha convinto la delegazione statunitense ad accettare nella dichiarazione finale di Taormina l’enfasi sul rifiuto del protezionismo – impegno che l’America a conduzione Trump aveva finora rifiutato – pur inserendo la condizione di reciprocità commerciale e di vantaggi simmetrici per le parti. Da un lato, ciò fa permanere il rischio di una pressione americana per riequilibrare il dare e l’avere tra nazioni, considerando che l’Italia ha un enorme surplus commerciale nei confronti dell’America. Dall’altro, apre la strada a bilanciamenti negoziali che riducono il pericolo di dazi unilaterali. Molto importante anche l’enfasi del G7 sul contrasto delle esportazioni sotto-costo, o comunque caratterizzate da forme di slealtà commerciale, della Cina, materia dove l’Italia si è trovata in difficoltà nell’Ue per la tutela di alcuni settori, in particolare dell’acciaio.
Sul piano (geo)politico è emerso che Trump, pur riluttante e con mandato elettorale americanista, non può far a meno degli alleati europei. Ciò è rilevante se si considera che nel 2009 Obama dichiarò la fine del G7 come organo di governo globale a favore del G20 e della priorità del Pacifico sull’Atlantico. Pur disallineata, l’alleanza trilaterale tra America, Europa e Giappone resta al centro del mondo e ciò è un vantaggio (geo)economico per l’Italia.