Voltaire diceva che «è pericoloso avere ragione su materie riguardo le quali l’establishment ha torto», mentre Bertolt Brecht sottolineava come «ci sedemmo dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano già occupati». Perché queste citazioni? Semplice, perché – a mio avviso – calzano a pennello con la situazione attuale italiana ed europea. Queste, ad esempio, le parole di Mario Monti al termine del suo road-show asiatico per convincere gli investitori riguardo l’Italia e l’eurozona: «Sono venuto qui per chiedervi di rilassarvi un po’. Permettetemi di sottolineare che si usa parlarne, ma non c’è alcuna “crisi dell’euro”, una valuta che non ha mai mostrato segni di debolezza. Mentre la crisi dell’Eurozona c’è stata e, io credo, è stata superata». Beato lui che ha queste certezze!
Vediamo, dunque, qualche cifra di questa crisi superata. La disoccupazione nell’eurozona è salita al 10,8% a febbraio, a fronte del 10,7% registrato a gennaio: si tratta dei massimi dall’introduzione dal 1999. Nell’Ue a 27 Paesi, il tasso si è attestato al 10,2% a febbraio, rispetto al 10,1% di gennaio, mentre a febbraio 2011 la disoccupazione era stata del 9,5%. Eurostat stima che 24,55 milioni di uomini e donne nell’Ue a 27, di cui 17.134.000 nell’eurozona, erano disoccupati a febbraio 2012. Rispetto a gennaio 2012, il numero di disoccupati è aumentato di 167mila nei 27 paesi e di 162mila nell’area della moneta unica. Rispetto a febbraio 2011, i disoccupati sono aumentati di 1,874 milioni nella Ue-27 e di 1,476 milioni nella zona euro.
I tassi di disoccupazione più elevati si confermano in Spagna (23,6%), Grecia (21%), Irlanda 14,7% e Portogallo 15%, mentre la Francia è al 10%, l’Italia al 9,3% e la Germania al 5,7%. Per Monti, alla luce di questi dati, la crisi è passata. Va beh, direte voi, gli spread però vanno meglio. Eh sì, c’è proprio pace e concordia sul mercato obbligazionario! Ieri mattina la Spagna ha provato a mettere il naso fuori dal giardino incantato delle aste Ltro emettendo debito oltre i tre anni di durata e la risposta del mercato è stata raccolta minima – 2,6 miliardi in un range che andava da 2,5 a 3,5 – e rendimento in rialzo, con cotè contemporaneo di esplosione di tutte le curve obbligazionarie iberiche e cds al massimo da sei mesi a questa parte.
Detto fatto, anche il nostro spread verso il Bund è schizzato addirittura in area 360 punti base: ma la crisi è finita e l’Italia è sul binario giusto. Amici miei, qui di binario c’è solo quello morto dell’Ue. Ma vediamo qualche caso specifico, tanto per non farmi dire che attacco Monti e il suo governo pregiudizialmente e non corroborando le mie tesi con cifre. Il Portogallo, ad esempio, il cui deficit pubblico “core” è triplicato a gennaio-febbraio di quest’anno, con un calo delle entrate e un aumento della spese. È la dimostrazione che Lisbona fatica a restare dentro i target previsti in cambio dei 78 miliardi di euro di aiuti internazionali: il deficit è salito a 799 milioni di euro dai 274 milioni dello stesso periodo del 2011. Insomma, la traiettoria è quella greca: la spesa pubblica è salita del 3,5% a 7,06 miliardi di euro, inclusi i trasferimenti alle compagnie statali, mentre le entrate sono scese del 4,3% a 6,26 miliardi di euro. E la ratio debito/Pil? Vediamo le voci nello specifico. Pil totale 208 miliardi di dollari, debito a lungo termine 96 miliardi, debito a breve termine 99 miliardi, prestito della troika 111 miliardi, debito garantito dal governo 16 miliardi e prestiti bancari garantiti dal governo 24 miliardi: totale dello scherzetto, ratio debito/Pil reale 140%.
Passiamo poi ai cugini grandi del Portogallo, ovvero la Spagna, che ieri si è ufficialmente candidata a essere la nuova Grecia. Martedì scorso il ministro delle Finanze di Madrid, Luis De Guindos, ha confermato che il debito pubblico spagnolo salirà al 78% del Pil nel 2012 dal 68% del 2011. Un bel balzo in avanti, peccato che anche in questo caso i numeri siano altri. A fronte di un Pil di 1.295 miliardi di dollari, il debito interno spagnolo si compone di queste voci: debito sovrano ammesso 732 miliardi di dollari, debito regionale ammesso 183 miliardi, debito bancario garantito 103 miliardi, altro debito sovrano con garanzia 72 miliardi, per un totale di 1.090 miliardi di dollari. Ci sono poi 643 miliardi di debito europeo della Spagna, legato a costi per il Budget Ue, per liablities verso fondi e verso la Bce e per garanzie: quindi, il debito totale spagnolo è di 1.733 miliardi di dollari, ovvero un ratio debito/Pil reale del 133,8%.
Ma per qualcuno le cose in Spagna stanno anche peggio. Nel suo ultimo report, infatti, McKinsey Global Institute parla di un debito totale della Spagna salito dal 337% del Pil nel 2008 al 363% di metà 2011, a fronte di un deficit pubblico calato nel 2011 solo per 8 miliardi di euro, ovvero il corrispettivo di un’asta di buon collocamento o meno dell’1% del Pil. Infine, recenti calcoli hanno rivelato che per raggiungere il già ammorbidito target del 5,3% di deficit su Pil quest’anno, l’aumento delle tasse e i tagli alla spesa non dovranno essere pari a 32 miliardi di euro come preventivato dal governo, ma per un cifra compresa tra i 53 e i 64 miliardi di euro: una missione semplicemente impossibile se non si vuole rischiare una guerra civile o un colpo di Stato.
A fare le pulci ai veri numeri di Madrid ci ha pensato la Phoenix Capital Research, secondo cui ai dati ufficiali (732 miliardi di debito pubblico, 68,5% del Pil) bisogna sommare il debito del settore privato pari al 227% del Pil e un’esposizione alla leva delle banche iberiche di 19 a 1. Ancora Eurostat, nel suo report del 29 febbraio scorso, faceva notare un qualcosa che nemmeno le solerti agenzie di rating hanno messo in conto: le garanzie sovrane totali della Spagna alla voce “altro debito” sono pari al 7,5% del Pil, circa 72,2 miliardi euro di debito non contabilizzato. Quindi, facendo due conti della serva, utilizzando altri dati, questa volta espressi in euro: debito sovrano ammesso 732 miliardi di euro, debito regionale ammesso 183 miliardi, debito bancario garantito 103 miliardi e altro debito sovrano garantito 72 miliardi. Totale, 1.090 miliardi di euro, ovvero una ratio debito/Pil reale del 113,2%. Meglio della ratio che include il debito Ue, ma comunque una differenza stellare dal dato ufficiale.
Il debito regionale iberico, poi, conta per il 13% del Pil ed è cresciuto dai 60 miliardi di euro del 2006 ai 140 miliardi attuali Le prime quattro regioni del Paese contano per i due terzi di tutto il debito regionale e con la sola eccezione di Madrid, tutte hanno fallito nel raggiungere i loro obiettivi di deficit. Ciò che preoccupa di più, poi, è la breve scadenza del debito che va a maturazione, con necessità di rifinanziamento quasi totalmente concentrate nei prossimi due anni e la composizione del debito, diviso a metà tra bonds e prestiti, questi ultimi quasi tutti da banche spagnole. Le quali, a fronte di 400 miliardi di euro di prestiti verso il sempre più moribondo settore immobiliare, di fatto hanno ammesso che 80 di quei miliardi sono tossici, ovvero da ritenersi persi: essendo le riserve solo di 50 miliardi di euro, chi metterà i 30 che mancano affinché il sistema bancario iberico non collassi? Ancora la Bce, con una terza asta Ltro? Nel caso, con quale collaterale? Oppure la troika? Nel caso, a quali condizioni capestro? Oppure ancora l’Ue? Nel caso, chi convince la Germania? Chi lo sa, il fatto è che più si aspetta, più il mercato real estate collassa, aumentando il volume delle perdite per le banche e quindi la loro necessità di capitalizzazione d’urgenza.
E la Grecia, poi? Tutto bene, Atene è salva! Almeno così dicono a Bruxelles. Peccato che, come vi ho già detto, ci siano altri 107 miliardi di debito greco, garantito dallo Stato e non contabilizzato, a cui dare una risposta. Sono obbligazioni delle ferrovie greche, dei trasporti urbani greci e altro, tutte garantite a livello sovrano dalla Repubblica greca. E poi obbligazioni legate all’inflazione, floating rate, asset-backed securities e tutto il campionario classico dei prodotti strutturati, tutti garantiti dal solventissimo Stato greco. Vediamo nel dettaglio queste obbligazioni, tutte – ribadisco per l’ennesima volta – garantite dalla Repubblica di Grecia: “New Economy Development Fund” 139 milioni di dollari, Ferrovie elleniche 2 miliardi e 240 milioni di dollari, bonds strutturati 20 miliardi e 683 milioni di dollari, Trasporti urbani della città di Atene 837 milioni di dollari e debito garantito della Greek Bank 83 milioni e 314mila dollari. Totale di debito greco con garanzia statale, 107 miliardi e 213 milioni di dollari. Insomma, la Grecia ha fatto default su 105 miliardi di euro, ma ha aggiunto nuovo debito per 172 miliardi – nuovi prestiti di Ue e Fmi – oltre ai 107 di debito garantito e debitamente “nascosto” finora: dopo lo swap, quindi, Atene si è caricata di 279 miliardi tra nuovo debito e debito non contabilizzato! E sapete perché non era contabilizzato? Perché non era “in nome della Repubblica di Grecia”, ma “garantito dalla Repubblica di Grecia”!
Ma non basta: dei detentori dei 26,8 miliardi di euro di obbligazioni greche sotto legislazione estera o denominate in altra valuta, soltanto i possessori di titoli per 15,3 miliardi hanno detto definitivamente sì allo swap, mentre altri 11,5 miliardi restano di fatto da rimborsare o da ignorare, facendo default sulle loro detenzioni. Il 15 maggio prossimo, poi, Atene dovrà cominciare i rimborsi, per l’esattezza quello di una floating-rate note da 450 milioni di euro che va a scadenza e i cui possessori hanno detto no allo swap. Che farà Atene, troverà i soldi entro il 15 giugno (ha un mese per onorare il pagamento), li chiederà o rimetterà quel debito, suicidandosi del tutto sui mercati? Capito adesso perché il nuovo bond greco già paga rendimenti stratosferici ed è trattato al 20% sulla parità?
E la Germania, la locomotiva d’Europa? Al netto del fatto che la riforma del mercato del lavoro fatta dalla Commissione Hartz e che tanto piace a Oscar Giannino ha portato con sé come grande rivoluzione i “mini-jobs”, ovvero lavoretti da 400-500 euro al mese che riguardano 7 milioni di lavoratori tedeschi (quindi anche il dato reale dell’occupazione andrebbe rivisto, perché un part-time a quella cifra non è lavoro, ma poco più di un sussidio), il Prodotto interno lordo tedesco è di 3,2 miliardi di euro, debito sovrano ufficiale 2,618 miliardi di euro, percentuale di liabilities in capo all’Unione europea 27%, percentuale di liabilities in capo alla Bce 18,94%, percentuale tedesca dei 4 triliardi di debito della Bce pari a 757,6 miliardi, costo annuale per la Germania in capo al budget dell’Ue 46,36 miliardi, garanzie della Germania per i Fondi di stabilizzazione 280,6 miliardi, garanzie della Germania per il Fondo di assistenza macrofinanziaria 211,14 miliardi, liabilities tedesche sul programma Target 2 pari a 656 miliardi, garanzie tedesche per il debito dell’Eib 157,29 miliardi e garanzie sovrane per la Kfw 588 miliardi, per un totale di debito sovrano e garanzie di 5,315 miliardi di euro. Quindi, al netto di una ratio debito/Pil ufficiale dell’81,8%, quella reale della Germania è del 139,8%.
E, per finire, la Francia del nostro amico Sarkozy, quello che rideva tanto e oggi ha ben poco da ridere? Il Pil ufficiale della Francia è di 2.774 miliardi di dollari con un debito nazionale così composto: debito pubblico ammesso 2.261 miliardi, prestiti alla nazione 214,9 miliardi, debito bancario garantito (dato ammesso) 479 miliardi, garanzie per Dexia 55,48 miliardi per un debito nazionale totale di 3.010 miliardi. C’è poi debito europeo della Francia, così composto: liabilities verso la Bce 569 miliardi di dollari, costi per il Budget Ue 23,2 miliardi, liabilities verso i Fondi di stabilizzazione 110 miliardi, liabilities verso il Fondo per l’assestamento macro finanziario 203 miliardi, garanzie per il debito Eib 137,6 miliardi, per un totale di debito europeo della Francia di 1.043 miliardi. Unendo le due voci di debito, nazionale ed europeo arriviamo a 4.053 miliardi. Quindi, la ratio debito/Pil della Francia non è quello ammesso dell’86,1%, ma del 146%.
L’Italia? Taccio per carità di patria, tanto come siamo conciati lo sapete da soli. Detto questo, caro presidente Monti, proprio sicuro che la crisi sia finita in Europa? Proprio sicuro che ciò che frena gli investimenti cinesi e asiatici sia la mancanza della sua riforma del mercato del lavoro e non dei debiti pubblici mostruosi uniti, nel caso del Bel Paese, all’assenza di una corporate tax competitiva, di una giustizia civile veloce e di una burocrazia business-friendly che contrasti il vero cancro, la corruzione?
Al di là del fatto che spacciare per già compiuta una riforma del mercato del lavoro quando questa non lo era affatto, significa offendere la legittimità e la sovranità del Parlamento, caro Monti pensa che i cinesi che hanno fatto razzia di utilities in Grecia e Portogallo lo abbiano fatto dopo che i governi del caso avevano dato vita a una riforma del loro mercato del lavoro, ben più ingessato del nostro? No, sono entrati quando disperazione e richieste folli della troika hanno obbligato Atene e Lisbona a svendere per un pezzo di pane, accettando oltretutto fin d’ora ulteriori tagli occupazionali che la nuova proprietà imporrà. Mi ero convinto per un periodo che questo governo tecnico potesse essere una salutare quanto temporanea purga, sta prendendo invece le sembianze di un altro 1992-93. Attenzione cari lettori, qui oramai siamo a due cristiani al giorno che rimettono l’anima al Creatore perché disoccupati oppure oberati dai debiti: non si scherza con certe situazioni, possono sfuggire di mano.