«I rischi bolla sono dietro l’angolo e la stessa Fed riconosce che siamo di fronte a una situazione internazionale molto incerta. Il governo approfitti della crescita superiore alle attese per un aggiustamento di bilancio». Lo sottolinea Nicola Rossi, docente di Analisi economica all’Università Tor Vergata di Roma ed ex deputato prima del Pd e poi del Gruppo Misto, mentre l’esecutivo vede al rialzo le stime sul Pil (dal +0,7% al +0,9%) con la Nota di aggiornamento del Def. Per l’esperto, «non dobbiamo commettere il rischio di farci incantare dalle cifre sul Pil italiano leggermente ritoccate al rialzo. Il vero dato da guardare a fine anno è la differenza tra la crescita italiana e quella dell’Eurozona. Se sarà stata come prevedo dello 0,5-0,6%, vorrà dire che siamo andati a rimorchio senza metterci niente di nostro».
Con la legge di stabilità vedremo aumentare il deficit, mentre la Bce ha invitato a usare i risparmi per tagliarlo. Il nostro governo può ignorare questo richiamo?
Le posizioni della Banca centrale europea sono puro buonsenso, anche se la Bce può fare dei moniti, ma certamente non ha nessun potere cogente nei confronti del governo italiano. Chi può mantenere un atteggiamento più rigoroso, e spero vivamente che lo faccia, è la Commissione europea. Se ci sarà una discussione sulla flessibilità, non vedo alcun motivo per cui l’Italia debba ottenere margini addizionali per fare deficit.
In fondo anche Francia, Spagna e Regno Unito hanno ottenuto questi margini…
Con il debito che abbiamo, il minimo che possiamo fare è comportarci diversamente dagli altri Paesi europei. Gli altri Stati sono liberi di aumentare il deficit a loro piacimento, ma noi dobbiamo pensare a noi stessi. Per l’Italia è davvero irragionevole pensare di tagliare le imposte facendo deficit in un momento di crescita come quello attuale.
Confindustria prevede un Pil italiano al +1% nel 2015, e anche il governo rialza le sue stime. Che cosa ha fatto sì che le previsioni siano diventate più ottimistiche?
Non sono molto colpito dalle previsioni che sento fare. Quelle tra +0,8% e +1% sono variazioni molto marginali, il dato fondamentale è la distanza tra il tasso di crescita che l’Italia manifesterà a fine anno e la media dell’Eurozona. Se questa distanza come è probabile continuerà a rimanere dell’ordine dello 0,5-0,6%, avremo fatto molto poco. Vorrà dire che il nostro Paese ha preso quanto c’è di buono nell’ambiente macroeconomico internazionale, in questo momento favorevole, ma che noi ci avremo aggiunto molto poco di nostro.
La Fed ha deciso di non alzare i tassi motivando la sua scelta con una situazione di incertezza internazionale. Il governo ne deve tenere conto?
Certamente il nostro governo deve tenere conto della situazione di incertezza a livello internazionale, anzi sarebbe strano il contrario. Il punto è che quella della Fed è una non decisione. A mio modo di vedere bisognerebbe incominciare a pesare i rischi di queste non decisioni. Tenere i tassi a zero per un periodo così lungo comporta delle incognite che cominciano a essere molto serie. La domanda che dobbiamo porci è dove si formerà la prossima bolla.
Lei si aspetta che si formi una nuova bolla?
Penso proprio di sì, anche se quando ce ne accorgeremo sarà tardi. Con tassi così bassi si perde la cognizione del rischio, perché quest’ultimo non è più prezzato. È quanto è avvenuto prima della crisi del 2007-2008. Un lunghissimo periodo di tassi molto bassi ha fatto sì che si realizzassero investimenti che si sono rivelati poi straordinariamente rischiosi, tanto da provocare la crisi. E oggi stiamo replicando quel contesto.
Che cosa dovrebbe fare il governo di fronte a questo scenario?
Dal momento che abbiamo un po’ di ripresa, addirittura superiore a quanto avevamo previsto, questo è il momento per avviare l’aggiustamento del bilancio pubblico. Invece il governo sembrerebbe intenzionato a fare maggior deficit, e a me questa sembra una scelta irresponsabile.
(Pietro Vernizzi)