Berlusconi non si ricandida. Un’uscita di scena con molte incognite e non ancora del tutto interpretabile sul piano delle motivazioni reali, né negli effetti che potrebbe sortire. Ne abbiamo parlato con il direttore de Gli Altri, Piero Sansonetti.
Cosa cambia con la decisione di Berlusconi di non ricandidarsi?
Anzitutto, credo che non ci siano motivi per credere che non sia vera. Da tempo, infatti, tutti sanno che se si ricandidasse a premier, gli attacchi della magistratura si moltiplicherebbero, mentre il mondo intero biasimerebbe la sua scelta. Verosimilmente, quindi, andrà in Senato. Detto questo, credo che se si voterà con l’attuale legge elettorale, che prevede, di fatto, l’elezione diretta del presidente del Consiglio, per alcuni mesi l’attenzione si sposterà, da un lato, sullo scontro tra Renzi e Bersani e, dall’altro, su quello interno al Pdl.
Quindi, quelle del Pdl saranno primarie vere?
E’ ancora presto per credere che possa emergerne il successore di Berlusconi. Ma i tempi sono maturi per la rifondazione del centrodestra. Il passo indietro dell’ex premier, quantomeno, segna il fischio di inizio. Verosimilmente continuerà a mantenere un ruolo politico importante. Sta di fatto che le primarie, inevitabilmente, metteranno in moto un meccanismo democratico che creerà dei leader. Il futuro candidato del Pdl alle prossime elezioni guadagnerà una grande peso nella politica italiana mentre nel corso della competizione i vari schieramenti saranno costretti a uscire allo scoperto.
Crede che il Pdl sia in grado di superare il proprio fondatore?
In politica esiste la legge dei pieni e dei vuoti: questi ultimi non sono ammessi e, prima o poi, in un modo o nell’altro, vengono riempiti. Benché pochissima gente vada a votare, ci sono pur sempre un migliaio di seggi da colmare.
Il Pdl può sempre implodere.
Certo, ma al suo posto qualcosa deve risorgere. Il problema della rappresentatività di un’area moderata e di destra continuerà a esistere. Gran parte degli elettori, infatti, sono di centrodestra, e dovranno ben trovare qualcuno da votare. Anche se, in parte, quest’area è stata intercettata da Grillo.
Tornando alle primarie, chi ha più chance di vittoria?
Alfano, indubbiamente, parte in pole position. Non escluderei, tuttavia, l’emersione di un Renzi di destra.
Chi potrebbe essere?
Ad occhio, la Santanchè. E’ la più battagliera.
E Formigoni?
Non credo che si candiderà. E’ sicuramente nel suo momento peggiore. Prima, avrebbe avuto molte probabilità di vittoria.
Per quanto riguarda le alleanze, crede che sia sufficiente il passo indietro di Berlusconi per ricostruire un legame con l’Udc?
Anche in tal caso, molto dipenderà dall’esito delle primarie. Se vincerà Alfano, non credo che ci saranno grossi problemi. Al contrario, Casini non si alleerebbe mai con un Pdl capitanato dalla Santanchè.
E la Lega?
Farà l’alleanza, indifferentemente dal vincitore delle primarie.
Bersani ha detto che le possibilità di un Monti bis sono pari a zero. Ora il centrodestra, uscito di scena Berlusconi, potrebbe intestarsene l’esclusiva?
Credo che quella di Bersani sia una sortita estemporanea. L’unica previsione certa sul futuro dell’Italia è che il premier sarà ancora Monti. Ovviamente, i partiti non possono accingersi alla campagna elettorale dicendo che tanto è tutto un imbroglio e che, a prescindere da chi vincerà le elezioni, governerà Monti.
Berlusconi ha ufficialmente aperto all’ipotesi.
Quando saremo in piena campagna elettorale non potrà più dirlo.
E’ ancora possibile che dia vita ad una partito personale con una pattuglia di fedelissimi?
Non credo. I sondaggi, anzitutto, gli hanno fatto capire che non ne varrebbe la pena. Inoltre, la mossa del ritiro, per funzionare, deve essere coerente e continuativa. Per agire da dietro le quinte, in sostanza, un po’ dovrà rimanerci.
(Paolo Nessi)