Il deprezzamento dell’euro, il calo del prezzo del petrolio fino al Quantitative easing: sono le opzioni congiunturali che fanno intravvedere scorci di crescita. Congiuntura che, appunto, non dura e non può farci desistere dalla ricerca dei responsabili di questa crisi che imperversa da sette anni. Questi irresponsabili, anzi, vanno intercettati e perseguiti.
Il Bollettino emesso dal Direttore generale, uno degli sceriffi di Bankitalia, li intrappola inchiodandoli alle loro responsabilità. “La Guerra dei Sette Anni è quella da cui sta uscendo l’economia italiana. Non una guerra tradizionale, ma una di queste guerre moderne, virtuali, in cui capannoni, uffici, posti di lavoro possono vaporizzarsi con il click di un mouse”. “Rispetto a sette anni fa produciamo quasi un decimo in meno, l’industria ha subito una contrazione del 17%, le costruzioni di oltre il 30%”. Non pago aggiunge: “Sono stati distrutti all’incirca un milione di posti di lavoro”.
E insiste ancora l’alto funzionario Salvatore Rossi: “Le imprese investono un terzo in meno, le famiglie spendono l’8% in meno. Le esportazioni sono a stento rimaste costanti. È aumentata la diseguaglianza fra le imprese e fra le famiglie”.
Orbene, mettiamo in chiaro la questione per non rimanere invischiati tra statistica ed etica: la crescita si fa con la spesa. Tutto il resto è noia, anzi solo l’effetto di quella mancata spesa. Verrebbe voglia di spiccare un mandato: Wanted per i renitenti della spesa. Sì, acchiappare quelle famiglie/clienti dell’8%, dove stanno quelle che hanno gli stessi redditi del 1990 e altre che spendono meno di quanto dispongono.
Questa diversità si chiama “propensione al consumo”. Si mostra inversamente proporzionale a quanto si ha in portafoglio, dimostra che non tutte le famiglie fanno quel che gli spetta nel fare la spesa; espone pure però quel “paradosso della parsimonia” che in tempo di crisi frega i furbi. Sì, perché, se tu e quelli come te non fanno tutta la spesa che debbono e possono, fanno la crisi. La crisi brucia i vostri risparmi. Costituitevi, la legge non ammette insipienza!
Saltiamo di palo in frasca, manco tanto però: le imprese riducono la propensione al rischio non facendo spesa d’investimento in conto capitale? Ok, allora per non finire in gattabuia, quel profitto indebitamente intascato, che remunera il rischio d’impresa, va rimesso in circolo. Magari abbassando i prezzi per rifocillare il mesto potere d’acquisto di chi non ce la fa e sperare nella clemenza della corte.