“Il governo Letta ha una maggioranza parlamentare risicata, un consenso nei sondaggi che non è mai stato così basso ed è sotto tiro da parte di Confindustria, sindacati e della stessa Banca d’Italia. Napolitano farà di tutto pur di non consegnare il Paese alle elezioni al buio, tanto che potrebbe giungere a chiedere al Parlamento di scegliere il suo successore”. E’ la lettura di Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera, dopo che il presidente del Consiglio, Enrico Letta, mentre si trovava a Sochi ha scritto: “La settimana prossima dopo essermi consultato con il capo dello Stato assumerò un’iniziativa per arrivare al nuovo patto sul programma”.
Franchi, che cosa può uscire dall’incontro tra Letta e Napolitano?
E’ un gioco a incastro molto complicato, perché Renzi non ha mai seriamente creduto né tantomeno voluto o auspicato la staffetta, sulla quale lo stesso Napolitano è sempre stato meno che tiepido. Al tempo stesso Renzi, nel commentare le parole di Letta, si è limitato a dire “era ora”, ma ha tenuto a precisare che al solo parlare di rimpasti gli vengono le bolle. Dall’incontro tra Letta e Napolitano non mi aspetto che emergano né una staffetta né un rimpasto.
Qual è quindi la strategia di Napolitano per uscire dall’impasse?
Napolitano ha una sola idea-guida, comprensibile da parte del presidente della Repubblica, che è quella di favorire e garantire la stabilità. Il dato di fatto è che non esistono alternative né in termini di maggioranza né di uomini, dal momento che Renzi non pensa nemmeno di andare a fare il presidente del Consiglio. Fin che potrà, come è previsto dai suoi compiti, Napolitano cercherà di garantire la stabilità e il procedere delle riforme a cominciare dalla legge elettorale e dal superamento del bicameralismo.
Napolitano garantirà la stabilità a ogni costo?
No. Se ne venissero meno le condizioni politiche e materiali, il capo dello Stato sarà costretto a prenderne atto. A questo punto si aprirebbero tutte le possibilità del caso, compresa quella che il presidente della Repubblica, anziché compiere la scelta di portare il Paese a elezioni anticipate al buio, faccia un passo indietro e consegni a questo Parlamento di eleggere il suo successore. Prima di arrivare a una cosa di questo tipo, che rappresenta un’extrema ratio, Napolitano le proverà tutte. Se le cose dovessero precipitare anche questa possibilità va presa in considerazione.
Perché ritiene che Napolitano possa giungere a pensare di dimettersi?
Il crescendo delle prese di distanza dal governo negli ultimi giorni è stato impressionante. Quello che abbiamo in Italia è un governo che gode di una base parlamentare davvero scarsa, i cui provvedimenti sono tutti appesi a un filo, le cui sorti parlamentari sono oscure a partire dalla riforma elettorale. A me francamente riesce molto difficile immaginare come possa durare e quale sia il rilancio possibile di un governo che ha un così scarso consenso nel Paese, pari soltanto al 35-40%.
Quanto conta l’ultimatum di Confindustria, che ha detto a Letta di non presentarsi a mani vuote alla scadenza del 19 febbraio?
Non c’è stato solo l’ultimatum di Confindustria, ma anche tutti i sindacati, a partire dalla Camusso, hanno criticato il governo. Il consenso è basso, le potenze influenti e organizzate nella società stanno tutte assumendo posizioni critiche o polemiche, e le stesse parole dette ieri dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, non sono interpretabili come un applauso entusiasta alla posizione del governo. E’ una posizione quantomeno difficile.
Letta si confronterà con Napolitano anche per prepararsi all’incontro con Confindustria del 19 febbraio e alla direzione del Pd del 20 febbraio?
Sì. Letta mira a una messa a punto anche formale dei provvedimenti che intende adottare, in modo da ottenere un rilancio nei confronti dell’opinione pubblica e del Paese. Su questa base vuole quindi prepararsi in vista degli appuntamenti del 19 e 20 febbraio.
(Pietro Vernizzi)