Il caso della senatrice Adele Gambaro ha preso corpo nel lungo processo a porte chiuse, che ha visto deputati e senatori del Movimento di Grillo posti davanti alla proposta di espulsione. La senatrice aveva rotto lo schema tattico, dicendo che Grillo doveva smettere di gridare, che questa era la causa della perdita di voti. Rovesciando in tal modo il fermo convincimento del Movimento, che giustamente ritiene il suo successo elettorale come il prodotto del “Grande Grido “. Dico giustamente perché l’onda di spostamento dei voti è stata prodotta offrendo un cartello che prometteva “contro tutti”.
Grillo insegue ancora questo spazio elettorale, promette che saranno mandati tutti a casa, che il Movimento prenderà la totalità del consenso. Naturalmente questa totalità si fonda sulla assoluta unità attorno all’ipotesi del contro tutti. Dunque non si deve far politica, nel senso del fare alleanze e del comporre maggioranze ibride. Ma il tempo scorre, gli eletti scalpitano, vogliono usare la loro presenza nelle istituzioni, ogni momento in cui devono usare la propria intelligenza diventa una libertà dallo schema, tutto spinge a far politica come previsto dal ruolo di eletti.
E’ la democrazia, essa è fondata sulla libertà personale e l’incontro con i diversi da sé è inevitabile. Era la scommessa di Bersani, voleva l’appoggio al suo governo da parte del M5S. E’ la scommessa attuale di Epifani, che dice che se il PdL dovesse far cadere il Governo Letta, ci sarebbero comunque nuove possibili maggioranze. Ma Grillo, fondatore della comunità contrappone la comunità alla democrazia. In sostanza ritiene che la comunità sia il solo unico luogo della comune decisione, dunque di una specie di nuova democrazia.
Caro Grillo, la democrazia non può essere senza composizione delle differenze. La domanda di tutti gli eletti del M5S è : “Posso avere amici fuori dalla comunità ?”. Durante la notte del processo il 60% degli eletti ha votato per porre a tutta la comunità la decisione della espulsione della Gambaro. Cosa volesse il restante 40% non ci è dato sapere. Ora i 42.000 membri della comunità grillina voteranno per la espulsione. Ecco affermato il principio che l’unica democrazia è la comunità.
Dunque una visione molto ristretta della democrazia, 42000 sono come un manipolo di troiani che invade la civiltà considerandola corrotta e decadente. E che naturalmente decide le espulsioni, mediante la Rupe Tarpea. E’ una storia vecchia questa delle avanguardie che hanno capito tutto e che cambiano il mondo con sistemi impositivi da parte della avanguardia stessa. Ma questa avanguardia non può definirsi comunità, ovvero luogo della vita in comune offribile a tutti. Una avanguardia può solo fare una elite, ciò un gruppo che si considera migliore di tutti. Poveri ragazzi, siete andati nel M5S per una forma nuova di impegno a partire dal basso e ora vi trovate a vivere un aristocratismo da gran signori.
Allora permettetemi di dirvi che io ho messo assieme un centinaio di persone sotto la definizione Democrazia e Comunità, e da un anno ci stiamo dedicando a gesti utili per ricostruire la politica. L’ipotesi fondamentale che motiva il rapporto fra democrazia e comunità è che i fatti comunitari devono assumere la capacità di diventare soggetti proponenti e deleganti nella politica, di modo che la democrazia venga fecondata dalla relazione stretta fra vita sociale e vita politica. Ovvero la comunità non è una, ma è simbolicamente espressione di tutti i modi di fare assieme che ci sono nel nostro popolo. Se noi facciamo una comunità è per dare contenuto a dei portatori di proposte nella democrazia. Fra democrazia e comunità c’è una feconda relazione, ma non una identificazione. La democrazia è il luogo della convivenza di tutti.
Per quanto mi riguarda, da quando da operaio sono diventato fondatore del movimento “Servire il Popolo”, il mio lungo cammino è stato alla ricerca della reale consistenza di popolo nella democrazia. All’inizio non avevo fiducia nella democrazia, per tutto il tempo del ’68 avevo fatto la scelta extraparlamentare, servire il popolo era andare a fare sostegno e aiuto nei luoghi di maggiore povertà e solitudine. Ma poi era inevitabile diventare avanguardia e diventare nemici della democrazia. Questo perché non riuscivo a trovare l’identità di popolo.
Nel cammino la conversione a Cristo, e la successiva riscoperta del fattore generativo della dimensione di popolo, il fatto cristiano espresso da comunità operose e caritatevoli. Poi ho capito da cosa era mosso tutto il fare insieme del popolo, sospinto dall’amore per le cose buone e giuste. Dalla famiglia all’impresa, fino alle comunità come espressioni di luoghi o di movimenti.
Dunque anche la comunità del M5S è un segno di identità di popolo, un fatto positivo e di esempio, ma solo se si considera una infinitesima parte della democrazia, altrimenti diventa un’altra cosa.