Lo scandalo Belsito sembra in procinto di travolgere la Lega. Spunta dalla cassaforte dell’ormai ex tesoriere, indagato per appropriazione indebita e truffa aggravata, la cartella “family”, che dimostrerebbe come quota di finanziamenti elettorali destinati al partito siano state distratte per le spese della famiglia Bossi. Viaggi, auto, soggiorni, la ristrutturazione della casa di Gemonio. Il Senatur, dal canto suo, è deluso, amareggiato. Avverte il contraccolpo di un attacco alla sua persona e alla sua famiglia di inusitata violenza. Tanto che nel corso di un vertice del Carroccio in via Bellerio, si sarebbe sfogato: «Mollo tutto. Mi dimetto». Lo farà sul serio? Lo abbiamo chiesto a Giancarlo Pagliarini, già ministro del Bilancio in quota Lega. «Non lo so – risponde –. Ma me lo auguro. Non ha senso che rimanga alla guida del partito. E’ stanco e malato. Tutto questo, ai tempi in cui era in forze, non sarebbe mai successo. Ammesso e non concesso che nella vicenda ci sia del vero, prima della sua malattia nessuno avrebbe compiuto alcunché di illecito; o, se lo avesse fatto, nessuno ne sarebbe mai venuto a conoscenza». Secondo Pagliarini, «è evidente come non mai che manca una guida la partito». Maroni, invece, è stato tra i più convinti sostenitori delle dimissioni di Belsito. «Che le cose non funzionino, e che ci siano problemi e anomalie legate al bilancio, è noto da anni. E da anni, Maroni continua ad essere ai vertici della Lega. Poteva svegliarsi prima e denunciare molto tempo fa cosa non andava o chiedere le dimissioni del tesoriere». A quali anomalie si riferisce? «Per intenderci: già nel 2005 era stato certificato che la Lega aveva 9 milioni di euro depositati su un conto corrente postale. Il bilancio venne pubblicato su La Padania. Ma nelle sezioni non è mai arrivato un centesimo. Mancavano perfino i soldi per stampare i manifesti elettorali. O il bilancio era falso o noi eravamo degli ingenui. Per non parlare dei rimborsi elettorali arrivati successivamente». Ai tempi, Pagliarini non se ne stette con le mani in mano.«Chiesi di parlarne nei congressi, ma non se ne fece nulla». La valutazione di fondo è chiara: «Se tutte le accuse si rivelassero fondate, la Lega non sarebbe certo peggio degli altri. Sarebbe, semplicemente, come tutti gli altri». Il che, di per sé, pone un problema: «Noi della Lega di una volta non eravamo migliori degli altri partiti. Eravamo, però, un’altra cosa». Recuperare lo spirito di un tempo, è l’unico modo per far fronte alle insidie del nuovo sistema elettorale. Che potrebbe avere una soglia di sbarramento tale da escludere il Carroccio dal Parlamento. «Se la Lega continuerà comportarsi come ha fatto negli ultimi 6-7 anni, l’eventualità è questa». Cosa fare, quindi, per tornare alle origini? «Organizzare dei corsi sulla lettura dei libri di Miglio. Se nel Veneto, ad esempio, organizzasse un referendum informale, privo di effetti giuridici, per chiedere ai cittadini della Regione se vogliono continuare a far Parte dello Stato italiano, o diventare uno Stato indipendente membro dell’Ue, prenderebbe la stragrande maggioranza dei voti».
Non solo: «sarebbe necessario dimostrare la fondatezza di certi argomenti prescindendo dai soliti stupidi slogan. Per intenderci: invece che continuare a sostenere che “non vogliamo mantenere i terroni”, si potrebbe ragionare sul fatto che il sud non decolla perché ha un’economia debolissima e una moneta forte. Nessuno investe, non aumentano i capitali né le esportazioni. Sarebbe molto più intelligente, quindi, chiedere una separazione consensuale per consentire al sud di beneficiare di una svalutazione competitiva».