“Il caso Marino sconvolge i piani tanto di Renzi quanto di Berlusconi. Da un lato il segretario Pd pensava di passare indenne dalle amministrative, per poi avere il primo test politico con il referendum sulle riforme nell’autunno 2016. Ora invece il voto a Roma assume un valore politico. Dall’altra le amministrative nella Capitale rendono più difficile un accordo nel centrodestra su Milano”. E’ l’analisi di Antonio Polito, vicedirettore ed editorialista del Corriere della Sera. Ieri il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha formalizzato le dimissioni che saranno esecutive tra 20 giorni. Per Polito, “a Roma Renzi si trova tra Scilla e Cariddi: da un lato Alfio Marchini, dall’altra l’M5s. Mentre a Milano è il centrodestra che rischia di più: se perde in questa città simbolo del ‘forzaleghismo’ smette di esistere anche a livello nazionale”.
Renzi ha annunciato che farà le primarie a Roma. Per il Pd è una vittoria o una sconfitta?
A volte le primarie possono essere un danno perché portano poi a scegliere dei candidati che non riescono a governare. E’ difficile però fare un passo indietro rispetto a questo test, perché ormai le primarie sono considerate un modo per fare scegliere agli elettori anziché alle segreterie dei partiti. Renzi non può annullarle dopo essere diventato segretario del Pd grazie alle primarie.
E se a Milano scendesse in campo Giuseppe Sala?
Le cose si farebbero più complicate se si optasse per dei candidati che non sono strettamente “politici”, bensì espressione della società civile. Se a Milano scendesse in campo un nome come Giuseppe Sala, non lo si potrebbe fare passare dal vaglio delle primarie e quindi da una competizione anche abbastanza cruenta. Scegliere le primarie vuol dire rinunciare a un candidato “super partes”.
Nel frattempo Marino ha formalizzato le dimissioni. Secondo lei ha in mente qualcosa?
Marino potrebbe partecipare alla competizione elettorale per Roma, e anzi c’è chi dice che potrebbe persino prendere parte alle primarie del Pd. Il sindaco dimissionario è ancora iscritto al partito, e quindi potrebbe scendere nuovamente in campo quantomeno per togliersi qualche “sfizio”. In città un pezzo di sinistra radicale è ostile al partito renziano, sostiene Marino e potrebbe provare a utilizzarlo in funzione anti-Pd.
Renzi quale candidato sta cercando per Roma?
Non è facile trovare un candidato giusto per la capitale. Io ritengo che lo si debba cercarlo nel partito, tra quanti si sono occupati dell’amministrazione e che hanno un seguito nella città: c’erano diverse figure di questo tipo alle precedenti primarie. Ricordo che nel 2013 lo stesso Paolo Gentiloni aveva corso per il Comune di Roma. A forza di cercare “Papi stranieri” poi i partiti perdono la capacità di fare il loro mestiere: selezionare una classe dirigente e di governo.
Il caso Roma produrrà ripercussioni interne al Pd?
Anche la minoranza è consapevole del fatto che Marino non poteva rimanere al suo posto. Le primarie potrebbero però riaccendere la competizione, soprattutto se scendesse in campo un candidato della sinistra Pd. Dal momento che si voterà a Roma, Napoli e Milano, le elezioni di primavera assumono un’importanza politica di primissima grandezza. Per Renzi potrebbero essere davvero il punto di svolta. Sia a Roma sia a Napoli per il Pd il rischio di perdere è molto forte, e anche a Milano questo rischio non è ancora scongiurato del tutto.
Da dove vengono le maggiori insidie per il Pd a Roma?
I pericoli per il Pd sono due. Uno è Alfio Marchini, una figura che a Roma si è costruita una personalità politica, che alle ultime elezioni è corso da solo conquistando il 10% dei voti, ha svolto con costanza il “mestiere” di consigliere ed è presente in città. Marchini ha le sue idee, i suoi sostenitori, e viene da una storia non ostile alla sinistra.
E il secondo pericolo?
Il secondo pericolo sono i 5 Stelle. Se riescono a individuare un candidato credibile e autorevole, a Roma possono diventare molto forti. Sono infatti uno dei pochi movimenti politici con una presenza attiva in città. Inoltre rappresentano una forma di rifiuto dei partiti tradizionali che dopo il fallimento di Marino potrebbe avere una certa presa.
Che cosa succede se Renzi perde Roma o Milano?
Renzi aveva in mente un calendario che puntava all’autunno 2016 come prova elettorale cui dare un significato politico. Per il premier, era il referendum confermativo sulle riforme costituzionali il momento in cui gli italiani avrebbero espresso il vero giudizio sul governo. Questo era il viatico per andare alle elezioni politiche nel 2017. La caduta di Roma invece sconvolge i piani di Renzi, perché la competizione elettorale di primavera diventa assolutamente politica. Ma sconvolge anche i piani di Berlusconi, perché il fatto che si voti a Roma complica le possibilità di un accordo nel centrodestra per Milano.
Per il cardinal Vallini, dopo Marino “a Roma serve una scossa”. Lei ritiene che questo avvertimento sia stata un’ingerenza?
No. Un appello alla nascita di una classe dirigente nuova, che abbia a cuore il bene comune, mi sembra perfettamente in linea con la preoccupazione pastorale di un vescovo. Se la Chiesa in Calabria dice che bisogna combattere la ‘ndrangheta e premiare gli onesti nessuno grida all’ingerenza. Non si capisce perché un invito a una classe dirigente più trasparente debba essere considerato come un’intromissione.
Un’ultima domanda su Milano. Secondo lei come è messo il centrodestra?
Per il centrodestra le comunali a Milano rappresentano la partita della vita. E’ da qui che sapremo se il centrodestra in Italia rinascerà o meno anche alle prossime politiche. Non c’è nessuna altra città come Milano dove il centrodestra può dire di essere maggioranza dal punto di vista storico. Al Pirellone inoltre è in atto un’esperienza di governo unitaria che va dalla Lega nord a Ncd. La Lombardia del resto è stata il luogo di nascita del “forzaleghismo”, cioè di quel movimento nordista rappresentato da Berlusconi e Bossi. Quindi anche dal punto di vista sociologico Milano è una città fondamentale per il centrodestra.
(Pietro Vernizzi)