Nelle ultime settimane lo spread non sembra fare più paura. Ma ecco che arriva un avvertimento: la tregua dei mercati verso l’Italia “non durerà a lungo. Siamo in una situazione lontana dall’equilibrio”. Lo ha affermato George Soros, ex finanziere americano attualmente impegnato come filantropo, che si è recato a Udine per ritirare il premio Terzani. Per Soros “c’è una tragedia dell’Europa e anche una tragedia dell’Italia: la crisi dell’euro sta lavorando per far tornare Berlusconi”. Il magnate ha inoltre aggiunto che “l’attacco speculativo contro la lira del 1992 fu una legittima operazione finanziaria. Mi ero basato sulle dichiarazioni della Bundesbank, che dicevano che la banca tedesca non avrebbe sostenuto la valuta italiana. Bastava saperle leggere”. Ilsussidiario.net ha intervistato Alberto Bagnai, professore di Politica economica presso l’Università di Pescara.
Ritiene che, come dice Soros, l’Italia non sia ancora fuori dal pericolo di nuovi attacchi speculativi?
Vorrei dare una metalettura di questa intervista. Le dichiarazioni di Soros mi sembrano per una parte scontate e per l’altra condivisibili. Ciò che trovo meno condivisibile è il modo in cui le fonti, e in particolare Repubblica, hanno inquadrato la notizia. Il quotidiano diretto da Ezio Mauro titola: “Ma in Italia la tregua non durerà. Gli euroscettici hanno troppo potere”. Mi sembra che ci sia una volontà fin troppo precisa di attribuire lo stato di crisi dell’eurozona a chi si permette di avere un’opinione critica sul suo attuale ordinamento monetario.
Insomma, vuole dire che se l’Italia tornerà nell’occhio del ciclone non sarà per colpa di Grillo?
Non si tratta soltanto di Grillo. Fra le persone che si sono permesse di avere un’opinione critica sulla moneta unica troviamo i massimi economisti mondiali, quali i premi Nobel Joseph Stiglitz e Paul Krugman. Fornire il messaggio subliminale che sarà colpa di chi si esprime civilmente e criticamente se l’Italia sarà attaccata dai mercati mi sembra un’operazione sleale. Ci sono altre due cose, nel modo in cui è presentata la notizia, che mi colpiscono negativamente.
E sarebbero?
In primo luogo il titolo “premiata la speculazione”. Un economista, se è in buona fede, deve effettivamente pensare quello che afferma Soros, e cioè che la speculazione interviene per correggere delle storture del mercato. Se quest’ultimo fosse in equilibrio, non vi sarebbero possibilità di arbitraggio e quindi di profitto per gli operatori. La speculazione trae beneficio da mercati che sono falsati.
Vuole dire che la responsabilità è dei governi?
Esattamente, la speculazione interviene se e nella misura in cui i governi le consentono di intervenire. Trovo sinceramente ridicolo il fatto che prima si liberalizzino a oltranza i movimenti di capitale e poi si pianga perché c’è la speculazione. C’è però un terzo punto di questo articolo che mi ha colpito ancora di più, ed è quando il giornalista, sostituendosi a Soros, dice che la storia cambiò per colpa del suo attacco speculativo e che quindi la lira rientrò nello Sme a costo di immani sacrifici e a tassi di cambio falsati. Si dà così colpa a Soros, che intervenne nel 1992, del fatto che l’Italia nel 1999, cioè sette anni dopo, sarebbe entrata nell’euro con un tasso falsato.
Lei ritiene che tra le due cose non ci sia alcun legame?
A parte il fatto che in sette anni sono successe tante cose, ma la speculazione intervenne, giocando al ribasso sulla lira, perché nel 1992 le quotazioni della valuta italiana erano troppo alte. E il motivo di ciò era che i governi europei avevano deciso di entrare nel cosiddetto Sme credibile cinque anni prima, scegliendo di non approfittare di ciò che era stato permesso dalle regole attuali, e cioè di riallineare il cambio. Questo aveva permesso l’accumularsi di tensioni delle quali Soros approfittò. Ma chiunque avesse avuto la stessa massa di manovra e la stessa conoscenza del mercato del magnate Usa, lo avrebbe fatto al suo posto. La colpa non è di chi interviene una volta che si era creato lo squilibrio, ma dei governi che lasciarono accumularsi gli squilibri.
Nell’ipotesi che si arrivasse a un’uscita dell’Italia dall’euro, a chi affiderebbe il compito di gestire questa fase?
Se devo pensare a un economista di valore indiscusso, sia accademico sia tecnico-politico, che abbia portato avanti già da tempo questo discorso, l’unica persona è Paolo Savona. Aggiungo però che quando Romano Prodi non è stato eletto al Quirinale, c’è stato chi è rimasto deluso perché pensava che sarebbe stata la persona più adatta a traghettarci fuori dalla situazione nella quale aveva contribuito a portarci. Può sembrare un paradosso politico, ma non lo è.
(Pietro Vernizzi)