Nel mondo orientale l’ideogramma che indica “crisi” è non a caso identico a quello che indica “opportunità”. Analogamente, le implicazioni per l’Europa dell’attuale crisi finanziaria mondiale possono essere un’enorme opportunità per almeno tre ordini di motivi.
Innanzitutto in chiave interna la crisi, pur in tutta la sua gravità nella fase acuta, ha mostrato che nel medio periodo il modello di sviluppo economico-finanziario europeo sembra meglio conciliare, rispetto al modello americano, la fondamentale esigenza di libertà di azione del mercato, volto alla massimizzazione dello shareholder value, con le regole miranti a tutelare gli interessi della società nel suo complesso, e dunque di tutti gli stakeholder che dallo sviluppo del mercato traggono benefici, anche indiretti.
In secondo luogo, la crisi ha chiaramente messo in luce alcuni limiti dell’attuale modello di regolazione e vigilanza bancaria del mercato interno europeo. Sino ad oggi, si è lasciato alle banche centrali nazionali il compito di monitorare istituti di credito che hanno ormai acquisito, in molti casi, dimensione continentale se non addirittura globale. Questo, alle prime avvisaglie di crisi, ha portato a risposte non coordinate da parte dei governi, come nel caso Fortis, in cui la nazionalizzazione delle attività decisa dal governo olandese copre l’Olanda ma, probabilmente, non Belgio e Lussemburgo, dove il gruppo è ugualmente molto presente; o a decisioni poco credibili, come nel caso irlandese, in cui il Governo ha deciso la creazione (teorica) di un fondo di garanzia per tutti i depositi bancari di 400 miliardi di euro, ossia un valore di oltre una volta e mezzo superiore al Pil del Paese.
La cacofonia, che il vertice di Parigi del G4 di sabato ha solo di poco contribuito a ridurre, ha generato una reazione poco convinta da parte dei mercati, che sono precipitati anche in Europa. Tuttavia, il vertice rappresenta un importante punto di svolta poiché, pur lasciando alle autorità nazionali l’impegno di assicurare la solidità e stabilità del sistema finanziario, cosa opportuna alla luce del principio di sussidiarietà, ci si obbliga ad uno stretto coordinamento delle decisioni prese.
Si istituisce inoltre in nuce un organismo di sorveglianza sovra-nazionale, attraverso la creazione di una cellula di crisi che vedrà la partecipazione di tutte le autorità di vigilanza europee, e si garantisce l’accesso al credito delle piccole e medie imprese grazie ad un apposito fondo di 30 miliardi di euro messo a disposizione dalla BEI.
Infine, si valuta la possibilità di un’interpretazione flessibile delle regole sugli aiuti di Stato e sul patto di stabilità, riconoscendo con sano realismo che in circostanze eccezionali, che comportano gravi rischi per il sistema produttivo ed i cittadini-risparmiatori, la libera allocazione del mercato non è in grado di raggiungere l’efficienza, e deve fare spazio all’intervento, mirato e circoscritto nel tempo, da parte dei governi, pronti poi a ritirarsi e a stabilire le nuove regole del gioco una volta ritornata la normalità.
Quando tali decisioni verranno esaminate dal Consiglio Europeo di settimana prossima, inoltre, si potrà altresì valutare la possibilità di estendere ulteriormente le risorse finanziarie dell’Unione eventualmente mobilizzabili attraverso la proposta, già circolata presso le Istituzioni comunitarie, di creare strumenti di finanziamento europei (i cosiddetti Eurobonds) garantiti attraverso il bilancio comunitario.
Infine, la stessa risposta politica europea alla crisi finanziaria rappresenta un’opportunità per l’Europa di riguadagnare centralità su scala globale. Come già accade a livello planetario in materia di ambiente e per gli standard di sicurezza industriali ed alimentari, anche in termini di regole finanziarie l’Europa, grazie al suo sistema di governance multi-livello incentrata sul rispetto del principio di sussidiarietà, può candidarsi quale luogo privilegiato di elaborazione delle nuove regole necessarie per la reinterpretazione del sistema capitalistico globalizzato.