Dall’Istat ieri sono arrivati dati macroeconomici interessanti, tra cui l’aggiornamento sul rapporto deficit/Pil relativo al 2017, passato dall’1,9% al 2,3% in virtù dei 6,3 miliardi di euro utilizzati per i salvataggi di Mps, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Un’indicazione giunta mentre si continua a discutere del Def, che potrebbe anche dover contenere una manovra correttiva sollecitata dall’Europa. Abbiamo chiesto un commento a Francesco Daveri, Professore di Macroeconomia all’Università Bocconi di Milano.
Professore, questo nuovo dato sul rapporto tra deficit e Pil può avere degli effetti sul Def che l’Italia dovrà presentare a breve?
Anche se si finisce l’anno con un numero più alto o più basso, l’unica cosa che conta è se gli effetti dell’anno precedente sono permanenti o temporanei. Se sono temporanei non hanno impatto sulle previsioni di quest’anno. Certo, se dovessimo pensare ogni anno di salvare delle banche, allora a quel punto l’effetto sarebbe sistematico, ma in questo caso si può pensare a una misura one-off. Quindi non credo che debba riguardare la discussione che c’è in questi giorni sul Def.
Potrebbe invece aumentare la pressione per una manovra correttiva?
La manovra correttiva mi sembra di là da venire, non è detto che occorra farla. Ci saranno delle valutazioni su come sta andando l’economia. La cosa secondo me a cui si dovrà guardare sarà più che altro la qualità delle politiche che il nuovo Governo vorrà introdurre. Non credo che sarà una questione di qualche miliardo di aggiustamento per la manovra correttiva, ma piuttosto se il nuovo Governo vuol varare il reddito di cittadinanza che costa 30 miliardi, la flat tax che ne vale 50 o ancora cancellare la Legge Fornero con un costo di 15-20 miliardi l’anno. Queste sono le cifre che farebbero alzare le sopracciglia in Europa.
Le consultazioni al Quirinale sono appena iniziate: secondo lei, quanto tempo si potrà restare senza Governo, tenendo conto anche della presentazione del Def?
Secondo me, come ho scritto anche su lavoce.info, quello che si dovrebbe fare è una specie di mini-Def che contenga il solo quadro tendenziale. Mi sembra la cosa più sensata da fare, anche per dare un segnale all’Europa con pochi e chiari numeri. Ovviamente, una volta che ci sarà, il nuovo Governo potrà aggiungere in modo trasparente il suo quadro programmatico e lo sottoporrà al giudizio dell’Europa. Non so però se i partiti che hanno avuto più voti alle elezioni vorranno aspettare.
L’Istat ha diffuso anche i dati sul mercato del lavoro, che mostrano un aumento dell’occupazione e una diminuzione della disoccupazione. L’incertezza politica potrebbe avere effetti negativi su questo fronte?
Il mercato del lavoro risponde con ritardo all’andamento del Pil e delle altre variabili economiche. Il primo effetto che dovrebbe avere l’incertezza è sugli investimenti. Potrebbe essere che le aziende decidano di rinviarli stando a vedere cosa succede. Dopo, a fronte di un eventuale rinvio degli investimenti, ci potrebbe essere un minor numero di assunzioni. Il mercato del lavoro arriva quindi per ultimo. Per ora abbiamo le misure solide approvate nella Legge di bilancio 2018, in particolare gli incentivi all’assunzione dei giovani. Mi aspetto quindi che l’effetto positivo che è cominciato a esserci continui a farsi sentire.
Secondo lei si potrebbe tornare presto al voto? Sarebbe un brutto segnale per i mercati e la percezione dell’Italia all’estero?
Mi sembra che per ora sia un’ipotesi peregrina. Prima andranno valutate tutte le ipotesi di governi che si possono fare. Quindi ci vorrà del tempo. Se poi la legge elettorale rimanesse uguale sarebbe difficile vedere risolto l’impasse: dalle urne uscirebbero comunque tre blocchi senza maggioranza.
(Lorenzo Torrisi)