Sembra passato un secolo da quando in Italia regnava l’“asse del Nord”, quel patto di ferro tra Pdl e Lega che in realtà si poteva riassumere nell’amicizia umana e politica tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi.
Simul stabunt simul cadent, usavano ripetere i commentatori politici durante l’ultimo miglio del precedente governo. E così, dopo l’uscita di scena del Cavaliere in favore del Professor Monti è arrivata la perquisizione delle Fiamme Gialle nel quartier generale leghista di via Bellerio e le successive dimissioni del Senatùr dal ruolo di segretario federale della Lega Nord. Paolo Del Debbio, filosofo che partecipò alla fondazione di Forza Italia, ne ha discusso con IlSussidiario.net.
Professore, quali sono secondo lei le ragioni della crisi profonda che hanno condotto la Lega Nord in questa situazione?
A mio avviso, prima che morale la crisi leghista è politica. E penso che a questo punto sia più interessante capire in che direzione voglia andare il Carroccio. Se poi qualcuno ha sbagliato dovrà pagare il suo conto con la giustizia e, dal punto di vista politico, andrà allontanato.
Di certo i leghisti dovranno smetterla di annoiarci con il binomio “purezza-durezza” che a questo punto non ha più senso. Sarebbe troppo facile ricordargli adesso il cappio del ’92, o ripetergli “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”… Perciò soprassediamo.
E in quale direzione potrebbe andare?
Per ora non si capisce. Cercare di mantenere alto il consenso lottando contro un governo che cerca di realizzare quello che il Carroccio non è riuscito a fare quando era al potere non credo che abbia molto senso.
E devo dire che mi fa una certo impressione vedere Maroni descamisados dopo averlo visto per mesi tutto impettito nel ruolo di ministro. Nella vita bisogna decidere cosa si vuole essere, non si può rimanere eterni adolescenti… Cosa vogliono fare? Lotta, governo o tutte e due? Scelgano una volta per tutte e ce lo facciano sapere.
Lei parla direttamente di Maroni: la successione a Bossi, per come si stanno mettendo le cose, è solo una formalità?
È presto per dirlo, ma la sfida è stata lanciata da tempo. È lui l’unico vero candidato alla successione e mi sembra che sia già riuscito a trovare la quadratura del “cerchio magico”…
Passando al Pdl, è ancora sotto shock secondo lei per essere rimasto orfano di Berlusconi?
Guardi, lo shock non è ancora stato assorbito, anche perché i politici solitamente lo avvertono nella parte bassa del corpo, quando cioè viene a mancare la sedia. Per ora le sedie ci sono ancora tutte, anche se i più intelligenti hanno già iniziato a contare i giorni, come si fa al militare…
Ma quali prospettive ha secondo lei il Popolo della Libertà.
Dipende tutto da chi lo guiderà.
Vuol dire che su Alfano ci sono stati dei ripensamenti?
No, direi che dopo aver fatto la famosa battuta sul quid, Berlusconi ha rilegittimato il suo delfino. Ciò che andrebbe cambiato è il gruppo dirigente.
E come? Con le primarie?
O c’è il carisma o ci sono le primarie, tertium non datur. E di novelli Berlusconi all’orizzonte non se ne vedono…
Tra Berlusconi e Alfano è evidente però una diversa sensibilità quando si parla di Popolo della Libertà.
Diciamoci la verità, a Berlusconi questo partito non piace. Non gli piacciono in generale, figuriamoci se si entusiasma per il Pdl. L’ha creato per motivi politici, ricordandosi di una legge fisica, cioè che l’energia si fa anche con la massa.
Ad oggi però il suo indice di gradimento è quello che è e, a mio avviso, l’analisi di Galan è difficilmente contestabile la fusione politica tra Forza Italia e Alleanza Nazionale non è riuscita. Se poi si parla di una fusione di potere è tutto un altro discorso.
E come bisogna leggere la proliferazione di liste forziste in vista delle amministrative?
È un effetto decoagulante dato dall’assenza di Berlusconi. Non solo, nella dispersione ci si conta meno e anche le sconfitte diventano più leggere. Sfido chiunque alle prossime elezioni a dire con certezza chi ha vinto e chi ha perso.
Come procedono invece le manovre di chi punta a costruire il Ppe?
Vede, mettersi assieme e dire che si è fatto il Ppe è abbastanza semplice, più difficile farlo realmente aggregando gente all’altezza e scrivendo nero su bianco cosa si vuole fare per cambiare l’Italia. Chi l’ha detto, ad esempio, che il crollo dei mercati segni la sconfitta della prospettiva liberale?
Da ultimo, cosa ne pensa della legge elettorale di cui stanno discutendo i partiti di maggioranza?
Quello che pensano tutti: con questa proposta si va dritti verso la Grande Coalizione anche dopo il 2013. Il Pd sarà anche il primo partito, ma basta leggere ciò che dicono Bersani e Vendola per capire che non durerebbero a lungo. E non mi stupisce che Berlusconi appoggi un sistema di questo tipo. Lui è sempre stato realista: la farina si fa con il grano che si ha. E con un Pdl in queste condizioni meglio larghe intese che bipolarismo…