Ermolli sul podio. Le dimissioni di Stéphane Lissner da sovrintendente della Scala, destinato a svolgere lo stesso ruolo all’Opera di Parigi (teatro lirico con uno standing internazionale inferiore a quello della Scala prima che questa venisse sottoposta alle cure di Lissner stesso) hanno già aperto il totonomine per la sua successione. Per la verità l’adieu dello spocchioso manager dello spettacolo francese è previsto per il 2015, ma nello star system dei teatri le stagioni si preparano con anni di anticipo. Dunque Lissner ha già la mente a Parigi e anche il cuore. Per sua fortuna non il portafogli, perché all’Opera guadagnerà meno che alla Scala: i francesi non si fanno prendere per il naso. Con lui di fatto oltralpe, si tratta di individuare la persona adatta prima ad affiancarlo in questo interregno destinato a durare tre anni e poi a prenderne il posto. Ernesto Galli Della Loggia ha scritto sul Corriere della Sera, che per quella poltrona circolano candidature che fanno rabbrividire, peggio – aggiungo io – di quella di Giovanna Melandri alla presidenza del Maxxi di Roma, trasformatasi per nostra sventura in una nomina. E quali sono questi nomi? Salvatore Nastasi, direttore dello spettacolo al ministero dei Beni culturali; Francesco Micheli, storico finanziere appassionato di musica e di primi piani mediatici, animatore del Mito ed ex Consigliere della stessa Scala dalla quale si è dimesso per contrasti con Lissner; la sua ex compagna, Francesca Colombo, giovane, determinata, ora al Maggio fiorentino che non ha saputo risollevare da una crisi finanziaria profonda. Si è anche parlato – e questa ipotesi non fa rabbrividire, tutt’altro – di un possibile ritorno di Carlo Fontana, che della Scala è stato sovrintendente per una quindicina di anni; anni difficili che videro la trasformazione del teatro da Ente lirico in Fondazione privata, la costruzione degli Arcimboldi e il restauro del Piermarini.
Oltre a questi, girano e gireranno molti nomi, anche se in realtà i giochi sono fatti. A gestire la Scala in futuro, a farlo operativamente e concretamente anche se non formalmente, sarà Bruno Ermolli, un signore che con la musica, lo spettacolo, i teatri non ha assolutamente nulla a che vedere. Ma che ha molto a che vedere con il potere. Fondatore e proprietario di Synergetica, una delle tante società di consulenza nata sull’onda del boom del terziario avanzato, è più famoso per essere stato il guru di Silvio Berlusconi: ha lavorato al mitico contratto con gli italiani presentato durante un Porta a porta di Bruno Vespa e da quando l’ex presidente del Consiglio è andato al potere è diventato consulente (ma è più elegante dire advisor) delle principali aziende controllate dallo Stato. Insomma, questa Synergetica, Silvio regnante, si è trasformata una miniera d’oro. Ma, si sa, nella vita il pane non basta: ci vogliono anche le rose.
E le rose, Ermolli, le ha raccolte appunto alla Scala della quale è diventato vicepresidente e ha visto accrescere il suo potere soprattutto sotto la gestione di Letizia Moratti al Comune di Milano. Si dice sia stato lui, su suggerimento di Berlusconi, il quale a sua volta voleva compiacere la moglie del presidente francese, Jacques Chirac, a portare Lissner nella stanza che fu di Paolo Grassi. Comunque sia ora si sta muovendo per scegliere il futuro sovrintendente. Con un’idea, mai ammessa, ma ben precisa in mente: individuare e far passare un numero due, un candidato non di primo livello, in modo da conservare il proprio spazio e contare ancora di più. È molto probabile che ci riuscirà, perché Giuliano Pisapia, inspiegabilmente, continua a dar retta a questo berlusconiano doc.
Renzi scorda Profumo. I giornali di sabato e domenica hanno riportato le cronache dell’ultima sortita di Matteo Renzi dopo la malaugurata cena con il finanziere Davide Serra. A Pierluigi Bersani che lo criticava per quell’incontro con un signore che ha sede alle Cayman, ha risposto che il Pd non può dare lezioni a nessuno in materia di finanza. E ha ricordato l’appoggio ai capitani coraggiosi che scalarono Telecom Italia e il disastro del Monte dei Paschi di Siena. Posso aggiungere un dettaglio, già noto ma interessante da ricordare? In quella banca, tuttora controllata da una Fondazione in mano agli enti locali e dunque al Pd, è arrivato come presidente, dotato di ampi poteri, Alessandro Profumo. I vertici nazionali Pd, a partire dal presidente Rosi Bindi, hanno pubblicamente lodato questa scelta. Mi permetto di richiamare l’attenzione sul fatto che Profumo è indagato dalla Procura di Milano per una frode fiscale da 250 milioni, che avrebbe compiuto quando era amministratore delegato di Unicredit. Ora, Bersani, ha detto a Renzi e a tutti noi che frequentare un finanziere con sede ai Caraibi non sta bene. E ha ragione. Ma ci dica anche: assumere un banchiere sotto indagine per aver frodato milioni allo Stato è una bella azione? Una risposta sarebbe illuminante sull’etica prevalente nel Pd.
Mattoni di Stato. Il governo ha ripetuto di voler vendere il patrimonio immobiliare, ricavandone circa 13-15 miliardi per cinque anni, da utilizzare per abbattere il debito pubblico. L’attuale esecutivo sa bene che saranno soprattutto gli investitori istituzionali a sedersi al tavolo di questa complessa partita. Dovrebbe spiegarlo con chiarezza a coloro che si candidano a succedergli dopo le elezioni (il Pd e Vendola) che invece in ogni occasione pubblica, in ogni comparsata televisiva, descrivono la finanza come una sorta di Spectre che mette paura persino alla mafia. Un Paese con 2 mila miliardi di debito, per oltre la metà collocato sui mercati internazionali, deve stare molto attento a muoversi e a parlare.