Caro Heinrich,
Mi sono deciso a scriverti dopo tanto tempo, rileggendo durante il Natale le lettere di Albert Camus a un amico tedesco e quel che sostiene il grande filosofo e narratore francese a proposito dell’Europa. Altri tempi, naturalmente, ma considerazioni che trovo drammaticamente attuali.
Ora la presidenza dell’Unione europea è della Grecia, a giugno tocca all’Italia. Insomma, i due reprobi, le due pietre dello scandalo (a torto e a ragione) agli occhi dell’opinione pubblica tedesca espressa dai suoi giornali, quelli colti come la Frankfurter Allgemeine Zeitung e quelli popolari come la Bild.
In questo 2014, per un gioco dell’alfabeto, sarete costretti a tuffarvi nel Mediterraneo e non per diletto. Secondo Camus, “l’Europa non è mai stata altrimenti che in questa lotta tra meriggio e mezzanotte”, come scriveva nell’Uomo in rivolta. E aggiungeva: “Non si è eclissata se non disertando questa lotta, eclissando il giorno con la notte. Beninteso non si tratta di disprezzare nulla né di esaltare una civiltà contro un’altra, ma semplicemente di dire che esiste un pensiero cui il mondo d’oggi non potrà più a lungo rinunciare”. E ancora: “In cuore alla notte europea, il pensiero solare, la civiltà dal duplice volto, attende la sua aurora”. La notte europea era portata dal comunismo il quale faceva seguito al nazismo, entrambe varianti per Camus di quell’alternanza, interna all’ideologia tedesca, tra nichilismo e assolutismo. A entrambi s’oppone, “lo spirito mediterraneo”, quello libertario, quello dei comuni.
Ebbene, caro Heinrich, quando ci siamo conosciuti pensavamo che tutto questo facesse parte di un passato oscuro, rischiarato da una nuova generazione che leggeva gli stessi libri, guardava gli stessi film, partecipava alle stesse lotte. Io m’arrabattavo su Hegel che il mio professore, Lucio Colletti, voleva venisse letto in lingua originale; ma, nonostante avessi studiato tedesco al liceo, non ero in grado di seguire le tortuose volute della dialettica. Tu mi aiutavi e mai avresti immaginato di farmi una lezione sulle virtù germaniche, ancor meno ti saresti abbandonato ai vieti luoghi comuni sugli ozi e i vizi italici. Quanto a me, la Germania era la sua filosofia classica rispetto alla quale il nazismo rappresentava una pura e irrazionale deviazione; era Foto di gruppo con signora, il romanzo più famoso di Heinrich Böll.
Né tu né io potevamo pensare che il muro dell’incomprensione e dell’intolleranza sarebbe salito a dividere le Alpi, dopo che a Berlino era crollato il muro dell’infamia. Camus scriveva, nella terza delle sue lettere all’amico tedesco: “Voi parlate d’Europa; ma la differenza è che l’Europa per voi è una proprietà, mentre noi sentiamo di dipendere da essa… Dite Europa, ma pensate a una terra di conquista, a granai, a industrie addomesticate, a intelligenze inquadrate… So che anche nei vostri momenti migliori non potete impedirvi di pensare a una coorte di docili nazioni condotte da una Germania di feudatari”.
Si trovava in mezzo alla peggiore catastrofe dell’epoca moderna, sia chiaro. Era il 1944 e militava nella resistenza, la Francia era sotto il tallone delle SS. Le lettere vennero stampate in pochi esemplari dopo la Liberazione e lo scrittore si oppose sempre alla loro diffusione all’estero per evitare che venissero male interpretate nell’Europa del dopoguerra. Ha consentito che uscissero solo in Italia nel 1948 con una prefazione di suo pugno per precisarne il senso. Se oggi acquistano attualità, allora vuol dire che le cose si sono messe davvero male.
L’unione monetaria, la più stringente delle unioni e la più dotata di potere simbolico per la natura stessa della moneta, viene giudicata una fuga in avanti. Per voi tedeschi è un cedimento al lassismo mediterraneo, per noi l’imposizione di una disciplina fanatica. Si dice che sia un passo avventato, ci voleva prima l’unione politica. Si scrive che l’euro è fatto male, tanto è vero che alla prima vera crisi ha rischiato di affondare. Si sostiene che il Trattato di Maastricht è vecchio e sorpassato, tanto che si è costretti a modificarlo surrettiziamente vista l’impossibilità di riscriverne i pilastri fondamentali. Ma è altrettanto vero che l’euro è la risposta alle conseguenze che il collasso dell’impero sovietico rovesciava sul continente dove è cominciata la guerra fredda.
È diventato anche un modo per affrontare la nuova onda destabilizzante (per l’Occidente) che viene dal risveglio dell’Asia. E, soprattutto, è stato il mezzo per consentire a voi tedeschi di ritrovare l’unità con il benestare dell’America e del resto d’Europa. Oggi per la Lettonia, il diciottesimo membro, è uno scudo contro la Russia. Tutte ragioni che smentiscono la tesi del gesto idealistico quanto irresponsabile. Ebbene esse vengono ignorate sia dagli anti sia dai filo-euro. Soprattutto non entrano nel dibattito culturale e politico dominato dal demone del calcolemus (e in questo tornano davvero le analisi di Camus).
Le più illuminate menti europee potranno escogitare le migliori soluzioni per aggiustare la moneta (e la Ue mai così disunita). Ma nessuna tecnica, nessuna cassetta degli attrezzi, potrà mai funzionare se non c’è prima un moto dello spirito, basato sulla comprensione e la fiducia reciproca, ma anche sul riconoscimento che l’ideologia tedesca, “l’assolutismo storicista, nonostante i suoi trionfi, non ha mai cessato di cozzare contro un’esigenza invincibile della natura umana di cui il Mediterraneo, dove l’intelligenza è sorella della luce cruda, serba il segreto”.
Prendilo come un auspicio e un augurio di buon anno, caro Heinrich, a te e ai tuoi connazionali di buona volontà,
Tuo Stefano Cingolani