Per Berlusconi, la sentenza della Corte Costituzionale non è una condanna, ma quasi. Rigettando il ricorso avanzato da Palazzo Chigi contro il rifiuto del Tribunale di Milano di considerare una riunione del Cdm (quando Berlusconi ne era il presidente) legittimo impedimento a presentarsi, il 1°marzo 2010, all’udienza del processo Mediaset, la Consulta lo spedisce direttamente in Cassazione. Dove la condanna a 4 anni di carcere a 5 di interdizione dai pubblici uffici potrebbe essere confermata. Se così fosse, a quel punto, considerando che a stretto giro potrebbero arrivare la condanna per il caso Ruby, e la conferma della condanna a versare 564 milioni di euro a De Benedetti, come potrebbe reagire Berlusconi? Lui dice che la tenuta del governo non sarà legata alla sue vicende giudiziarie, ma manterrà la parola? Lo abbiamo chiesto a Gianfranco Pasquino, professore di Scienza politica nell’Università di Bologna.
Come giudica, anzitutto, la sentenza della Corte costituzionale?
Io le sentenze non le commento. Do per scontato che i magistrati operino in scienza e in coscienza. E che quindi, semplicemente, valutino le prove per arrivare ad una decisione.
Più in generale, non crede che ci sia alcun “accanimento”?
I magistrati operano tenendo conto delle prove che hanno a disposizione. Del resto, i processi dell’imputato sono dislocati in più tribunali, estremamente diversi tra di loro. Anche per questa ragione, non vedo come si possa parlare di accanimento, ne come si possa ipotizzare l’esistenza di un complotto compulsivo.
Berlusconi ha detto che non farà saltare il governo. Potrebbe rimangiarsi quello che ha detto?
Non ho idea di quello che dirà o deciderà in futuro Berlusconi. Quel che è certo è che, se realmente non intende far saltare il governo, gli conviene esternare il meno possibile. Meno parla, meglio è.
Crede, in ogni caso, che gli convenga non staccare la spina?
Beh, il fatto è che far cadere l’esecutivo non significa, come pensa qualcuno (ma, probabilmente, non Berlusconi) tornare a elezioni immediate.
Perché no?
Anzitutto, perché, nel caso, il presidente della Repubblica farà immediatamente sapere a tutti che non è disponibile a sciogliere il Parlamento. Inoltre, comunicherà al Pd la sua disponibilità ad una nuova operazione volta a conferire nuovamente l’incarico a Letta, che ragionevolmente questa volta, potrà trovare tra i parlamentari dissidenti dell’M5S quei fatidici 20 voti necessari per presentarsi in Senato a chiedere e ottenere la fiducia.
L’eventuale interdizione dai pubblici uffici determinerà l’uscita di scena di Berlusconi?
Eventualmente, Berlusconi potrà continuare a fare politica anche stando fuori dal Parlamento. Anzitutto, nulla vieta che continui a indire comizi, parlare in pubblico, o guidare il Pdl fuori dall’Aula. Inoltre, non risulta che abbia alternative “occupazionali”. Insomma, questo è quello che ambisce a continuare a fare, e questo è ciò che farà. Ovviamente, l’interdizione rappresenterà un certo fardello. Ma una circostanza del genere potrebbe addirittura rivelarsi positiva.
Cosa intende?
Berlusconi ha una certa età e, a quel punto, fuori dal Parlamento, sarà costretto a individuare un erede. Uno vero. Non si esclude, quindi, che finalmente possa avere luogo un’innovazione politica all’interno del Pdl. Un’innovazione della cui necessità, d’altronde, credo che lo stesso Berlusconi sia consapevole. Come è altrettanto consapevole che la sua gestione del partito ha, fin qui, impedito alle nuove generazioni di esprimersi appieno.
(Paolo Nessi)