A commentare negativamente l’ingresso di Cassa depositi e prestiti in Tim con una partecipazione del 5% per contrastare Vivendi è stato indirettamente anche Carlo Cottarelli. Come riportato da La Repubblica, l’ex ministro per la spending review parlando in una pausa del seminario Ambrosetti di Cernobbio ha dichiarato:”Non voglio parlare di operazioni specifiche, ma in generale ho una preoccupazione, maturata negli ultimi anni, che si ricreino le partecipazioni statali”. Cottarelli, adesso a capo dell’Osservatorio sui conti pubblici, ha aggiunto: “La cosa è un po’ strana perchè tutti si lamentano della proliferazione delle partecipate locali, delle municipalizzate, che sono troppe, però al tempo stesso non si può ricreare il capitalismo a livello di Stato, a livello centrale. E’ una cosa un pò strana, però non voglio commentare operazioni specifiche”. (agg. di Dario D’Angelo)
IL COMMENTO DI CALENDA
Carlo Calenda commenta via Twitter l’intervento della Cassa depositi e prestiti in Telecom Italia, con una quota che sarà del 5% circa, spiegando: “Per la cronaca nessuno sta mettendo lo Stato da nessuna parte, ma supportando un progetto che prevede una pubblic company, sogno proibito di ogni liberista ben educato”. Il tutto per rispondere al Professor Carlo Alberto Carnevale Maffè che ritiene quella di Cdp “una decisione interventista che ribalta in poche ore una linea politica ventennale”. Anche Luigi Zingales ieri si era pronunciato contro la decisione avvallata dal Tesoro e condivisa da Calenda. Rischia quindi di consumarsi uno scontro tra liberisti e interventisti. Ci sentiamo solo di ricordare che il 5% non può essere considerata una partecipazione di controllo. Che la Cdp è presente in altre società italiane e che, come evidenziato da Paolo Annoni su queste pagine, negli altri paesi la partecipazione pubblica in compagnie telefoniche è la norma, non l’eccezione.
TIM E CDP, LE MOSSE POSSIBILI DI VIVENDI
Dopo l’annunciato ingresso di Cassa depositi e prestiti in Tim, per affiancare il Fondo Elliott contro Vivendi, ci si chiede quali saranno le contromosse dei francesi. Secondo Il Sole 24 Ore, per l’azienda di Vincent Bollorè sono tre le strade percorribili. La prima sarebbe quella di un accordo con il fondo Usa per formare un cda espressione di tutti gli azionisti. Tuttavia non sembra che tra i due contendenti ci sia la possibilità di un accordo. Dunque Vivendi potrebbe seguire la strada già percorsa con Ubisoft: restare azionista e dopo un lungo braccio di ferro cedere la propria quota con un certo guadagno (dalla società di videogiochi ha ottenuto tre volte il costo pagato inizialmente). Tenendo conto che le azioni di Tim sono state pagate 1,07 euro e ora il titolo viaggia intorno a quota 0,8-0,85, si tratterebbe di aspettare non poco tempo in attesa di una valorizzazione.
TIM E CDP, LO SCORPORO DELLA RETE
Un’ultima opzione per Vivendi sarebbe quella di trovare un terzo investitore per accelerare i tempi di uscita da Tim. Ma non è da escludere che i francesi possano trovarsi con la “strada libera” nel caso venga portato a termine lo scorporo della rete, con la sua aggregazione con Open Fiber, società controllata da Cdp. A quel punto probabilmente gli interessi del Tesoro italiano sarebbero soddisfatti e potrebbero lasciare Telecom Italia nelle mani di Vivendi. Resterebbe da vedere cosa farebbe intanto Elliott e se i francesi sarebbero interessati a una compagnia telefonica senza la rete. Teoricamente sarebbe un tipo di business che poco a che fare con quello tipico di Vivendi. Che tra l’altro dovrà anche capire cosa fare con Mediaset, dopo l’accordo raggiunto dal gruppo di Cologno Monzese con Sky. I destini di Mediaset e Tim potrebbero incrociarsi? Troppo presto per dirlo, meglio attendere prima l’esito dell’assemblea di Telecom Italia.