Riforma delle pensioni; liberalizzazione del mercato del lavoro; tagli a scuole e università, ospedali e servizi sociali; nuove tasse sulla casa; aumento dell’Iva e della benzina. “L’Italia non è la Grecia”, ripetono a turno i ministri tecnici del nostro governo, eppure quelle appena elencate sono le misure adottate dai loro colleghi ellenici per uscire dalla crisi e somigliano pericolosamente a quelle volute dal professor Monti.
A ingabbiare la Grecia è il suo debito sovrano, descritto dall’economista Yanus Varoufakis, già consigliere dell’ex premier Papandreou, come un insaziabile Minotauro, con la troika nelle vesti di Minosse, il Re che imponeva ad Atene continui sacrifici di uomini e donne da dare in pasto alla bestia. Il guaio è che oggi, con la speculazione che fa riesplodere lo spread intorno a quota 400, ci sono economisti che vedono l’Italia ingabbiata nello stesso labirinto: la Grecia sarebbe solo un anno più avanti di noi sulla strada della recessione.
I nostri cugini ellenici varcano l’ingresso del dedalo il 23 aprile 2010 quando il governo di George Papandreou dichiara finalmente che il debito pubblico greco è “insostenibile”. Per evitare il rischio default, servono gli aiuti dell’Europa e del Fondo monetario internazionale che staccano un assegno da 110 miliardi di euro, ma chiedono ad Atene le manovre di austerity.
2 maggio 2010. In Grecia i dipendenti pubblici si vedono ridurre i salari tra il 9% e il 15%; aumentano l’Iva dal 19% al 23%, le accise sulla benzina, la tassa sugli alcolici e sui tabacchi. Ne vale la pena per rimanere nell’euro ed evitare il caos di un fallimento incontrollato. Ma non basta mai. Il 7 luglio 2010 bisogna aggiungere la riforma che innalza l’età pensionabile a 65 anni, con “prelievi di solidarietà” fino al 10% sulle pensioni. Accompagnata dalla liberalizzazione dei licenziamenti.
Ben presto la troika si rende conto che il deficit di bilancio greco è peggiore rispetto alle stime: urge una manovra aggiuntiva. Il 29 giugno 2011 Papandreou vara un nuovo piano di austerity da 28 miliardi che elimina 30 mila posti pubblici e taglia del 20% le pensioni sopra i 1.200 euro.
Ma non basta mai. A settembre 2011 il Parlamento approva una nuova tassa sulla casa, addebitata con la bolletta della Deh, l’Enel greca, che mette 500 mila famiglie a rischio di restare senza energia elettrica. Arriva anche una supertassa sul petrolio da riscaldamento e viene abbassata la soglia di esenzione Irpef da 12 a 8 mila euro per i privati e da 8 a 5 mila euro per i dipendenti pubblici.
Il 2 ottobre 2011 Atene ammette che non riuscirà comunque a rispettare gli obiettivi di deficit per il 2011 e 2012. La troika studia un nuovo piano di salvataggio da 130 miliardi di euro. È il governo del tecnico Lucas Papademos ad accettare, lo scorso 21 febbraio, le durissime condizioni per il via libera agli aiuti europei. Tagli del 30% alla spesa sanitaria. Tagli del 22% alle retribuzioni minime che passano da 751 a 586 euro e da 600 a 511 euro per i giovani. Prelievo sulle pensioni sopra i mille euro al mese.
Ma non basta mai. I greci cercano di salvare almeno tredicesime e quattordicesime, la troika si oppone. E già si parla di una nuova manovra da 10 miliardi da far approvare entro giugno. Qualcuno vuole capire come ci si sente a vivere nel labirinto del debito e se la ricetta imposta ad Atene funziona? Ecco fatto. Il 2012 sarà il quinto anno di fila di recessione per l’economia greca che dal 2008 ha visto una flessione del Pil pari al 18,7%. Oggi tre milioni di greci vivono sotto la soglia di povertà, compresi 439mila bambini a rischio denutrizione (dati Unicef). Dal 2010 la disoccupazione è balzata dal 12 al 21,8% ma è del 50,8% tra i giovani, mentre ci sono stati 1725 suicidi.
L’ultimo a togliersi la vita si chiamava Dimitri Christoulas, un pensionato che si è sparato davanti al Parlamento. «Questo governo di occupazione ha letteralmente annullato la mia capacità di sopravvivere con una pensione dignitosa», ha scritto in una lettera che ora viene agitata in tutte le manifestazioni di protesta. «Un giorno, ne sono convinto, i giovani appenderanno i traditori del Paese in piazza Syntagma, proprio come gli italiani hanno fatto con Mussolini, a piazzale Loreto».
Certo, se davvero l’Italia fosse nel punto in cui si trovava la Grecia la scorsa primavera, la prossima tappa del governo Monti, dopo la riforma dell’articolo 18, sarebbe il licenziamento dei dipendenti pubblici, messo a punto da Atene tra maggio e novembre 2011.