Mai perdere un treno. Lo si sentiva dire da tempo, ma ieri è stato ufficializzato: Luca Cordero di Montezemolo lascia la presidenza di Ntv (Nuovo Trasporto Viaggiatori), la società concorrente di Trenitalia sull’alta velocità, che ha come azionisti, oltre a Montezemolo stesso, anche l’amico Diego Della Valle e le ferrovie francesi destinate, secondo molti, a passare presto in maggioranza assicurandosi il controllo di Italo. Al posto di Montezemolo è stato nominato Antonello Perricone, da sempre amico del presidente della Ferrari, che ha seguito in vari passaggi della sua carriera.
Perché questa uscita? LdM vuole avere le mani libere per dedicarsi a quell’avventura politica di cui si favoleggia, ormai stancamente, da più di un anno? Lui, nella conferenza stampa di ieri lo ha escluso: non si candiderà, al massimo darà un mano da esterno ai suoi della Fondazione Italia Futura. La ragione del passo indietro è un altra: l’eccesso di incarichi professionali. La spiegazione ha stupito, perché Montezemolo è sempre stato un collezionista di poltrone: Confindustria, Fiat, Ferrari, ma anche Fiera di Bologna. Ora Fiat e Confindustria non ci sono più, la Ferrari – secondo voci insistenti – fra un anno dovrà cederla a un membro della famiglia Agnelli (Lapo Elkann) che vuole gestire direttamente quel prezioso marchio. Quindi, in qualche modo, il futuro di LdM si presenta un po’ da esodato e il lavoro a Ntv andava benissimo. Sennonché pochi giorni fa è arrivata la nomina a vicepresidente di Unicredit in rappresentanza del fondo sovrano di Dubai, azionista della banca. Questo incarico, pur non essendo oneroso, è delicato. Unicredit, per mestiere, eroga prestiti alle imprese. E Montezemolo, come capo di un’impresa complessa come quella di Italo, avrà sicuramente bisogno di finanziamenti, soprattutto se darà corso, come si sente dire, a un aumento di capitale. Quindi meglio non creare conflitti di interesse e scendere da quel treno.
Scendere, ma non completamente: LdM resterà infatti nella compagine azionaria. E poi, con la scelta fatta per il successore, è come se lui fosse ancora lì. Antonello Perricone ha affiancato Montezemolo sempre: insieme, nel 1984, fondarono anche una società, la High Touch Technologies, specializzata nel lancio di marchi. Ha girato varie concessionarie di pubblicità (in una, la PK, portato proprio dall’amico Luca) e quando è rimasto senza lavoro il solito LdM lo ha chiamato alla Maserati, controllata dalla Ferrari, tanto per dargli una poltrona. È nato ancora sotto il segno di Montezemolo l’ultimo incarico ricoperto, quello di amministratore delegato di RcsMediaGroup, la casa editrice del Corriere della Sera, del quale la Fiat, in passato presieduta da Montezemolo stesso, è importante azionista.
Alla guida della casa editrice, Perricone ha ottenuto risultati deludenti, ma le amicizie di Luca e di Diego Della Valle sono sempre riuscite a salvargli la poltrona, malgrado molti altri azionisti, a fronte delle performance negative, ne abbiano chiesto più volte la testa. Il suo arrivo in Ntv non ha suscitato né entusiasmi, né preoccupazione. Perricone farà semplicemente quello che Montezemolo gli dirà di fare.
Solidali, ma… La Commissione lavoro della Camera ha approvato un emendamento che estende la protezione a quei lavoratori che rischiano di restare senza impiego e senza pensione, i cosiddetti esodati. Per finanziare la misura, la stessa Commissione ha deciso di introdurre un prelievo del 3% sui redditi eccedenti i 150 mila euro, un contributo di solidarietà. Non c’è dubbio che gli esodati rappresentino un problema creato da un pasticcio fatto dal Governo; e non c’è neppure dubbio sul fatto che la solidarietà sia un dovere civile. Ma è questo il modo di procedere? Con un blitz si introduce un’altra tassa, mentre tutto quello che si è detto e si dice sulla necessità di recuperare risorse tagliando la spesa pubblica rimane lettera morta, mentre ogni giorno le cronache ci raccontano di sprechi e ruberie di politici nazionali e locali.
E ancora: chi dichiara redditi superiori ai 150 mila euro non è un evasore fiscale. In questa categoria ci saranno certamente figli di papà privilegiati, amici di amici raccomandati, ma la maggioranza è fatta di persone che ha raggiunto quei livelli perché ha saputo lavorare seriamente producendo buoni risultati. Insomma, si sta parlando del merito, di quel merito tanto invocato nei discorsi ufficiali e poi sempre penalizzato. Forse il tema dello spazio che deve avere nel Paese la meritocrazia va affrontato in un dibattito ampio, che coinvolga tutte le forze politiche e la cosiddetta società civile. Non lasciato a un blitz di un manipolo di politici attenti solo a conquistare i favori di una categoria numerosa (gli esodati) in vista delle imminenti elezioni.
L’auto di Hollande. Il presidente francese François Hollande ha deciso che lo Stato, assieme al sindacato, entrerà nella stanza dei bottoni del gruppo Psa (Peugeot-Citroen) in gravi difficoltà. Èuna decisione discutibile: la si può approvare, dicendo che segue la politica messa in atto, e con successo, da Barack Obama; la si può anche bollare come un ritorno a uno statalismo inammissibile per Paesi membri dell’Unione europea. È comunque una scelta di politica industriale fatta da un Governo nella pienezza dei suoi poteri. Appunto quello che manca oggi (e chissà ancora per quanto tempo) all’Italia.
Vade retro, mediazione. La lobby degli avvocati l’ha spuntata un’altra volta: la norma che introduceva la mediazione obbligatoria per un certo tipo di controversie non è passata. Rimarranno dunque le cause, le lunghe e interminabili cause, quelle che durano anche 12 anni prima di arrivare a sentenza definitiva. È un nodo, questo della lentezza delle giustizia, che frena l’economia italiana e scoraggia gli stranieri a investire nel nostro Paese. Insomma, crea solo danni a tutti. Tranne che agli avvocati e alle loro parcelle.