“Affermando che sarà un arbitro imparziale, Mattarella ha inteso mantenere l’idea di un presidente che lavora per l’equilibrio e la collaborazione tra i poteri. Oggi questo è un tema tutt’altro che scontato per la perdita di peso delle istituzioni democratiche in favore di altri poteri più ‘anonimi’”. Lo sottolinea Claudio Sardo, ex direttore dell’Unità, all’indomani del discorso del nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi – ha detto il capo dello Stato -. E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia”.
Quali temi l’hanno colpita di più nel discorso di Mattarella?
E’ un discorso che ha quel tratto di semplicità, trasparenza e ordine che caratterizzano i suoi sentimenti. Lo ho apprezzato proprio perché è semplice e i concetti forti sono espressi in modo comprensibile a tutti. Lo stesso ordine dei valori mi è sembrato molto coerente con la personalità politica e istituzionale di Mattarella. La vera spina dorsale del discorso è l’idea che l’unità nazionale non è più soltanto una questione territoriale, non è più soltanto il rispetto della divisione dei poteri e la collaborazione tra le istituzioni.
Quale nuovo significato assume questo termine per Mattarella?
Per lui l’unità nazionale è anzitutto la capacità di sanare le profonde ferite sociali di questo Paese che la crisi ha prodotto. Non è possibile l’unità nazionale senza ridare un senso alla parola uguaglianza, senza la capacità di ridistribuire le opportunità, senza il lavoro per tutti, senza insomma ricostruire il tessuto sociale del Paese. Mattarella a un certo punto ha detto: “Il patto costituzionale si regge sul patto sociale”. Pertini, Ciampi e Napolitano avevano inteso l’unità nazionale con determinate caratteristiche, mentre oggi Mattarella si trova a declinare l’unità nazionale nell’ambito più difficile, quello cioè di ridurre le ferite sociali del nostro Paese. Quello del presidente è un discorso molto sintetico ma che contiene tutto.
Quale stile di uomo e di settennato dobbiamo aspettarci?
Dicendo che sarà un arbitro imparziale, sul piano istituzionale Mattarella ha inteso mantenere l’idea di un presidente garante, che lavora per l’equilibrio e la collaborazione dei poteri. Oggi questo è un tema tutt’altro che scontato per l’evoluzione della Costituzione e la perdita di peso della politica. Noi assistiamo a un fenomeno epocale: la fuga del potere dalle istituzioni democratiche. Oggi le grandi decisioni cui i governi si devono attenere sono frutto del mercato, di tecnocrazie, di condizioni esterne, di patti prestabiliti. Quando si approva il bilancio dello Stato, che è il massimo potere di un governo, questo è già predeterminato al 98%. Il forte squilibrio negli attuali poteri è determinato proprio da fattori socio-economici di tipo globale. Riuscire a mantenere un equilibrio democratico è un lavoro difficilissimo.
Quale idea di parlamento e di politica traspare da questo discorso?
Traspare l’idea di un Parlamento che deve recuperare il suo ruolo. Mattarella è un docente di Diritto parlamentare, e nessuno può immaginare che la fuga del potere dalle istituzioni democratiche nazionali e la crisi della sovranità nazionale si possano superate assegnando semplicemente i poteri al governo. Il Parlamento è una componente decisiva e deve ritrovare una forma vitale. Certamente negli ultimi anni il Parlamento ha perso molto smalto.
Mattarella ha parlato anche di riforma costituzionale e legge elettorale. Secondo lei il presidente è soddisfatto dei testi approvati finora?
Sto ai fatti: il capo dello Stato ha detto che le riforme vanno realizzate. In passato del resto lo stesso Mattarella dopo i primi anni ’90 ha sempre lavorato per completare questo quadro di riforme. Da presidente della Repubblica non si farà scappare la possibilità di condurre in porto le riforme entro il termine della legislatura. Farà anche sentire la sua voce nei modi discreti che predilige, contribuendo a migliorare le stesse riforme. La legge elettorale del resto ha già fatto dei passi avanti rispetto al testo originario.
Secondo Piepoli il consenso iniziale di Mattarella è del 75%, contro il 50% di Renzi. Come valuta questo dato?
E’ bene che il presidente della Repubblica abbia un consenso molto vasto. Dobbiamo tenere conto del fatto che prima della sua elezione, Mattarella non era conosciuto da molti. Il dato di Piepoli indica che il presidente della Repubblica non è visto come parte di una competizione politica. Un capo del governo non può avere il consenso al 75%, altrimenti saremmo un Paese malato.
Mattarella dovrà tutelare il Parlamento anche dalla propensione a “smontare” le leggi dimostrata in alcuni casi dalla Corte costituzionale?
Noi assistiamo a una grande trasformazione dei poteri. A 70 anni dalla Costituzione e in questo processo di interdipendenza europea, noi stiamo assistendo a fenomeni di enorme portata. La crescita dei poteri delle Corti e in genere la crescita dei poteri neutri è un fenomeno che non riguarda soltanto l’Italia. La decisione politica sta perdendo peso verso altre forme di potere più “anonime”, anche a causa della frammentazione legislativa tra Stato, Europa e Regioni. La politica in particolare sta perdendo la capacità di guidare i processi economici. Sono fenomeni epocali del diritto che hanno degli aspetti discutibili. Mattarella è stato nella Consulta, nella politica e nelle istituzioni, e sa che va ricostruito un equilibrio che è andato perduto.
(Pietro Vernizzi)