«Lo spread che a inizio anno si aggira attorno ai 200 punti base, scendendo anche sotto tale soglia, indica che i mercati apprezzano l’operato del governo, il suo impegno per il mantenimento della stabilità dei conti e per l’avvio delle riforme, sia istituzionali sia economiche. Di particolare rilievo è il dato sui rendimenti, sotto il 4%. Questo si tradurrà in una minore spesa per interessi sul debito pubblico e nella possibilità di avere a disposizione più risorse per investimenti e per alleggerire il carico fiscale. Inoltre, la riduzione si rifletterà in migliori condizioni di accesso al credito per imprese e famiglie». Così parlò il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, in spregio a qualsiasi razionalità economica e finanziaria.
Ho speso abbastanza parole, dati e grafici per dimostrarvi che quella dello spread in discesa è una bufala a uso e consumo politico-mediatico, quindi non ci tornerò su per l’ennesima volta. So che si tratta di un attacco molto duro – che va ascritto interamente alla mia persona, non riflettendo le opinioni del sito che lo ospita – ma non posso accettare che un ministro dell’Economia, oltretutto con un passato di alto rango a Bankitalia, venda al Paese una realtà farsesca e contemporaneamente ignori, non spenda una singola sillaba, su un dato di realtà reso noto – nel silenzio quasi generale dei cantori delle larghe intese – proprio dall’istituto di cui era alto dirigente fino a poco tempo fa.
Questo: i prestiti alle imprese in Italia hanno segnato a novembre un calo del 5,9%, il più forte nelle serie storiche disponibili, come ci dimostra il primo grafico a fondo pagina. Lo si legge nei dati della Bce, su fonte Bankitalia. Accelera, inoltre, la contrazione del credito alle imprese in tutta la zona euro, come dimostra il secondo grafico. Nei diversi paesi non si ferma il calo dei prestiti al settore privato, con un andamento medio che a novembre ha visto una riduzione dell’1,6% contro il -1,4% del mese precedente. In particolare, se i prestiti delle banche a famiglie e imprese registrano un -2,3% a novembre dopo il -2,2% del mese precedente, è crollo per il credito alle imprese con un dato del -3,9% peggiore rispetto al già preoccupante -3,8% di ottobre.
Nulla da dire al riguardo, invece di parlare di fantascientifici cali delle tasse sul lavoro grazie al risparmio sul servizio del debito dovuto al calo dello spread? Ci rendiamo conto che siamo in una situazione di deflazione giapponese, con il potere di acquisto a zero, la domanda interna a zero, la disoccupazione a doppia cifra, il credito congelato e il debito pubblico che non calerà per il semplice fatto che è stato trasformato in debito privato, ovvero quasi interamente in mano alle banche che sono le vere padrone – malconce e mal governate – del Paese? In quale Paese – o forse sarebbe meglio dire pianeta – vive Saccomanni?
I soldi che arriveranno dalla Bce serviranno alle banche per ripagare quelli ottenuti tre anni fa e non ancora ridati e per comprare ancora un po’ di carta da parati sovrana di questa Repubblica, ma la situazione europea e italiana è chiara: fallimento. Punto, i dati della Bce sulla creazione di credito dicono questo, come il fallimento della stessa Eurotower nella creazione di massa monetaria M3 al livello prefissato, trovandoci a +1,4%, il tasso di crescita più basso da due anni a questa parte e lunarmente lontano dall’obiettivo del 4,5%: il dogma inflazionistico della Germania e dei fantasmi di Weimar ci stanno trasformando nel Giappone della “lost decade”. E Saccomanni lo sa, perché è persona intelligente e preparata: peccato che sia costretto a recitare a soggetto un copione scritto da altri, fuori dai patri confini.
Ora, cosa farà la Bce nel suo meeting di giovedì prossimo? Annuncerà subito la nuova asta Ltro o, come nello stile ormai consolidato di Mario Draghi, si limiterà a minacciarla? Per quanto ancora gli investitori internazionali faranno finta di credere al bluff dell’Eurotower, visto che di bluff si tratta? Gli acquisti di bonds stanno proseguendo sotto l’ombrello del programma Smp che di fatto non esiste più, perché sostituito del programma Omt che invece non esiste ancora e rischia di essere schiantato sul nascere dalla Corte costituzionale tedesca di Karlsruhe. Inoltre, non si riesce nemmeno più a sterilizzare quegli acquisti, sintomo che le banche non fanno uscire un centesimo più del dovuto in base al patto non scritto con i governi.
Per Goldman Sachs, «l’Asset Quality Review della Bce, basata sugli stati patrimoniali delle banche a fine dicembre 2013, potrebbe aver contribuito alla contrazione del credito nei mesi recenti». Potrebbe, non ha. E contribuito, non essere stata la causa. Perché il credit crunch su imprese e famiglie va avanti dal 2011, ovvero da quando si compì il grande incesto tra debito sovrano, Stati e banche per abbassare artificialmente gli spread e permettere alla Bce di non violare il proprio statuto. Oggi, poi, siamo di fronte alla deflazione e il fattore che maggiormente dà forza a questo scenario è l’eccessiva forza dell’euro, apprezzatosi del 4,5% sul dollaro nel 2013, poiché non solo ostacola ogni tentativo di ripresa ma spinge l’inflazione ulteriormente al ribasso rispetto all’obiettivo del circa 2% prefissatosi dalla Bce.
Quanto durerà, in questa condizioni macro, la tregua reale sui mercati e sugli spread, caro ministro? Tanto più che, a differenza di quanto pensassi fino a una settimana fa, il “taper” della Fed sta creando già qualche problema sui tassi d’interesse, vedasi quelli Usa e quelli dei Bund, ma soprattutto sui mercati emergenti, le cui equities tra giovedì e venerdì scorsi sono crollate del 4% su altissimi volumi. L’ultima volta che il mondo ha conosciuto un scossone dei mercati emergenti, però, l’America era ancora il primo consumatore al mondo: ora non è più così, come dimostra questo grafico: e se dovesse davvero partire un “Taper tantrum” nello stile di quello vissuto nell’estate del 2013 – e di cui abbiamo risentito gli echi sui mercati nel finire della scorsa settimana – chi pensa che trainerà la ripresa globale, caro ministro? E soprattutto, cosa succederà ai bonds di quei paesi i cui spread sono artificialmente bassi ma i debiti realmente altissimi, senza fare nomi?
Probabilmente Lei starà pensando, “E se cadesse un meteorite sull’Italia”, bollandomi come fanno molti di negativismo cosmico. Può essere che abbia ragione Lei, ma qui si sta parlando del destino del Paese e sono certo che, in cuor suo, Lei avrà l’onestà intellettuale di ammettere che mai come oggi l’Italia sia a rischio concreto di fallimento o ristrutturazione forzata del debito. Così come sa che il 2014 porterà misure di “repressione finanziaria”, ovvero patrimoniali e prelievi forzosi, nonché bail-in bancari (vedi Mps): perché è scritto nei Trattati e nelle nuove regole europee, è stato sancito dal caso Cipro, dove non a caso non si sono fatti molti distinguo tra euro, dollari o rubli. Si è preso da tutti, indistintamente.
Quello spread a 197 è una farsa, lo sa Lei come lo so io: perché non ammetterlo, caro ministro? Se ritiene invece che io sbagli, la prego di dimostrarmelo con le parole e le cifre. Sarò l’uomo più felice del mondo nel doverle chiedere scusa e ammettere i miei torti. Ma so che non lo farà. Non per mancanza di volontà, ma perché non può. Lei sta svolgendo un mandato che impone la negazione della realtà come unica legge. Chi decide è altrove, non certo a Roma. Cordialmente.