La svolta epocale in Generali al momento si limita a un nuovo presidente: Gabriele Galateri di Genola, ex presidente di Mediobanca e di Telecom Italia, ha sostituito Cesare Geronzi, che si è dimesso sfiduciato dalla maggioranza dei consiglieri del gruppo assicurativo. La nomina di Galateri è stata voluta in particolare da Mediobanca, principale azionista del Leone di Trieste. Non è un particolare ininfluente: significa che la banca d’affari milanese vuole contare ancora, eccome, nella compagnia triestina. E Galateri di sicuro seguirà questa indicazione.
Tutt’altro aveva in mente Geronzi. Il banchiere di Marino preferiva un Leone che progressivamente allentasse la presa da parte di Mediobanca: per questo auspicava una diluizione del controllo dell’istituto di Piazzetta Cuccia. Per due motivi. Il primo è che, come ha detto l’economista Giulio Sapelli, “le assicurazioni funzionano bene se il loro assetto azionario tende a essere una public company. Soltanto l’azionariato diffuso permette la crescita lenta e costante, la stabilità, la buona reputazione”.
Il secondo motivo è che Geronzi temeva una potenziale, eccessiva intromissione nella conduzione del gruppo da parte delle fondazioni (Crt e Cariverona), azioniste di Unicredit, maggior socio di Mediobanca. Dietro gli enti, e in particolare dietro l’ente creditizio torinese Crt, presente nell’azionariato di Generali anche attraverso il socio Effeti, il banchiere di Marino scorgeva la figura sempre più chiara e ingombrante di Fabrizio Palenzona, vicepresidente di Unicredit e uomo ponte tra fondazioni, banche e politica.
Il piano di Geronzi è però fallito. L’esito dello scontro in Generali è stato così descritto dall’economista Tito Boeri, di certo non simpatizzante con Geronzi: “I vincitori nello scontro di potere sembrano ancora tutti appartenere al capitalismo relazionale italiano: si passa solo da una costellazione all’altra. Nuovi giochi di palazzo al posto dei vecchi. Ritorna in gioco Unicredit che, con Profumo, si era tirata fuori da Mediobanca e Generali. E ritorna in gioco Mediobanca”.
Insomma, mentre veniva defenestrato il banchiere di sistema per antonomasia, ovvero Geronzi, è un pullulare di operazioni di sistema: dallo stallo imposto al patto di Edison per fermare la crescita dei francesi di Edf, alla cordata in fieri fra Cdp (Cassa depositi e prestiti), banche e partner industriali per contrastare l’avanzata della francese Lactalis in Francia, passando per l’operazione finanziaria a sostegno del gruppo Ligresti architettata da Unicredit per sventare l’assalto della transalpina Groupama, fino alla moral suasion istituzionale (della Banca d’Italia e del Tesoro) per la ricapitalizzazioni delle banche con il concorso fondamentale delle fondazioni creditizie, tornate quanto mai attive e determinanti.
La nomina di Galateri comunque può segnare anche una ritrovata pace fra i soci e i vertici di Generali. Uscito di scena Geronzi, che sognava un Leone determinante e centrale nel capitalismo e nella finanza italiani – non a caso nell’intervista al Financial Times aveva ipotizzato un intervento di Generali nelle ricapitalizzazioni delle banche e nelle infrastrutture strategiche come il Ponte sullo Stretto – adesso il management del gruppo triestino, a partire dal group ceo, Giovanni Perissinotto, potrà concentrarsi a fondo sul business, avendo al suo fianco azionisti che gli hanno consentito di defenestrare l’ingombrante Geronzi che, attraverso la conduzione dei comitati interni, voleva di fatto influenzare la gestione del Leone.
Con la mozione di sfiducia contro Geronzi, alcuni dei rappresentati dei soci – come Lorenzo Pellicioli di De Agostini, l’oligarca ceco Petr Kellner, il segretario generale di Crt, Angelo Miglietta, per non parlare del patron di Tod’s, Diego Della Valle, uno dei principali artefici dello scossone – si attenderanno di certo dal vertice di Generali riconoscenza e sostegno, più di quanto finora hanno potuto godere.
Si vedrà, quindi, se Perissinotto e Sergio Balbinot, l’altro amministratore delegato del Leone, riusciranno a evitare la sensazione che ha avuto Geronzi a Trieste, come ha rivelato nel giorno delle sue dimissioni in un’intervista al direttore de Il Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli: la compagnia è eterodiretta.