“Un’operazione come quella che ho in mente e che stiamo facendo non può essere organizzata da Silvio Berlusconi”. A dirlo è Stefano Parisi, leader del movimento politico Energie per l’Italia, candidato sindaco per il centrodestra alle ultime comunali di Milano. E’ Berlusconi a benedire l’aggregazione delle sigle che dovrebbero formare la “quarta gamba” liberale della futura coalizione di centrodestra alle politiche del 2018. Ma Parisi teme un’operazione di facciata che inganni gli elettori (“dico no anche ad un governo di grande coalizione con il centrosinistra”). Dall’economia all’Europa, ecco il suo programma.
Parisi, il recente incontro dei centristi a Vicoforte con Zanetti, Cesa, Fitto, Costa, Quagliariello, Tosi e altri, non l’ha soddisfatta, par di capire.
Io sto costruendo da più di un anno Energie per l’Italia per recuperare la fiducia persa da tanti italiani verso la politica. Per farlo, servono una forte indipendenza e parole chiare all’opinione pubblica. Io non credo che la somma di piccole sigle posta sotto l’egida di uno dei partiti del centrodestra possa risolvere il problema.
E’ stato Berlusconi a benedire l’iniziativa dell’ex ministro Costa.
Un’operazione come quella che ho in mente e che stiamo facendo non può essere organizzata da Silvio Berlusconi. Se questa iniziativa la si vuole, deve essere indipendente e forte.
Lei cosa vuol fare? Una via di mezzo tra Forza Italia e Lega?
No. Cerco un’interlocuzione diretta con il popolo che crede nei nostri valori e che sente il bisogno di un nuovo rapporto di fiducia con le istituzioni. Si tratta di ridare speranza al futuro del paese.
Di quali valori sta parlando?
La sinistra ha messo al centro del sistema l’individuo e lo stato. Noi mettiamo al centro la famiglia, le radici giudaico-cristiane della nostra civiltà, lo stato laico, il diritto di famiglia, la libertà della donna. I programmi e le ipotesi di sviluppo del nostro paese vanno costruiti intorno ai contenuti portanti della nostra storia. Il centrodestra dovrebbe ritrovarsi non tanto su un buon rapporto tra i leader, ma intorno a questi valori. Altrimenti rischia di vincere le elezioni ma di non riuscire a governare.
Questa è la sua proposta. Gli altri ci stanno?
Sono moltissime le associazioni cattoliche e laiche che si stanno avvicinando o hanno già aderito al nostro movimento. Che la singola sigla venga o no con noi è importante per i giornali, ma secondario per l’opinione pubblica. Ripeto, non serve una somma di soggetti che risultino dalla diaspora di Forza Italia, serve un soggetto nuovo.
Come e con chi vi presenterete alle prossime politiche?
Con una nostra lista. Se ci saranno le condizioni lo faremo all’interno della coalizione di centrodestra. L’unica cosa che chiediamo è che la coalizione sia chiaramente di centrodestra e che non prenda in giro gli italiani, sciogliendosi il giorno dopo il voto per consentire ad alcune forze di andare al governo con la sinistra.
Lei sa che questo è molto probabile.
Sì ed è per questo che la condizione che ho detto è irrinunciabile. Per cinque anni ho sentito parlare di “tradimenti”, perché tante persone hanno lasciato Forza Italia per andare altrove. Ora però non vorrei che il “tradimento” lo facesse un intero partito nei confronti del proprio elettorato. Io penso che il cosiddetto vincolo di mandato sia un vincolo morale. Se il centrodestra si presenta come coalizione ma non dice parole chiare sul futuro del governo, noi non ci stiamo. Gli italiani sono già stati presi in giro da Renzi. Sarebbe ingiusto che lo facesse anche il centrodestra.
Da quello che dice si capisce che il suo interlocutore naturale è ancora Berlusconi.
Il nostro interlocutore naturale sono gli italiani. All’interno degli schemi politici, nostri interlocutori sono tutti coloro che vogliono fare un governo di centrodestra.
Però lei non andrà mai col Pd.
No, non ci andrò. Ma dico no anche ad un governo di grande coalizione con il centrosinistra. Non per motivi ideologici ma a ragion veduta: le politiche di Renzi e di Gentiloni hanno portato all’impoverimento del paese, all’individualizzazione e dunque alla distruzione della nostra composizione sociale e a uno statalismo spinto che ha portato al continuo aumento del debito pubblico.
L’errore di Renzi?
Renzi ha speso 10 miliardi per gli 80 euro che non hanno prodotto né crescita né occupazione, ma il Def destina solo 300 milioni a competitività e innovazione. Risorse esigue in un capitolo di spesa che, invece, ha dato prova di potere fare molto per la crescita, come testimonia la ripresa degli investimenti trainata da Industria 4.0. L’esperienza di imprenditori scesi in politica come Alberto Bombassei, che ha promosso in modo fattivo l’Industria 4.0, rappresenta un grande contributo di razionalità. Se Renzi avesse seguito di meno il consenso facile e di più l’apporto concreto di uomini di impresa, oggi l’Italia non sarebbe nelle condizioni in cui si trova.
Torniamo al voto del 2018. Anche lei dovrà pur presentarsi con una coalizione.
Non è detto. Se quella di centrodestra è una coalizione chiara e senza ambiguità sicuramente staremo insieme. Diversamente, non ho intenzione di partecipare. Non sono pronto a negoziare il mio convincimento con una leadership opportunista.
Le piace la legge elettorale?
No, perché non lascia liberi gli elettori di scegliere i parlamentari e nemmeno di votare per il partito che vogliono. Condivido per la prima volta l’appello che Di Maio ha fatto al presidente della Repubblica (sul Corriere di ieri, ndr). Il diritto di voto, non essendo libero perché coartato verso le coalizioni, risulta distorto: l’elettore che vota per un piccolo partito vale meno di un elettore che vota per uno grande. E’ una legge che nasconde i partiti dietro al nome del candidato all’uninominale e produrrà un altro Parlamento di nominati.
Cosa farà il 22 ottobre al referendum lombardo per l’autonomia?
Voterò Sì, pur sapendo che il referendum non avrà un effetto immediato. La nostra Costituzione prevede una proceduta per l’autonomia delle Regioni che non passa da un referendum come quello lombardo e veneto, però se il referendum risulterà vincente sarà un grande messaggio per ripensare il nostro assetto istituzionale.
Cos’è il federalismo per lei?
Aumentare la responsabilità dei sindaci e dei governatori rispetto alle risorse delle Regioni, lasciandole nei territori. Migliorare la macchina amministrativa, rendendo i cittadini più liberi dal centralismo e dall’oppressione fiscale.
Cosa pensa dell’Europa?
Penso che l’Italia debba stare in Europa. Il nostro problema non è la Merkel ma il debito pubblico. Dobbiamo smettere di chiedere in ginocchio a Bruxelles di lasciarci aumentare il deficit e il debito, e dobbiamo per prima cosa tagliare la spesa pubblica improduttiva. E dobbiamo stare nell’euro, perché un’Italia fuori dall’Europa e fuori dall’euro sarebbe finita.
In che rapporti è rimasto con Berlusconi dopo la sconfitta di misura subita a Milano e dopo il tentativo di mettersi alla testa di un centrodestra unitario?
I rapporti sono buoni; ci sono state molte incomprensioni, credo per il fatto che Berlusconi è stato condizionato da ostilità interne nei confronti del nuovo. Il ruolo e il peso di Berlusconi è importante perché rappresenta buona parte del centrodestra, ma penso anche che il centrodestra debba evolvere verso soluzioni nuove.
Troverete un accordo?
Berlusconi è stato un uomo d’azienda e un’innovatore. Questo mi fa credere che non abbia pregiudizi negativi nei confronti di chi innova.
(Federico Ferraù)