Il Pdl ha presentato oggi, alla Camera, un emendamento al testo sulle intercettazioni, il Ddl che dovrebbe essere votato nell’arco di una, massimo due settimane. La correzione, depositata dal capogruppo del Pdl in Commissione Giustizia, Enrico Costa, prevede che il contenuto delle intercettazioni non possa essere pubblicato fino all’udienza filtro. Fino ad allora non potranno essere pubblicate neanche quelle trascritte nelle ordinanze di custodia cautelare.
«Si tratta di una necessaria tutela dei cittadini che nulla hanno a che fare con il processo; rappresenta, inoltre, un adeguamento ai regimi europei e della disciplina delle intercettazioni ai principi costituzionali del diritto alla riservatezza», spiega, interpellato da ilSussidiario.net, l’onorevole Francesco Paolo Sisto, commentando il senso del testo in generale. L’emendamento di oggi, invece, è stato definito come un atto di mediazione tra le istanze di chi avrebbe voluto il divieto di pubblicazione tout court e chi, invece, l’assenza di limiti. Una mediazione, in realtà, già c’è stata. «Il ddl era nato con presupposti molto diversi, con un intervento più deciso rispetto all’attuale assetto normativo. L’intenzione iniziale era quella di impedire del tutto la pubblicazione di intercettazioni telefoniche», spiega, infatti, Sisto. «Si era tentato – continua – anche di poter impedire di disporre delle intercettazioni non utili alle indagini».
Il problema è che, nel tempo, si è venuto a creare un paradosso: «Spesso, anziché avere un punto di partenza probatorio verso una condotta di un individuo meritevole di indagine penale, ci si è accontentati di un clima di liceità generalizzato per intercettare chicchessia. Le intercettazioni, va sottolineato, non devono servire per individuare una prova che non esiste, ma per accertare l’esistenza di un fatto che si reputa ragionevolmente accertabile in base a sostanziali indizi». Svariati fattori hanno impedito di introdurre misure del genere. «Abbiamo subito l’intervento della Corte Costituzionale e della magistratura conservatrice, attacchi dai media che volevano mantenere la propria fetta di mercato sul gossip e non avere limiti e incursioni da parte del “fuoco amico”». Per queste ragioni, l’ultima versione risulta «decisamente edulcolorata, con emendamenti che hanno limato quelle misure che prevedevano l’equilibrio tra il diritto alla riservatezza e quello alla pubblicazione delle intercettazioni». Quindi, tutto da buttare? «Tutto sommato migliora la situazione. Meglio una riforma da 6+ che nessuna riforma».
Tornando all’emendamento di oggi «si tratta della logica conseguenza della patologia alla quale si è assistito in questi giorni – spiega l’onorevole -: mentre le intercettazioni devono servire per meglio individuare le responsabilità penali, oggi il processo penale, serve per pubblicare quelle intercettazioni che non hanno niente a che fare con il processo». La legge, nel suo complesso, se approvata contemplerà un «potenziamento delle norme esistenti con un potenziamento delle sanzioni. E un dimagrimento dell’utilizzo delle intercettazioni». Va in questa direzione una misura introdotta dallo stesso Sisto, e che adesso fare parte del ddl: «si fa divieto di pubblicare i nomi e le immagini dei magistrati che si occupano dei procedimenti penali. Il giudice, così, avrà il nome del suo provvedimento. Credo che ci sarà, così, qualche carriera politica e giudiziaria in meno»