Sono certo che questa volta nessuno parlerà di ingerenza della Chiesa nelle questioni dello Stato. Per due motivi: quando si arriva a questo punto, con porporati che scendono in campo direttamente, vuol dire che la situazione è davvero grave. Secondo, solo la Chiesa può permettersi entrate in tackle scivolato simili su argomenti così delicati e in momenti così tempestosi, visto che è estranea alla campagna elettorale. Fatta la premessa, ecco le parole: «C’è bisogno di una maggiore sensibilità degli istituti di credito verso il mondo dell’imprenditoria e dei giovani». Lo ha chiesto il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, in occasione della presentazione del progetto “Sosteniamo il lavoro” di Caritas e Pastorali giovanile dell’Archidiocesi. «Senza lavoro non si campa», ha sottolineato il porporato.
Parole semplici, da pane e salame come si dice dalla mie parti: parole che pesano come pietre, pronunciate nel momento più delicato da almeno un decennio per gli istituti bancari italiani e per la loro “mamma”, quella Bankitalia che ieri ha dovuto certificare l’ennesima crescita del debito pubblico e che sente gli echi del periodo oscuro di Fazio e Banca 121, Banca di Calabria, eccetera. E ancora: «Se dei giovani, magari qualificati e che hanno studiato presso la nostra università – ha detto Bassetti – avessero intenzione di aprire delle piccole aziende, dove poi anche altri loro coetanei possono essere partecipi, c’è bisogno degli istituti di credito che diano un avvio. E non dovrebbero avere paura in questo senso, perché la povertà poi porta alla povertà, anche degli istituti di credito. Se invece si riesce a sviluppare un’attività, poi chi ha ricevuto dona. Bisogna muovere una macchina che si è molto impantanata».
Il problema è uno solo: se le banche non hanno aperto i rubinetti quando dalla Bce arrivava un vero e proprio diluvio di liquidità senza un termine temporale di fronte, lo faranno adesso che l’Eurotower comincia a muoversi in modalità di tapering? Nemmeno per sogno. E qui casca l’asino dei tanti Robespierre da strapazzo che agitano la Commissione d’inchiesta sulle banche come uno spauracchio per guadagnare quattro consensi in campagna elettorale: dov’erano fino a ieri? Perché non hanno aperto bocca sul fatto che le banche incameravano liquidità, ma, rispetto al totale degli attivi, prestavano pochissimo ad aziende e famiglie?
La ragione c’è, ma è proprio quella inconfessabile: perché avrebbero dovuto negare e ribaltare la narrativa spacciata fino ad allora ai cittadini. Ovvero che il sistema bancario era sanissimo e solvibile. Non è vero e la dimostrazione è il fatto che l’addendum avanzato dalla Bce rispetto alla copertura degli Npl, ha mandato letteralmente nel panico l’intero comparto. E con esso, dichiarazioni alla mano, la politica. E per una volta mi trovo completamente d’accordo con quanto dichiarato da Renato Brunetta nell’intervista a La Nuova Venezia dello scorso fine settimana: «Il mio timore è che il sistema sia malato e le venete e le 4 risolte siano la punta dell’iceberg: il male non è isolato, basti pensare al veleno derivati e Mps è un’altra polveriera».
Sta arrivandoci addosso una valanga di proporzioni epiche e la colpa, sia chiaro, è solo nostra: sarebbe patetico prendersela con l’Ue, i falchi del Nord, la Germania, la Bce che finora ci ha letteralmente tenuto a galla. Se abbiamo nascosto dieci anni di consociativismo, clientelismo, malaffare e cosiddetto “capitalismo territoriale” o “di relazione” sotto il tappeto e adesso siamo ridotti in questo modo, la colpa è solo nostra. Quindi, al netto del timing da killer della proposta, anche la questione posta dalla Bce sugli Nppl trova una sua concretezza, paradossalmente, proprio in quanto sta emergendo – col contagocce – dalla Commissione d’inchiesta.
«Non solo secondo me o il mio governo, ma secondo la legge, questa è stata in qualche modo un’intrusione illegittima del Ssm nel diritto primario a livello comunitario», queste le parole del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, parlando proprio dell’addendum alle linee guida della Bce sui crediti deteriorati in un’intervista di ieri a CNBC. E ancora: «E questo è stato riconosciuto dai servizi legali del Parlamento europeo, ad esempio… Come governo siamo orientati a sbarazzarci alla velocità appropriata dei crediti deteriorati presenti nel sistema bancario, ma preservare la salute del sistema e creare credito sono due facce della stessa medaglia». Perché, allora, si è negato per mesi e mesi che quello degli Npl fosse un problema grave e reale, dicendo – di fatto – che la situazione era sotto controllo? Perché questo governo, sulla questione banche, così come sui conti pubblici, è stato di una irresponsabilità quasi senza precedenti.
La sola differenza con quello che vedeva Berlusconi e Tremonti ai ferri corti nel 2011 è il fatto che Gentiloni e soci non hanno dovuto fare i conti con la cartina di tornasole – soprattutto mediatica – dello spread, visto che hanno goduto interamente dello scudo degli acquisti Bce. Ora però la festa sta finendo, un po’ come per la Nazionale di Ventura che dopo ogni pareggio diceva che non esisteva una problema qualificazione: l’addendum, restando in tema calcistico, è stata la nostra Spagna, dopo che la questione è venuta a galla con la comunicazione della Bce, il panico è esploso. E a ragione: pensate forse che l’avvertimento, pesantissimo, arrivato l’altro giorno dalla Commissione Ue per bocca del suo numero due, il falco Katainen, sia legato solo a mance e mancette che il Pd sta elargendo da mesi e mesi pur di non crollare del tutto alle urne, presentando Def continuamente in deficit e con coperture virtuali come la lotta all’evasione? No, è stato un siluro alla credibilità personale di Pier Carlo Padoan, quando si dice che i politici italiani – di fatto – non dicono la verità ai loro concittadini su conti pubblici e loro risanamento.
È stato un commissariamento ex ante per chiunque vincerà le prossime elezioni, visto che la pagella finale sui conti l’Ue l’ha – non a caso – rimandata a maggio. Ed è stato anche un messaggio chiaro, ancorché per interposta persona, di Mario Draghi a Renzi e al Pd: non usatemi per la vostra campagna elettorale, chiamandomi in causa personalmente nella Commissione d’inchiesta o la tregua può finire anche subito, senza attendere urne e ritorno delle rondini. Siamo nei guai, seri. Meglio che il presidente Mattarella alzi il telefono e richiami a più miti consigli di comportamento istituzionale qualcuno, prima che diventi davvero troppo tardi.
Le Borse ballano, i bancari soffrono. Se Draghi smette di comprare per qualche giorno, anche lo spread tornerà a farsi sentire. Abbiamo scherzato con il fuoco fin troppo. Adesso serve serietà. Quindi, questo governo è totalmente inadatto.