Il maxiemendamento alla legge di stabilità promette cambiamenti radicali. Riforme latitanti per decenni saranno varate nell’arco di pochi giorni. O così, o il default, del resto. Le misure contenute nel provvedimento, infatti, sono il prezzo che dobbiamo pagare all’Europa perché ci consideri un Paese credibile, in grado di ossequiare le scadenze sul proprio debito. Ce ne sono anche diverse sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali.
«Si arriva finalmente a varare quei provvedimenti che, per anni, sono stati frenati in virtù unicamente di ragioni demagogiche», ragiona Paola Garrone, professoressa al Politecnico di Milano Economia dei servizi e delle reti raggiunta da ilSussidiario.net. «Il maxiemendamento – aggiunge – è in completa continuità con quanto espresso dalla manovra di agosto. Va a rafforzare, in particolare, due punti. Viene, anzitutto, introdotto il principio del potere sostitutivo. Laddove ci fosse una resistenza dei Comuni a effettuare le gare, il Prefetto, cui spetta l’obbligo della verifica, deve disporre un termine perentorio entro il quale provvedere. Se non lo farà, a quel punto provvederà il governo». La misura ha uno scopo ben preciso: «Si cerca di frenare – spiega – quanto accaduto negli anni passati. Quando i Comuni, aiutati da deroghe e incertezze di ogni tipo, hanno lasciato scadere tutti i termini possibili immaginabili e prolungato gli affidamenti senza bandire altre gare». Altra novità, l’introduzione di un comma che impone la trasparenza. «Viene richiesto di rendere pubblica la qualità del servizio. Certo, occorre capire con che modalità. Non basta pubblicare qualche numero, ma confrontare i dati resi espliciti, ad esempio, con la media nazionale».
La società che vince la gara, secondo il contratto di servizio, deve già rispettare una serie di parametri relativi a costi, servizi, investimenti e via dicendo. «Ma nei fatti, di fronte alle inadempienze, spesso si verificano delle dispute che rendono difficile dimostrare le colpe della società che gestisce il servizio. Con il nuovo principio, saranno date delle informazioni che in futuro, quando sarà rinnovata la gara, consentiranno all’opinione pubblica e agli altri concorrenti di farsi un’idea sulla qualità del servizio sino ad allora erogata».
Si tratta, inoltre, di una riforma obbligata: «Non si può fare altrimenti, data la situazione finanziaria di molti Comuni. Tuttavia, alcune limitazioni impediranno, correttamente, la svendita delle strutture, che rimarranno in mano pubblica, mentre sarà affidata ai privati esclusivamente la loro gestione». Si dovrebbe discutere su come tali proprietà patrimoniali andrebbero gestite. «È giusto che il patrimonio pubblico resti in mano ai cittadini. Non è detto che il soggetto in grado di tutelare maggiormente questo bene sia il Comune. Abbiamo infatti, in tal senso, svariati esempi di incuria. L’ideale sarebbe una fondazione di tipo patrimoniale. Potrebbe essere l’occasione di riflettere su una mossa del genere».