Dopo il passo falso di martedì sull’articolo 1 del rendiconto dello Stato, alle 11 di questa mattina il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, chiederà la fiducia alla Camera. Ieri, dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è giunta la richiesta di una «risposta credibile» del premier e del Parlamento. «La questione che si pone – recitava la nota del Quirinale – è se la maggioranza di governo sia in grado di operare per garantire adempimenti imprescindibili». Parole che, secondo Paolo Franchi, alzano verso l’alto l’“asticella della responsabilità”.
«Qualche stratagemma per venire a capo del rendiconto finanziario la maggioranza lo troverà – dice Franchi a IlSussidiario.net –. Ciò che è avvenuto però non può essere ridotto a un incidente di percorso causato da “28 pasticcioni”. Il governo, infatti, da tempo dimostra grande compattezza soltanto in occasione delle questioni di fiducia e delle leggi che riguardano il premier. E questo scivolone, in un quadro in cui le fibrillazioni e movimenti interni non si contano, sembra davvero l’ennesimo passo verso una crisi sempre più vicina».
Secondo lei, Berlusconi proverà in ogni modo ad arrivare fino a gennaio, scongiurando così l’ipotesi di un esecutivo tecnico e puntando tutto sulle eventuali elezioni nella primavera dell’anno prossimo, come scrive Maurizio Belpietro?
Non conosco i pensieri del presidente del Consiglio, ma mi sembra un’interpretazione piuttosto realistica. Berlusconi sa bene che un governo di transizione o di responsabilità nazionale che dir si voglia, segnerebbe la sua fine. L’ipotesi peggiore dal suo punto di vista, infatti, è quella che tutta una serie di mondi, di ambienti e di poteri diversi si saldino per “seppellirlo”, favorendo uno sbocco politico di questo tipo.
Viceversa, il voto in primavera vedrebbe di nuovo il Cavaliere nelle sue abituali vesti di combattente, secondo lo schema di sempre: Berlusconi contro il resto del mondo. Ma non è il solo a fare questi calcoli.
A chi si riferisce?
Sembra proprio che Umberto Bossi preferisca andare in battaglia alla guida delle proprie truppe, pur sapendo che la montagna potrebbe franare. Certo, le crepe iniziavano a vedersi già dalle ultime elezioni amministrative, ma è altrettanto vero che nessuno oggi può sapere cosa resterebbe di Lega e Pdl dopo un anno e mezzo di un governo Monti. E se per i due leader del centrodestra vale il detto “simul stabunt, simul cadent”, nel centrosinistra le cose non sono poi così diverse se si parla di Pier Luigi Bersani.
Non a caso Walter Veltroni torna a chiedere con forza il governo d’emergenza.
Esatto. In un quadro così complesso, infatti, anche al segretario del Pd conviene andare al più presto alle elezioni. Magari addirittura con l’attuale legge elettorale, che, come sappiamo, assicura un grande potere ai leader di partito.
Di conseguenza l’opposizione interna dà battaglia sul referendum anti-Porcellum, sul governo di unità nazionale e sulla leadership. E si verificano così alleanze inusitate come quella tra Veltroni e il “rottamatore” Matteo Renzi. Bisogna riuscire a distinguere però tra le tradizionali liti di bottega e alcune questioni di fondo.
Cosa intende dire?
Il dibattito interno al Pd sui contenuti della lettera della Bce, ad esempio, apre degli interrogativi che non possono rimanere senza risposta.
Da un lato, infatti, c’è chi, come Veltroni, dice che il centrosinistra una volta al governo dovrà applicarla alla lettera. Dall’altro, Stefano Fassina e diversi esponenti dalemiani la rifiutano praticamente in toto. La domanda a questo punto è: il centrosinistra al governo inizierebbe davvero a licenziare i dipendenti pubblici? Accetterebbe la logica del “commissariamento europeo” sposando la linea Trichet anche se probabilmente in Francia e Germania potrebbero vincere presto coalizioni rosso-verde?
Forse sono interrogativi troppo impegnativi per una sinistra che faticherebbe a rispondere a responsabilità anche meno pesanti.
La questione però è aperta: affideremo la risoluzione di tutte le nostre questioni irrisolte a una lunga fase di “decantazione” o torneremo a votare fra qualche mese con lo schema e i protagonisti di sempre?
(Carlo Melato)