Questo Trump sarà come un melone, impossibile prevederne il sapore fin quando non lo si apre. Tanto che il businessman cinese più ricco e potente del mondo, Jack Ma – fondatore di Alibaba: un colosso grande dieci volte più di Amazon – è andato a Davos, al World Economic Forum, e ha tenuto un discorso che di primo acchito è sembrato durissimo contro il biondone americano, ma che, a leggerlo controluce, sembra invece fatto apposta per compiacerlo. E se Ma si è comportato così non sarà stato un caso.
Cos’ha detto l’uomo che fattura 1000 miliardi di dollari vendendo di tutto a 600 milioni di acquirenti in Cina e in Asia? È sembrato contrattaccare rispetto alle accuse trumpiane alla Cina: “Non siamo stati noi a rubarvi il lavoro. Le aziende americane si sono arricchite immensamente tenendosi la proprietà intellettuale e la tecnologia, e mollando la manifattura a Cina e Messico”: innegabile. Ma è proprio quello che dice Trump! “Dove sono finiti quei soldi? 4,2 triliardi sono andati a finanziare 13 guerre all’estero. 19,2 triliardi sono stati bruciati da Wall Street nella crisi del 2008”: come negarlo? Ma Trump dà la colpa di questi sperperi a Obama! “Cosa sarebbe successo se voi li aveste investiti in industria, educazione, infrastrutture? Quando ero un professore squattrinato in Cina, un cercapersone costava 8 dollari al produttore, e 250 al consumatore. Ibm e Microsoft facevano più utili delle più 4 più grandi banche cinesi messe insieme: che fine hanno fatto quei profitti? Facile: i paperoni di Silicon Valley e Wall Street che ora piagnucolano sulla vittoria di Trump li hanno portati in paradisi fiscali, o bruciati nella turbofinanza”: musica per le orecchie del Presidente!
E non basta. Jack Ma ha declinato la sua personalissima visione dell’American Dream, il sogno americano, anzi del “world dream”, il sogno mondiale, quando ha spiegato perché il suo film preferito è Forrest Gump: perché riconosce in Alibaba qualcosa del peschereccio di Forrest: “Nessuno fa i soldi pescando balene: la gente fa i soldi pescando gamberetti. E questo vale anche per il nostro sito”. Bisogna dire che ad aver notato soprattutto la faccenda dei gamberetti – e in quel senso – si dimostra di essere un po’ fissati con i soldi: e del resto, se Jack Ma non lo fosse, non avrebbe mai creato dal nulla in dieci anni il più grande impero privato mondiale mai visto sulla Terra.
Ma il cinesino rampante (anzi: rampato) è andato ben oltre. Su Trump ha esplicitamente chiesto di lasciargli del tempo, perché lo considera – dopo averlo incontrato – una persona “dalla mente aperta e capace di ascoltare”. E ha concluso: “La Cina e gli Usa non avranno mai una guerra commerciale”. Del resto, Ma è stato tra i pochissimi imprenditori stranieri che Trump ha incontrato prima dell'”incoronazione” e gli ha offerto aiuto – boom! – perché le piccole e medie imprese americane possano vendere i loro prodotti attraverso il network di Alibaba. Secondo Jack Ma, questo potrebbe fruttare agli Usa circa un milione di posti di lavoro.
Dunque un calmante sulle bruciature delle polemiche trumpiane contro la Cina. E del resto, nell’altra Cina, Taiwan, il colosso industriale dei colossi industriali, la Foxconn, leviatano da 300 mila dipendenti dov’è stato prodotto anche il computer Apple su cui quest’articolo viene scritto, ha lanciato non un ramoscello d’ulivo a Trump ma un intero bosco di ulivi, offrendo di investire, d’intesa con la stessa Apple, ben 7 miliardi di dollari per spostare la produzione dei display dalla Cina al territorio americano. L’azienda potrebbe scegliere come sede della nuova fabbrica lo stato della Pennsylvania. Viene fuori che, facendo i conti, i cinesi si sarebbero accorti che ormai, con l’automazione che c’è, produrre i display negli Usa costerebbe meno che importarceli dalla Cina. Sarà: guarda caso, se ne accorgono solo ora che rischiano il “no” della Casa Bianca.
La verità è che il neoprotezionismo trumpiano, sostenuto dalle spese militari più grandi del mondo (di molte lunghezze), dal Pil più grande del mondo, e dai consumi più voraci del mondo, fa paura. Difficile litigare con gli Usa, quando fanno la faccia feroce: difficile per tutti.