Leggete con me questa affermazione agghiacciante: “Il Patto di stabilità e crescita dell’Eurozona funziona benissimo… (con la chiusura della procedura per deficit eccessivo per il Regno Unito) i paesi membri ancora nella parte correttiva del patto sono solo due, rispetto ai 24 della primavera del 2011 e speriamo che nel 2018 il numero arrivi a zero”. Così ha parlato Pierre Moscovici, Commissario europeo, commentando i risultati dell’Italia ed esprimendo preoccupazione per i nostri conti pubblici. La lettera inviata al ministro Padoan si concentra sulla cosiddetta differenza riguardo alla misura dell’aggiustamento strutturale del deficit che per il governo italiano sarà nel 2018 dello 0,3% del Pil, mentre per la Commissione europea dovrebbe essere limitato allo 0,1%. Uno scarto che vale 3,5 miliardi di euro.
Davanti a dichiarazioni siffatte c’è da porsi la domanda se esse altro non siano che espressioni di dominio, di riaffermazione di potere in un’Europa dove governi importanti, a partire da quello tedesco, non riescono a formarsi, ma che funziona col pilota automatico delle decisioni assunte certamente in un trattato internazionale, come è il Fiscal Compact, ma che non sono più rimesse in discussione con il mutare della ciclicità economica europea. Il richiamo di Moscovici è diretto a riaffermare il duopolio che domina l’Europa: la Francia, risorta a nuovo europeismo sotto le vesti di un rinnovato gaullismo (un pasticcio che Dio solo sa dove andrà a finire), e una Germania che continua imperterrita a ritenere che la strada della deflazione sia l’unica percorribile.
Ma è proprio qui che il duopolio potrebbe incrinarsi: continuare con questa miserabile politica della lesina vuol dire imporre anche alla Francia, in assenza di svalutazioni competitive, solo svalutazioni interne, abbassando i salari e mortificando la domanda interna e, ancora, tagliando la spesa pubblica di cui ci sarebbe oltremodo bisogno proprio ora che qualche rimbalzo si avverte nell’economia mondiale ed europea.
Gli ordini affluiscono alle imprese, i magazzini si riempiono, e quindi i manufatti devono essere venduti e trasformati in merce, e per far questo è necessario che cresca la massa salariale e il reddito rivolto alla spesa, come hanno ricordato recentemente sia Ignazio Visco, sia Mario Draghi. L’ossessione invece sul debito pubblico, sul divieto degli investimenti pubblici, non fa che impedire il ritorno a una sana e non artificiale circolazione monetaria generata tanto dal credito all’industria quanto dal reddito speso dalle famiglie.
Dalla dichiarazione di Moscovici e dalla politica economica che vi è dietro promanano effetti contrari che aumentano il divario tra i risultati economici e la produttività totale dei fattori tra le varie nazioni. A questo proposito la dichiarazione di Moscovici è agghiacciante. Se vi sono divari economici tra le nazioni, e ve ne sono, lodare il fatto che ormai 22 paesi su 24 hanno raggiunto l’insano obiettivo di diminuire così drasticamente la spesa pubblica, altro non fa che diffondere deflazione in tutta l’Europa dominata ormai da una pulsione ideologica al pareggio di bilancio, quali che siano le condizioni economiche delle singole nazioni, ciò che non potrà che portare l’Europa alla catastrofe economica e sociale.