L’apertura di una procedura d’indagine da parte della Commissione europea per il prestito ponte di 900 milioni di euro dato dal Governo ad Alitalia è quasi un atto dovuto. Così come dovrebbe essere dovuta la trasparenza nel comunicare al contribuente i risultati del primo trimestre del 2018 e i dati relativi alla gestione commissariale. È infatti possibile trovare i dati di tutte le compagnie aeree quotate senza alcun problema, da cui è possibile vedere come il settore aereo ha accumulato, durante l’estate scorsa, benefici miliardari in Europa: tranne Alitalia che ha perso 31 milioni di euro. Le continue proroghe in questa opera procedurale non solo non servono a nulla, ma stanno allungando un processo di vendita che sembra sempre più un’opera di Samuel Beckett.
Le tre offerte in campo, tra cui quella che sembra essere più credibile è quella di Lufthansa, nascondono invece una quarta offerta sotto il tavolo: l’interventismo da parte dello Stato tramite i soldi del contribuente. Analizzando le tre offerte è tuttavia possibile notare come Lufthansa continui a chiedere (a distanza di quasi un anno dall’inizio del processo di commissariamento) una razionalizzazione della compagnia. Alcuni rumors hanno indicato anche 4.000 esuberi su poco più di 8.000 dipendenti della parte volo (secondo il sottoscritto sono esagerati).
Easyjet è invece interessata agli slot (forse l’unica cosa di valore rimasta in Alitalia), soprattutto su Linate per diventare il vero protagonista su Milano (dove ha già il 40% di traffico di Malpensa), mentre Wizz Air ha un modello di business e una struttura di costo simile a Ryanair (è l’unica compagnia ad avere dei costi simili alla compagnia irlandese) e quindi non sembra essere troppo attraente per il Governo.
È chiaro che Alitalia non ha più possibilità di portare avanti una strategia stand alone ormai da anni, ma la politica non sembra essersene accorta. Gli ultimi passi del Governo e le dichiarazioni di diversi partiti politici sembrano invece indicare la strada pubblica, rilanciando la compagnia con i soldi del contribuente. È vero che Alitalia soffre del fatto che non ha mai avuto investitori forti: com’è possibile competere con Air Italy che comprerà/prenderà in leasing nel giro di 4 anni 50 aerei nuovi su Malpensa (di cui 30 a lungo raggio)? Come competere con colossi da oltre 100 milioni di passeggeri quando ormai la quota di mercato passeggeri di Alitalia è minuscola in Europa (circa il 2%)? Addirittura nel 2017 la quota di mercato dei passeggeri dall’Italia verso tutti i mercati internazionali di Alitalia è crollata all’8,5%. Meno di un passeggero su dieci che si reca all’estero utilizza ormai Alitalia.
Non bisogna poi dimenticare un altro punto essenziale: la procedura di Commissariamento serviva anche a “recuperare” la situazione aziendale per poi ripagare parte dei creditori della vecchia Alitalia ormai fallita lo scorso anno. Non stiamo parlando di pochi soldi, dato che i debiti ammontavano a circa 3 miliardi di euro. A questo punto, è bene capire che la decisione della Commissione europea poco cambierà la situazione in cui versa la compagnia italiana e i vecchi creditori non rivedranno molti soldi. Le stime effettuate (che speriamo possano essere confutate dai Commissari) non sono certo benauguranti, poiché nel primo bimestre del 2018 la compagnia potrebbe avere perso anche due milioni di euro al giorno.
Infatti, se anche i ricavi fossero aumentati del 5% e i costi ridotti dell’8% grazie all’azione dei Commissari rispetto allo stesso periodo del 2016 o 2017, la perdita potrebbe essere stata di 120 milioni di euro tra gennaio e febbraio 2018. Il punto da comprendere è che l’azione dei Commissari è limitata e la compagnia, senza grandi investimenti, difficilmente può competere con i grandi operatori, tanto più con un mercato sempre più concentrato e complicato.
Il rischio è dunque quello che Alitalia si trasformi sempre più in un’opera surreale dove lo Stato gioca il ruolo di attore protagonista: una pièce già vista.