I centristi vogliono che si candidi alle prossime elezioni e che riunisca una volta per tutte quell’area moderata che mai come oggi, a pochi mesi dal voto, ha bisogno di ritrovare la giusta direzione. Mario Monti, però, almeno per ora, non sembra avere intenzione di appoggiare l’ipotesi di una lista che porti addirittura il suo nome. Fini e Casini intanto premono e sperano, con il primo che si dice convinto che “la società civile si deve organizzare perché Monti resti presidente del Consiglio” e con il secondo che assicura di stare lavorando “perché alle prossime elezioni politiche Monti sia richiamato in servizio permanente ed effettivo dalla politica stessa e sia investito dalla gente della possibilità di continuare a lavorare”. Non la pensa allo stesso modo Alfano, secondo cui “per fare un governo politico occorre candidarsi alle elezioni e avere la maggioranza delle elezioni”. Riguardo a ciò, ha aggiunto il segretario del Pdl, è opportuno che si pronunci lo stesso Monti “senza che altri si ergano a suoi interpreti e portavoce”. Abbiamo chiesto un ulteriore commento a Fabrizio Rondolino, giornalista, scrittore e firma politica del quotidiano Il Giornale.
Cosa pensa del pressing dei moderati su Monti?
Coloro che si autoproclamano “moderati”, che alla fine rappresentano una fetta molto esile dell’attuale schieramento politico, sono gli stessi che sono sopravvissuti culturalmente alla prima Repubblica consociativa e che oggi si dicono pronti a costruire l’architrave della terza Repubblica.
Chi sono in particolare?
Sono sostanzialmente i democristiani, o ciò che ne resta, che vent’anni dopo ancora non hanno capito che il sistema politico italiano è di fatto polarizzato su due schieramenti, di centrosinistra e di centrodestra. In passato qualsiasi ipotesi terzista non ha funzionato, se non come agente di disturbo delle due formazioni maggiori. La funzione storica dei democristiani centristi, infatti, è proprio quella di condizionare, tendenzialmente in cambio di qualcosa, uno dei due schieramenti.
Riccardi, Montezemolo, Olivero, Bonanni. I nomi che per ora emergono sono questi…
Ad eccezione di Montezemolo, sono proprio coloro che rappresentano quella parte di cui parlavo in precedenza. Prendiamo Bonanni, rappresentante di un sindacato che ha partecipato a devastare il sistema italiano: a fronte di questa responsabilità nei confronti del declino dell’amministrazione pubblica di questo Paese, non capisco proprio come faccia adesso a presentarsi nel ruolo di rinnovatore.
Quanto è realistica tutta questa operazione su Monti?
A mio giudizio quest’operazione non ha alcuna possibilità di riuscita e non credo che Monti possa davvero mettere la faccia in tutto questo.
Un eventuale partito di Monti chi dovrebbe raccogliere per poter rappresentare davvero qualcosa di nuovo?
Questa è sicuramente la domanda più importante a cui non è facile rispondere, ma ribadisco che Monti difficilmente vorrà parteciparvi, per un motivo in particolare.
Quale?
Perché Monti vuole diventare presidente della Repubblica. Sarà anche un uomo disinteressato e al servizio del Paese, ma è evidente che due conti se li è fatti pure lui, arrivando probabilmente alla conclusione che 7 anni al Quirinale sono meglio di altri due stentati a Palazzo Chigi. I cosiddetti “montiani”, per rispondere alla domanda di prima, non è chiaro quindi a chi si rivolgano, visto che al momento in Italia l’unica cosa davvero da fare è ricostruire il centrodestra. A tutti i centristi consiglierei dunque di mettersi al lavoro per raggiungere questo obiettivo.
Si dice che un Monti candidato alle prossime elezioni potrebbe dare garanzia ai mercati sulla continuità della politica italiana dell’ultimo anno e rassicurare le varie cancellerie. Cosa ne pensa?
Riagganciandomi al discorso che facevo prima, è molto più probabile veder salire Monti al Quirinale, così queste garanzie diventerebbero automaticamente settennali. Da presidente della Repubblica Monti continuerebbe comunque ad avere un peso rilevante, basti vedere quanto fatto da Napolitano in questi ultimi mesi, quindi sarebbe in tutti i casi una garanzia di equilibrio sia a livello interno che esterno. Non sono però di certo i mercati a dover spingere Monti ad andare al governo perché, fino a prova contraria, in Italia c’è ancora il suffragio universale. Innanzitutto voteremo quindi per un governo politico, niente di più.
(Claudio Perlini)