I sindacati hanno rotto la trattativa con Whirlpool e hanno indetto 12 ore di sciopero. Il ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi, ha risposto convocando le parti per lunedì prossimo. Il nuovo piano industriale della multinazionale americana prevede il taglio di 1.350 dipendenti e la chiusura dello stabilimento Indesit di Carinaro in Campania, del centro di ricerca di None in Piemonte e di un terzo stabilimento. Nel 2013 il governo, Indesit e la famiglia Merloni avevano sottoscritto un patto che escludeva la chiusura di stabilimenti e qualsiasi esubero fino al 2018. Era prevista inoltre una clausola di salvaguardia in caso di cessioni. Whirlpool, che ha acquistato dalla famiglia Merloni, ha implicitamente accettato quell’accordo, ma ora ha deciso di non rispettarlo. Ne abbiamo parlato con Ugo Bertone, giornalista economico.
La Whirlpool ha deciso di non rispettare i patti sui livelli occupazionali. Come valuta questo atteggiamento?
L’atteggiamento della Whirlpool dimostra semplicemente che le garanzie legali in questi casi sono scritte sulla sabbia. La convenienza di un quartier generale Whirlpool non è una controparte qualsiasi, ma una realtà con una strategia mondiale. L’accordo che escludeva esuberi fino al 2018 è certamente valido dal punto di vista legale, ma è stato siglato da Merloni. Il ruolo di quest’ultima oggi non è più riconosciuto dai vertici italiani di Whirlpool che rispondono alla logica di un quartier generale lontano dal nostro Paese. Nel contesto dell’economia globale patti come quello in questione rischiano di saltare. Il comportamento di Whirlpool è assolutamente disdicevole, ma fa parte delle regole del gioco del momento in cui ci troviamo.
È ancora possibile un’industria degli elettrodomestici in Italia?
Noi stiamo difendendo una grande tradizione e una grande competenza tecnologica. In un settore come questo l’asticella si sposta però con grande rapidità. Un certo tipo di lavorazione basic deve essere svolto fuori dall’Italia, perché c’è una differenza di costi non indifferente e non c’è nessuna barriera tecnologica che spinga a privilegiare il nostro Paese e soprattutto l’indotto italiano. È una parabola molto simile a quella dell’automobile, che ha assistito a un formidabile dimagrimento delle strutture aziendali italiane cui se siamo bravi può corrispondere lo spostamento verso una nicchia più alta in termini di competenze e di brand.
I sindacati hanno scelto di rompere la trattativa. È una strada che può pagare?
È una strada obbligata, in quanto i sindacati sono stati coinvolti nei precedenti accordi, li hanno firmati e ora il patto è stato violato. Rompere la trattativa è segno di un minimo di dignità da parte di un sindacato che rivendica un ruolo di rappresentanza per il Paese. Ci sarà poi un’eventuale fase successiva in cui si riapriranno le trattative. Anche perché bisogna riconoscere che da parte di Whirlpool viene tutelato e concentrato il know-how di Varese, mentre a subire le conseguenze più gravi è soprattutto lo stabilimento di Caserta.
Renzi aveva salutato in modo positivo l’ingresso di Whirlpool in Italia. Adesso su questa vicenda si gioca la faccia?
Entro certi limiti sì. Il presidente del consiglio si era presentato anche a Termini Imerese parlando dell’arrivo dei cinesi. Ci sono azioni di politica economica generale su cui non stiamo brillando, anche se a essere positivo è il clima generale che porta in Italia qualche investimento. La vera partita per Renzi è la credibilità nei confronti dei lavoratori.
In che senso?
Se cercassimo qualche effetto-annuncio in meno rispetto alla politica industriale e procedessimo su un terreno più profondo sarebbe meglio. Sbandierare i successi prematuri non è la strategia più seria, né quello che paga a lungo andare. In questo senso il presidente del Consiglio non ha fatto una bella figura, come non l’ha fatta in diverse altre occasioni, per smania di sbandierare il risultato senza le dovute garanzie.
Il ministro Guidi ha detto di essere contraria agli esuberi. A questo punto come fa a risolvere la situazione?
Il ministro ha già convocato le parti, e ora vedrà che cosa può offrire a Whirlpool per mantenere un insediamento produttivo in Italia e cercare di abbassare il costo dell’operazione. Non credo che possa fare molto di più. Dal punto di vista occupazionale la coperta è corta, soprattutto in zone che godono di pessima fama anche dal punto di vista dell’ordine pubblico e democratico. Un intervento del ministro è assolutamente necessario, ma non credo che si possano offrire a Whirlpool occasioni per rimangiarsi una scelta di strategia industriale.
(Pietro Vernizzi)