La sconfitta del governo nel voto segreto sull’emendamento alla riforma del Senato “non è il remake dei 101 ma nel merito lascia l’amaro in bocca: ci possono essere dissensi, ma viene scritta una pagina non positiva”. Sono le parole del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ha citato i 101 parlamentari del Pd che in occasione dell’elezione del presidente della Repubblica avevano votato contro la candidatura di Romano Prodi. Ne abbiamo parlato con Stefano Folli, notista politico de Il Sole-24 Ore.
Quanto è grave secondo lei la sconfitta subita ieri dal governo?
Questo voto non è da sottovalutare, ma dimostra che c’è un fortissimo malessere nel Parlamento che è anche interno al Partito Democratico. Il governo si salva perché i voti segreti saranno limitati al massimo. C’è stato uno scivolone sull’emendamento relativo ai temi etici, ma non tale da modificare la struttura della riforma. Se ci fossero numerosi voti segreti credo che i problemi del governo non sarebbero gestibili. Bisogna tenere conto di questo malessere, che non è soltanto un attaccamento alle poltrone. A tutto ciò è possibile fornire una risposta politica, e mi sembra che ieri Renzi nel suo discorso abbia cercato di farlo.
Quale deve essere secondo lei la risposta politica?
In questo momento non ci sono i margini per mediare sull’elettività del Senato. Anche se resta il fatto che per approvare una riforma costituzionale occorrono quattro letture parlamentari, e quindi eventualmente ci sarà tempo di affrontare la cosa più avanti. In questo momento la mediazione passa soprattutto dalla riforma elettorale. E’ l’Italicum con le sue contraddizioni che pesa sulla riforma del Senato, non si può parlare di due questioni distinte. E’ giusto cercare un compromesso sulla legge elettorale, anche se poi occorrerà un accordo per modificare alcuni aspetti della riforma costituzionale. Se così non fosse diventerà difficile riformare un istituto così rilevante come il Senato in un clima da corrida. Occorre una mediazione anche politica sul Senato, può darsi che non si riesca a ottenerla adesso ma ci sono altre tre letture. L’agenda di Renzi prevede prima il Senato e poi l’Italicum.
Va cambiata approvando le due riforme in parallelo?
In un certo senso è proprio quello che è stato deciso nel momento in cui si è detto che ci sono molte cose da correggere nell’Italicum. E’ stato quindi avviato un percorso parallelo, anche se non sarà così dal punto di vista delle procedure. Io ritengo che andasse prima sciolto il nodo della legge elettorale, e poi affrontato quello del Senato. C’è il tentativo di rimediare a un percorso che è stato fatto commettendo alcuni errori.
Quanto sta avvenendo è paragonabile ai 101 che hanno affossato Prodi al Quirinale?
Il malessere c’è, è forte e il governo si tutela con il fatto che il voto è quasi sempre palese. I voti segreti porterebbero alla luce questo malessere di fondo che c’è nel Partito Democratico. D’altra parte Renzi porta avanti la sua battaglia politica pensando all’opinione pubblica, cui si rivolge costantemente contro il Palazzo. Quello su cui si sta muovendo è un sottile equilibrio, ma non credo che il suo atteggiamento di fondo cambierà. Spero però che capisca che alcuni punti di mediazione devono essere affrontati, partendo dalla legge elettorale, anche se in prospettiva bisognerà correggere la stessa riforma costituzionale.
Quali sono le vere radici del malessere che è emerso ieri?
Sono tante cose che si intrecciano, c’è anche un malessere rispetto a una leadership che si vuole manifestare come molto forte. A ciò si aggiunge l’idea di una riforma della Costituzione che viene fatta in modo molto brusco e determinato, e a cui il nostro dibattito politico non è minimamente abituato.
(Pietro Vernizzi)