Le difficoltà che la Germania sta attraversando per formare un governo trascendono la politica tedesca e riguardano tutta l’Europa. L’affermazione sembra banale e scontata, ma le implicazioni sono forse più ampie di quello che sembra. Politicamente l’Europa oggi è condotta dall’asse franco-tedesco in cui la Germania ha un ruolo predominante; la conclusione più immediata che si dovrebbe trarre è che qualsiasi cambiamento nella politica tedesca si riflette anche sulla politica europea. La tentazione però è quella di assumere che non possa cambiare nulla nella politica che la Germania ha con le istituzioni europee e il resto dei Paese europei.
Questo tema è stato il cuore delle discussioni negli ultimi mesi. In particolare la questione è come tenere insieme un continente in cui convivono Paesi con performance economiche diversissime e in fasi del ciclo economico differenti. Senza meccanismi di redistribuzione, che esistono in qualsiasi altra unione monetaria, le differenze sono destinate ad aumentare alla fine diventando insostenibili. Imporre ai Paesi perdenti e periferici il rientro dell’esposizione verso i creditori senza alcuna contropartita ha come unico esito la situazione greca.
I “populisti” tedeschi alle ultime elezioni non sono riusciti a “sfondare” e sono stati, con molta fatica, contenuti. Le trattative per la formazione del governo tedesco sono fallite proprio per una diversità di vedute tra Fdp e Cdu sulle politiche europee e in particolare sul meccanismo di funzionamento del fondo “salva-stati”. La questione centrale è come l’Europa si comporta quando un Paese va in crisi o, più semplicemente, quando c’è la crisi. Se un Paese va in crisi o c’è la crisi e alcuni membri dell’euro non solo non possono fare politiche anticicliche, ma devono fare “austerity” per rientrare nei parametri europei mentre altri possono farlo, il risultato è una divaricazione delle performance che alla lunga diventa insostenibile. La risposta sarebbe un fondo europeo, finanziato da tutti, che si incarica di fare investimenti nel Paese colpito in cambio, sostanzialmente, di cessione di sovranità. Che la cessione di sovranità avvenga da singolo Paese a Paesi dominanti e non all’Europa è una questione che dovrebbe interessarci molto, ma in questo caso non è il punto. Quello che conta è che la Fdp si è dimostrata molto poco flessibile sulle ipotesi di creazione di un fondo salva-stati che verrebbe pagato anche dai contribuenti tedeschi.
La Bce è stata l’unica vera forza “aggregante” dell’euro, ma si è capito ormai chiaramente che non basta; questa idea è ormai condivisa. Una risposta possibile sarebbe la creazione di un fondo salva-stati; probabilmente non è sufficiente e pone enormi problemi di “democrazia”, ma è comunque una proposta che riconosce il problema. Se le trattative tedesche sono fallite sull’Europa, il dubbio che sorge è cosa possa succedere in caso di nuove elezioni. In particolare il timore diffuso è che i “populisti” escano rafforzati dalla nuova tornata elettorale. In questo caso il fondo salva-stati diventerebbe quasi impossibile e in più aumenterebbero gli attacchi alla politica monetaria della Bce.
Chiunque guardi anche solo il dato sulla disoccupazione nei Paesi europei capisce chiaramente che la costruzione attuale, così com’è, non è sostenibile e che ha bisogno di cambiamenti strutturali. Se a questa costruzione non solo non vengono aggiunti correttivi ma viene minacciata anche l’unica forza aggregante la conclusione, come minimo, è un’altra crisi europea. La Germania uscirebbe da questa crisi con un surplus fuori da ogni regola europea, essendosi rifiuta di pagare il costo dell’unione monetaria mentre l’Italia faceva l’austerity, e un sistema industriale in gran spolvero che negli ultimi anni ha beneficiato di un tasso di cambio molto più basso di quello che avrebbe avuto senza l’euro. Il principale concorrente, l’Italia, invece ha perso quote decisive di base produttiva. La tentazione di non pagare il conto, per i tedeschi, sarebbe forse irresistibile.
Le pressioni per un coinvolgimento della Spd nel governo che eviti nuove elezioni hanno sullo sfondo l’Europa su cui sono appena fallite le trattative per un nuovo governo; più che la politica europea è la costruzione europea in realtà a essere in discussione.