La novità: anche la Germania si sta rendendo conto che le soluzioni al problema della crisi di fiducia al riguardo degli eurodebiti non possono essere solo nazionali. Finora Berlino era rimasta ancorata al principio che ogni nazione dovesse riconquistare la credibilità finanziaria attraverso riordinamenti interni con solo un minimo intervento europeo. Tale posizione era ed è basata sulla priorità di non far pagare ai tedeschi un costo per salvare altre nazioni considerate meno virtuose e di non uscire dalla crisi attraverso un rialzo dell’inflazione, il secondo rischio collegato all’azione di acquisito di titoli da parte della Bce.
Come mai la Germania sta cambiando idea? Perché il contagio di sfiducia che era partito dalla Grecia, a causa della posizione tedesca che non voleva il salvataggio totale del debito di questa e premeva per un’insolvenza parziale, dopo aver toccato Spagna e Italia, sta arrivando alla Francia. E se Parigi crolla non c’è modo di salvare né l’euro, né l’Unione europea. Draghi, infatti, ha manifestato apertamente la preoccupazione di una crisi letale per la moneta unica. Merkel ha riconosciuto che la dissoluzione dell’euro comporterebbe quella dell’Ue. Tutto il mondo, compresa la Banca centrale giapponese, ha lanciato appelli nei giorni scorsi affinché Berlino cambiasse atteggiamento e accettasse un modello di soluzione definitiva della crisi per evitare una crisi globale. E Merkel ha risposto accettando l’idea di revisionare i trattati dell’Eurozona nel prossimo eurosummit ai primi di dicembre.
Quali le possibili soluzioni? Per non svendere i titoli di debito euro-denominati il mercato pretende una garanzia totale e credibile che tutti i debiti saranno ripagati. Se otterrà tale garanzia la crisi dell’Eurozona, e quella bancaria dovuta al deprezzamento dei titoli di debito messi a capitale di riserva nei bilanci della banche, cesserà di colpo con sollievo di tutti noi. Ma cosa può convincere il mercato che tale garanzia ci sia? Solo due cose, pienamente: (a) dare il permesso alla Bce di agire come prestatore di ultima istanza, illimitato, con la facoltà di comprare titoli di debito se questi sono deprezzati dal mercato per sostenerli, di fatto stampando moneta; (b) convertire tutti i debiti nazionali nell’Eurozona in un solo euro-debito garantito da tutti. O una delle due, ma tutte e due congiuntamente sarebbe la soluzione perfetta.
Tecnicamente, il rischio di inflazione è molto basso e il vantaggio di ridurre il costo di rifinanziamento del debito è elevatissimo, in particolare per le nazioni più in difficoltà e per l’Italia il cui debito è monumentale. Ma ambedue tali soluzioni hanno un elevato rischio politico, in particolare una ribellione dell’elettorato tedesco all’idea di dover garantire i debiti altrui e di rischiare inflazione per riuscirci.
La Commissione europea ha preparato infatti tre varianti della seconda soluzione: conversione totale, cioè un euro-debito unico garantito da tutti; conversione parziale, cioè parte dei titoli di debito restano a responsabilità nazionale e parte a garanzia totale; euro debito unico, ma con responsabilità proporzionale delle nazioni per ripagarlo.
La Bce sta intervenendo sul mercato dei titoli più massicciamente di quanto le sarebbe permesso. La buona notizia è che si sta andando verso una soluzione europea. La cattiva è che la Germania resisterà a quella più efficace. Ma ne parleranno, per la prima volta in questo formato, Merkel, Monti e Sarkozy, giovedì prossimo. L’attesa è che ci sia un compromesso, non perfetto, ma probabilmente in grado di salvare l’euro a un centimetro dal baratro.