A tratti questo referendum costituzionale presenta aspetti di schizofrenia. E’ talmente concitata la rissa tra gli opposti schieramenti, che appare difficile trovare il bandolo della matassa tra i supporter del Sì e del No, o almeno una linearità politica, anche una coerenza rispetto agli obiettivi che in genere si pone un uomo politico. Piuttosto inelegante, per usare un eufemismo, il termine usato da Matteo Renzi, quello di “accozzaglia” per chi si schiera a favore del No. Nelle varie risposte, compresa quella della “scrofa” grillina, c’è tuttavia il riflesso di una partita che è stata troppo caricata (soprattutto da parte di Renzi sin dall’inizio) e che, a pochi giorni dal risultato, sta facendo saltare i nervi a tutti, al premier, ai suoi alleati e agli oppositori.
Se nel No si sono schierati i “residuati” della “prima repubblica” e alcuni che si scagliano quasi con un livore antico contro Matteo Renzi, la lista delle ultime adesioni al Sì suscita più di una perplessità. L’altro ieri è comparso improvvisamente uno dei nomi più impopolari nell’Italia di questi anni. E’ il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, il più infelice “rigorista” dell’Unità Europea. Il simbolo dell’austerity più intransigente. Schäuble lo ha ripetuto due volte nel giro di una settimana: “Se fossi italiano io voterei per Renzi, voterei per il Sì”. “Voterei Renzi — aggiunge e specifica il ministro della Merkel — anche se non appartiene alla mia famiglia politica”.
Il fatto lascia un po’ tutti di stucco, perché in questi mesi e anche in questi giorni si è accentuato il contrasto tra Italia e Unione Europea, ma soprattutto, e inevitabilmente, il confronto con la Germania sulla flessibilità, sui parametri da rispettare e in genere sull’austerity, che i luogotenenti di Angela Merkel cercano di salvaguardare a tutti i costi.
A qualcuno potrebbe anche girare la testa pensando che il “principe del rigore” italiano, Mario Monti, ha dichiarato di votare per il No e ha aggiunto in una successiva dichiarazione che da “quando mi sono schierato in questo modo, non mi saluta più nessuno, tra i vecchi amici”. Naturalmente “vecchi amici” dovrebbe essere l’areopago dei consulenti delle grandi banche d’affari, soprattutto quelle anglosassoni che hanno già fatto ripetuti endorsement a favore di Renzi. Si tratta di “amici” che formano una delle “caste mondiali” indubbiamente tra le più esclusive.
In genere, sinora si assisteva a dichiarazioni un po’ sobrie e un po’ sbracate. Che dire ad esempio di Massimo Cacciari, il perenne “incazzato” della politica e della cultura italiana? Cacciari spiega: “Questa riforma è una porcata”. Ah! “Ma io voterò Sì”. Perché? “Perché se no, non si vota più e non si riforma più nulla”. Su questa argomentazione, Cacciari è una sorta di capofila, che può essere tradotto in questo modo: voto Sì anche se voto per una porcata. Bah!
Più coinvolgente e più insinuante Romano Prodi. L’uomo del pendolino che non piaceva a Leonardo Sciascia e per altri motivi non piaceva neppure a Enrico Cuccia, spiega: “Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio Sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento delle nostre regole democratiche, soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”. In una recente intervista-libro di Marco Damilano, vicedirettore dell’Espresso, Missione incompiuta, Prodi viene più volte definito come un keynesiano. Forse per questo si schiera contro Monti ma accetta di stare con Schäuble, che quando sente parlare di Keynes viene preso da malore? Siamo alle interpretazioni da retrobottega. Strano che Prodi, fino a qualche giorno fa, dichiarasse che non avrebbe mai dichiarato per chi votava, “neppure sotto tortura”. Chissà se qualcuno gli ha ricordato pendolini, cambi dell’euro, “bilanci al derivato” e soprattutto la raffica di privatizzazioni effettuate dopo aver avuto diverse esperienze di consulenza internazionale.
Ma nel gioco degli endorsement si è lanciato anche il croupier lussemburghese Jean-Claude Junker. Junker. In un raro (ma non troppo) momento di sobrietà, si è lasciato andare a un appello quasi lirico: “Non so se sarei utile a Renzi dicendo che vorrei che vincesse il Sì. Mi limito a dire che non vorrei vincesse il No. L’Italia è una grande nazione e Renzi ha contribuito a questo. Bisogna ammetterlo. Vorrei che il paese riprendesse il suo posto fra i grandi attori dell’Unione. L’Italia fa parte dell’Europa in modo essenziale. Se la perdessimo come architetto, ispiratore, artigiano dell’Europa, non sarebbe più la stessa cosa”. C’è qualche soggetto fuori posto nella dichiarazione di Junker, ma il concetto per il Sì è chiaro. E quello che ci si aspetta dal croupier del Granducato è già molto.
Non va dimenticata la dichiarazione del ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier: “Non sono preoccupato per l’esito del referendum in Italia: sono certo che Renzi avrà il successo necessario”. Ma francamente non gliene frega nulla a nessuno, se non per rimanere stupiti che, mentre si accentua il divario sull’austerity e sull’immigrazione tra Italia e Germania, avviene poi un riavvicinamento sul Senato italiano e sul Titolo V della nostra Costituzione.
Su tutti questi endorsement, che si allineano poi ai giornali più famosi, tranne l’Economist, c’è una strana sensazione. C’è chi sostiene che, ad esempio, l’endorsement di Schäuble potrebbe essere un “bacio della morte” per Renzi, più che un vantaggio. Anche Juncker non scherza come portatore di disgrazie premeditate. E non si scommette solo su questo. C’è chi sostiene la scientificità maligna di alcuni e la semplice fama di “menagramo”.
I conti tra malignità, menagramo e endorsement convinti alla fine però si pareggiano. Se ad esempio il No di Mario Monti sposta mezzo milione di voti e forse più al Sì, ecco che arriva il Sì di Elsa Fornero che, secondo un allibratore inglese, potrebbe spostare un milione e mezzo di voti a favore del No.
Se non è schizofrenico un referendum come questo, non esiste la schizofrenia.