Siamo ormai al trentesimo giro di valzer in quel di Montecitorio, nel tentativo di eleggere i membri della Corte costituzionale. Membri laici, cioè designati dal parlamento, che nella visione dei padri costituenti dovevano riequilibrare le opinioni dei membri togati, cioè provenienti dalla giurisdizione, nell’ottica di favorire l’equilibrio tra poteri dello stato nell’andare a sentenza sulla materia costituzionale.
Ma questo parlamento, figlio delle lotte interne del Pd, non contento di aver preso in ostaggio nella disputa tra bersaniani e renziani tutte le istituzioni della repubblica, consuma l’ultimo duello sulla nomina dei giudici costituzionali con uno scopo ben preciso da parte del presidente del Consiglio: impedire la designazione di qualsivoglia membro della Corte contrario all’Italicum. Singolare in questo senso il tentativo del Matteo fiorentino di proporre anche i nomi degli altri per prendere due piccioni con una fava. Così è venuto fuori il nome di Pitruzzella presidente dell’Antitrust, la cui nomina con conseguente spostamento avrebbe permesso a Renzi di mettere in quella posizione, ideale per controllare l’affaire Vivendi-Telecom tanto caro a Mediaset, un uomo di sua fiducia.
La sostanza della politica renziana è infatti occupazione del potere e Renzi sa che, venendo meno nel tempo il consenso, un partito o un sistema regge se può fare fuoco da tutte le posizioni possibili. Ma a fare la fronda questa volta ci hanno pensato non solo i soliti bastian contrari della minoranza ma anche gli inossidabili centristi alla Casini ed alla De Mita nipote. Perché?
Semplice. Renzi non solo è in ritardo nel pagare i debiti della pubblica amministrazione, ma anche quelli politici. Deve a Casini un incarico internazionale prima della fine della legislatura e a De Mita molto di più per l’operazione De Luca in Campania. Solo allora probabilmente calerà lo score di cento voti totalizzato dal carneade Piepoli in queste ultime tornate.
È sempre più un senato fiorentino vissuto nel segno del veleno e del pugnale, il nostro parlamento. Pochi lampi in aula dove non si discute di nulla e molti scintillii nel buio. E lo sdegno dei presidenti Boldrini e Grasso altro non appare che la copertura necessaria per la rinnovata prepotenza del giovin signore. O mi date i giudici disposti a validare l’Italicum, affossare i referendum e chissà cos’altro ancora o vi delegittimo ancor più di quanto non lo siate (i parlamentari) dandovi in pasto ai media compiacenti. Ma nel segreto delle urne la fragilità di Berlusconi e l’inesperienza dei grillini che sembrano preparare l’ennesimo via libera ai desiderata di Renzi potrebbero a sorpresa forgiare nuove lame per lo scontro finale.