Gli hedge funds stanno sfregandosi e mani. E ne hanno tutte le ragioni. Dire, come hanno fatto le autorità europee, «faremo di tutto per salvare l’euro», è uno degli inviti più irresistibili a shortare la divisa comune europea.
E, grafici di andamento alla mano, i livelli di resistenza, consolidamento e supporto dell’euro nei confronti del dollaro lasciano aperte ipotesi di ritracciamento serio dei corsi valutari. Nel grafico sottostante, vedete dei picchi – in gergo definiti “candele” – ognuno delle quali rappresenta l’andamento di un mese di trading.
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La prima forte area di supporto è all’incirca a 1,25 dollari, il livello più alto della banda di consolidamento: questo garantì un buon supporto nel 2008 e nel 2009 e fu il punto di lancio per l’uptrend del 2006. Il picco più basso di questa area di consolidamento si pone invece attorno a 1,19 dollari, cambio che garantì una buona area di supporto nel 2004 e 2005 e operò come resistenza nel 1999 e nel 2003.
Insomma, se l’euro riuscisse a mantenersi su questo livello ottimale di combinazione tra supporto e resistenza potrebbe rimbalzare e porsi nella banda di consolidamento in cui si pose nel 2004 e 2005 che oscillava tra 1,19 e 1,25 dollari. La prospettiva peggiore, quella su cui stanno scommettendo i fondi, è che invece sotto quota 1,19, livello che potrebbe rapidamente far scivolare l’euro al livello di supporto più basso, ovvero 1,03 dollari: un livello di supporto molto significativo nel 2003.
A oggi tutti si aspettano un rimbalzo limitato a poche settimane, per poi cedere alle pressioni di downtrend: aspettiamoci quindi un salto in avanti, ma non vediamolo come un corso su cui puntare grazie all’intervento delle istituzioni. È l’esatto contrario, il mondo degli investitori sta shortando l’euro. Quello che ci attende a breve sarà quindi un ambiente ideale per i traders e pessimo per gli hedgers, anche a causa delle forte volatilità che vedrà i traders preparati a rimbalzi e breakouts repentini: poi, si passerà ai trend di consolidamento e la trappola a spirale della banda più bassa di supporto potrebbe essere la realtà. La stessa su cui i vari Soros operanti sottobanco stanno scommettendo.
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E in Europa, cosa accade? Chi crede a questa prospettiva nel bailamme dell’entusiasmo degno di miglior causa di questi giorni? Un dato su tutti dovrebbe farci riflettere sulle reali intenzioni del paese guida dell’Unione, quello che ha operato da kingmaker del grande salvataggio: la Germania sta comprando oro a man bassa, il bene rifugio per eccellenza che infatti in questi giorni ha toccato quotazioni mai viste – 1237 dollari all’oncia – e richieste sul mercato ai livelli del crack Lehman Brothers.
I produttori stanno lavorando a ritmi senza sosta per riuscire ad andare incontro alla domanda di monete d’oro che provengono dal mercato, stando a un report di Ubs. Ovviamente lo stato di salute dell’oro beneficia anche della certezza dei mercati riguardo l’impossibilità per le banche centrali di alzare i tassi, ma la Germania sta ponendosi in chiara posizione di hedging rispetto al rischio di iperinflazione, una lezione imparata nel periodo tra i due conflitti mondiali.
Il fatto, poi, che nei portafogli di molti hedge funds stia entrando prepotentemente l’argento, che ha rotto in questi giorni il livello tecnico chiave sfiorando i 20 dollari, parla la lingua in una crisi che è ben lungi dall’essere risolta dal trilione messo a disposizione dall’Ue, versione burocratica del famoso milione del signor Bonaventura. I prossimi giorni ci diranno se veramente la crisi greca andava risolta in questo modo e se il problema del debito necessitava davvero denaro a pioggia, la vera dinamo della spesa e quindi di ulteriore debito.
In compenso ecco i punti in cui si articola la strategia messa a punto dalla Commissione guidata da Barroso per il nuovo patto di stabilità europeo. 1) Coerenza dei conti pubblici con il Patto di stabilità e un più profondo coordinamento delle politiche fiscali; 2) Ampliare la sorveglianza economica per prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici e di competitività; 3) Istituire un “semestre europeo” ogni anno per sincronizzare le valutazioni delle politiche economiche degli stati membri; 4) Creare un meccanismo permanente di prevenzione delle crisi, al di là delle situazioni di emergenza.
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La commissione metterà a punto le modiche proposte nella comunicazione di ieri in tempi strettissimi, con l’obiettivo di far partire il primo “semestre europeo” dei conti pubblici all’inizio del prossimo anno. Ovvero, quando l’euro potrebbe già essere il nuovo rublo. Gli hedge funds, sentitamente, ringraziano.
Si potessero shortare le istituzioni politiche e monetarie, Bce e Ue farebbero la fine di Enron nell’arco di un mese: default. Purtroppo, non si può. E rischiamo di pagare tutti noi il prezzo del ritardo e delle scelte sbagliate.