Mentre tutto il mondo tratteneva il fiato e seguiva i vari vertici fra banchieri centrali, ministri finanziari, premier, esperti, ecc. dedicati al caso Grecia e ai guai che il potenziale default di Atene (ancora non del tutto scongiurato) sta causando all’euro nella sua prima vera crisi da quando è nata, la finanza non è rimasta ferma.
Il mondo del business ha continuato a operare, a tessere le sue trame anche se ha ricevuto un’attenzione più bassa del solito da parte dei media, tutti concentrati appunto sulle vicende macroeconomiche, con le loro implicazioni monetarie e politiche.
L’instancabile presidente della spagnola Telefonica, Cesar Alierta, si è mosso con la sua consueta determinazione e ha annunciato il lancio di un’opa (Offerta pubblica di acquisto) ostile sul 50% di Brasilcel. Questa società è una joint venture paritetica con Portugal Telecom e controlla il 60% del capitale dell’operatore mobile Vivo, il principale del Brasile.
L’offerta che Alierta ha messo sul piatto è di quelle che non passano inosservate: 5,7 miliardi di euro per la quota in mano ai portoghesi, con un premio di quasi il 150% rispetto ai valori attuali di Borsa di Vivo. L’affare andrà via liscio, dunque? I portoghesi accetteranno questa offerta, porteranno a casa una ricca plusvalenza e lasceranno l’importantissimo mercato brasiliano in mano a Telefonica? E questa, dunque, perderà interesse per la partita italiana che sta giocando soprattutto perché la Telecom Italia di Franco Bernabé controlla Tim Brasil?
Quasi certamente no. I portoghesi hanno risposto in maniera sprezzante all’Opa di Alierta: “Gli spagnoli – hanno detto – continuano a comportarsi come dei conquistadores”. E hanno aggiunto che rifiuterebbero l’offerta spagnola anche se il prezzo venisse ancora aumentato, perché non hanno la minima intenzione di uscire dal Brasile: rappresenta già oggi più o meno la metà del fatturato di Portugal Telecom, ha prospettive di crescita incoraggianti, mentre il mercato interno portoghese, oltre a essere di limitate dimensioni, è ormai saturo, con scarse potenzialità di sviluppo.
Alierta sa bene tutto questo. E sa che la sua Opa non ha serie possibilità di successo: i portoghesi sono gli unici proprietari di quel 50% di Brasilcel sul quale punta investendo tanti soldi. E allora: con quale logica un manager così abile ed esperto si lancia in un’avventura che sembra non avere molto senso?
Questo comportamento va letto con la lente della globalizzazione. Nel senso che Alierta, negli anni, ha fatto di Telefonica una vera multinazionale, uno fra i principali player del mondo delle telecomunicazioni. E ora, superata la crisi seguita al grande crollo finanziario del 2008-2009, ha ripreso a correre, a muoversi sullo scacchiere internazionale.
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La partita brasiliana, uno dei paesi con maggiori potenzialità di crescita, è irrinunciabile e Alierta è disposto a sacrificavi molte risorse. I 5,7 miliardi messi sul piatto per l’Opa appena lanciata sono soltanto un assaggio. Con questa mossa il numero uno di Telefonica fa sapere a tutti che il suo gruppo ha di nuovo generato cassa, può investire, può eventualmente anche aumentare il suo indebitamento (peraltro già consistente) e vuole fortissimamente crescere.
Il suo attacco, ora, lo ha lanciato a Lisbona. Ma contiene un messaggio molto forte per Milano. Come si sa Telefonica, attraverso Telco, è azionista di maggioranza relativa di Telecom Italia. È di fatto un partner finanziario, non ha in mano la gestione del business. Insomma, fino a questo momento, non ha concluso un buon affare: anzi, l’investimento le sta provocando una minusvalenza. Quindi, prima o poi, Alierta si occuperà del dossier Telecom Italia, cercando uno sbocco.
La partita non è solo societaria, ma anche politica e molti sono i tavoli sui quali Madrid e Roma stanno discutendo di possibili business. Alierta ha fatto sapere che a quei tavoli, ovviamente, c’è anche lui. E adesso ha di nuovo molti soldi. E, a differenza di tanti altri almeno in Italia, è disponibile a spenderli.