E’ difficile allontanare alcune sensazioni: che la vittoria degli alfaniani su Berlusconi non abbia rappresentato altro che un episodio incidentale, che allo schioccare del capo tutti, o quasi, siano tornati all’ovile, che il progetto di riqualificazione del centrodestra sia destinato ad essere archiviato. E’ difficile perché, da quel voto di fiducia di Berlusconi contro se stesso, i protagonisti della rivolta hanno compiuto una serie di gesti che, in buona parte, sono sembrati improntati a ribadire la propria sottomissione al leader: non da ultimo, la conferenza stampa in cui i ministri del Pdl si sono dichiarati tutti berlusconiani, e le dichiarazioni di Alfano di ieri, dopo che Berlusconi gli ha imposto di scegliere tra il partito e il governo: «Con Berlusconi, costruiremo un grande centrodestra». In realtà, spiega Fabrizio Rondolino, sotto la cenere cova un conflitto ormai insanabile.
Prima sembrava che la scissone fosse alle porte. Ora non più.
In quest’ultima fase, dalla sentenza di Cassazione in poi, Berlusconi ha dato l’impressione di aver perso la trebisonda: oscilla da una linea all’altra con una velocità sempre più impressionante. Il partito somatizza quello che fa il leader. Detto questo, nella sostanza non cambia molto.
Cosa intende?
Non solo dal voto di fiducia in Senato, ma da molto prima, forse addirittura da prima delle elezioni, è iniziato il dopo-Berlusconi. Costituito, prevalentemente, da due forze: quella che tenterà di rifare il partito dei popolari italiani, ovvero l’ipotesi neocentrista, o la sezione italiana del Ppe; e quella dei “reduci”, dei duri e puri. Tutti i movimenti di adesso servono per capire come meglio riposizionarsi.
Attualmente, però, lo scontro pare sedato.
Beh, Santoro ha contribuito non poco al momentaneo ricompattamento del Pdl…
Giovanardi, su queste pagine, ha detto che Berlusconi farà il capo di entrambi i partiti…
I due partiti avranno, al massimo, il ritratto di Berlusconi nelle proprie stanze. La nascita stessa delle due formazioni, però, prevede che Berlusconi non ci sia più.
Quando accadrà tutto ciò?
Non so dirle esattamente quando. Ma, la scissione, ci sarà. Anche se finché il governo resterà in vita, e i falchi non torneranno all’attacco, l’interesse prevalente sarà quello di mantenere lo status quo. Quel che è certo, è che queste due anime faticano sempre più a convincere ed è interesse di entrambe separarsi. E’ indubbio, inoltre, che Berlusconi, tra l’età e la tenaglia giudiziaria, non potrà più essere il leader di un tempo. Molto, infine, dipenderà dalla legge elettorale.
Se resta il porcellum?
A quel punto, le due anime sarebbero costrette ad allearsi per contrapporsi alla sinistra. Tanto varrebbe non essersi separate. Altre leggi, invece, renderebbero possibile a ciascuno di correre per conto suo.
Scelta civica e Udc si aggregherebbero ai popolari?
Indubbiamente, molti degli esponenti dei due partiti, compresi Mario Mauro e Pierferdinando Casini, potrebbero essere della partita. Quel che c’è da capire è se tutti costoro daranno vita al “centrino”, l’ennesima forza minoritaria e inutile, o se riusciranno a diventare il nuovo centrodestra italiano, schiacciando Forza Italia sulla destra e relegandola ad essere un partito da una cifra. Insomma, ad oggi, i voti ce li ha ancora Berlusconi. Se i popolari si presenteranno come la nuova Dc, il loro fallimento sarà assicurato. Se riusciranno a proporsi come il nuovo punto di riferimento dei moderati, invece, potrebbero esserci delle sorprese.
(Paolo Nessi)