Pil, sempre Pil, fortissimamente Pil: in Italia, dicono i dati Istat, nel terzo trimestre il Pil scende dello 0,2% e si tratta del quinto calo consecutivo; l’Eurozona entra ufficialmente in recessione per la seconda volta in tre anni, lo dice Eurostat, che indica un calo dello 0,1% del Pil nel terzo trimestre per i paesi dell’euro e dello 0,5% nel 2012. A proposito, il Pil è diminuito pure dello 0,9% in Giappone. Gli altri paesi vivacchiano.
Dati catastrofici, dati che però dicono cosa accade, non perché. Già, perché accade tutto questo? Suvvia, accade quando sul mercato il combinato disposto di un difetto di domanda e un eccesso di offerta impalla tutto. Proprio l’alterazione del rapporto di scambio Produzione/Consumo esprime il connotato singolare della stagione economica contemporanea.
Già, ma sovrapproduzione di offerta o insufficienza della domanda? Sì, insomma, merci oltre la capacità di acquisto o acquisti insufficienti a smaltire quelle merci? Questi i corni del dilemma che interroga chi sbircia l’economia e che attendono risoluzione.
Chi suona il corno della sovrapproduzione invoca quei processi deflattivi del mercato efficiente, in grado di ridimensionare i prezzi delle merci; un aumento insomma del potere d’acquisto dei consumatori. L’altro corno, invece, viene sfregato da quelli che dicono: se la domanda risulta insufficiente si aumenti il numero dei consumatori per non mortificare la capacità produttiva. Prendono dei dati e li confrontano: gli Usa hanno un Pil di 15 trilioni di dollari e i consumi di 10; la Cina, Pil di 5 trilioni e consumi solo di 2. E così rintracciano aspiranti acquirenti.
I margini di crescita della domanda sono ficcati dentro quei Pil pro-capite dispari: negli Usa 46.400 dollari; nei Bric, paesi ad alta crescita, 35.000. In particolare: Brasile 10.200, Russia 15.100, India 3.100, Cina 6.600. Questo 43% della popolazione mondiale produce il 15% del Pil mondiale; gli Usa, con solo il 6% di popolazione, producono il 22% del Pil. Si scorge una gigantesca domanda potenziale per dare sostegno all’offerta.
Non è tutto oro quel che luccica: l’esercito di inoccupati di scorta consente ai produttori dei Bric di erogare, a chi lavora, redditi bassi; i consumi dentro quei confini ancor più bassi, le vendite oltre confine alte. I produttori d’oltreconfine si tengono la sovrapproduzione. Erogare, per quelli dei Bric, aumenti dei redditi da lavoro fa crescere il costo di quel lavoro e il costo dei loro prodotti; diminuisce l’appetibilità delle loro merci nel mondo; perdono mercati che non vogliono perdere, si apre il loro mercato che non hanno convenienza ad aprire. Lo mostra il deficit della bilancia commerciale Usa; lo conclama il controllo del valore di cambio della moneta cinese.
Proprio “Bricconi” questi: redditi bassi, prezzi competitivi, potenziali consumatori tenuti in stand-by; opportunità per creare nuove aziende per nuove merci – magari chic, pure hi-tech, finanche trendy; barricano l’ingresso al loro mercato e non solo. Intercettano i redditi insufficienti del mondo ricco a cui danno ristoro con merci low-cost e danno sostegno a un’altrimenti insufficiente crescita economica globale.
“Braccati”, invece, quelli che restano fuori: ancora eccesso di offerta, ancora insufficienza di domanda che brucia capacità produttiva e utili d’impresa; ancora renitenti a investire, magari parte dei profitti per contenere i prezzi, magari per rifocillare il potere d’acquisto, senza il quale non si smaltisce la sovrapproduzione, e con il quale invece si genera domanda che smaltisce o si può fare concorrenza, sui prezzi, proprio ai “Bricconi”.
Tal “braccati” per tutta risposta e scongiurare l’opzione invocano la reflazione. Si mostra così come quelle allergie deflattive curate con antistaminici reflattivi abbiano prima sedato il paziente e l’abbiano poi spedito in rianimazione.