Sono stato nelle Filippine a settembre. La prossima tigre asiatica, tempo dieci anni. Sono come eravamo noi negli anni ’50-60 del secolo scorso: poderosa domanda interna, cashflow vero, stocks pieni di soldi, costruzione di infrastrutture da tutte le parti. Insomma, un Paese vero, un’economia vera.
Perché scrivo tutto questo, apparentemente fuori tema, cose – tra parentesi – che un giornale di quelli molto “cool”, al quale ho inviato questi dati ha snobbato, con la spocchia provincialotta che affolla la mente di pensieri inutili e fasulli su Renzi, l’Europa, bla bla? Semplice: perché questa è la realtà, quella vera e viva, che sta costruendo il futuro, e noi siamo incatenati, intrappolati alla retorica dell’Ue riformanda, prossima chimera da puro “mindfucking”.
Ci vuole un risveglio da questa ipnosi dettata da un neo-eurocentrismo costruito a tavolino dai cinque presidenti della famosa Commissione che oggi stanno discutendo, di cosa? Di qualcosa che non può stare in piedi – e infatti hanno già procrastinato la cosiddetta necessaria riforma al 2017…-, semplicemente perché l’Europa è costruita su un assurdo logico, monetario ed economico: ha una currency, valuta, che è azzardato definire moneta, dicasi euro, fortissima, in buona sostanza, che stronca il cambio, e un’economia che non cresce. Mai esistita una roba così nella storia. E noi, invece, di tematizzare questo, ci lambicchiamo sul…come si chiama? Ah sì, fiscal board…che serve alla Germania per mettere tutti sull’attenti, come sta facendo da troppo tempo, nell’ignavia generale delle classi sempre più “digerenti”, anziché dirigenti di Paesi come il nostro, la Francia e la Spagna.
Si vuole cioè imporre per decreto il totalitarismo finanziario legittimandolo con la commissione dei cinque, un direttorio che nessun Paese accetterebbe di avere. Senza sovranità democratica, senza battere moneta, senza politica finanziaria e fiscale, i Paesi componenti l’Ue di fatto sanciscono la potenza del Quarto Reich, tutto qua.
Qui non c’è niente da rafforzare, nell’Ue, c’è da smantellare e tornare alla democrazia e alla crescita dei Paesi che liberamente scelgono la propria strada in un contesto internazionale fatto di rapporti dettati dalla teoria dei giochi e non dai giochi dei palazzi di Bruxelles. È la lezione dei grandi cattolici in politica e di von Hayek: il costruttivismo, imponendo l’ordine calato dall’alto, crea il caos sociale e distrugge la fiducia e le risorse che la sostengono. Tutto qua.
Sarà un caso che le Filippine, Paese cattolico, con un sano tasso di caos generativo al suo interno, cresca di un 5,6% di Pil che noi, invece, disgregati nell’identità e nella mens nazionale, si facciano i salti di gioia per un 0,8% raggiunto sommando tutto e addirittura interpretabile?