“Tutto comincia dalla fine”: Fausto Bertinotti, in questa intervista con ilsussidiario.net, ci spiega come si sia arrivati a una legge che, dice, “farebbe sorridere se di mezzo non ci fosse il rischio di porre fine alla democrazia”. “Siamo alla fine di un ciclo cominciato con l’avvento della seconda Repubblica” aggiunge, “che ha portato a una separazione drammatica tra élite politica e popolo, il quale risponde con una confusione altrettanto drammatica, non andando più a votare o votando per chi meglio di altri interpreta la protesta contro”. In un quadro come questo tutto è possibile: da larghe intese “che sono formule tecniche di governabilità, all’uomo forte che garantisca la coesione dell’élite politica ai danni del popolo”. Un quadro a tinte fosche.
Bertinotti, qual è la sua opinione sulla nuova legge elettorale?
Tutto comincia dalla fine. E’ stato un lungo ciclo cominciato con l’avvento della seconda repubblica, portato avanti con le mutazioni genetiche dei grandi partiti, quindi con i grandi cambiamenti costituzionali che hanno investito il parlamento depotenziando la rappresentanza popolare. Abbiamo assistito al quasi annullamento dei grandi soggetti politici che avevano fatto la politica italiana, i partiti di massa, le agenzie formative, e si è prodotta un crescente svuotamento della rappresentanza. Tale processo è stato confermato fino a raggiungere un esito paradossale.
Intende il Rosatellum?
Si è portata alle estreme conseguenze l’orribile filosofia della governabilità contro la rappresentanza. Si è fatta una legge che tutto fa tranne che garantire stabilità. La cosa farebbe sorridere se non ci andasse di mezzo la democrazia del paese. E’ la fine di un ciclo.
Lei dipinge un quadro assai fosco, quello di un regime scarsamente democratico, è così?
Quello che descrivo è ampiamente confermato dal fatto che il popolo non va più a votare. Viene in mente la famosa domanda del poeta Eliot: è la Chiesa che ha abbandonato il popolo o il popolo che ha abbandonato la Chiesa? Nel nostro caso è la Chiesa, cioè le istituzioni, che ha abbandonato il popolo.
Quale via di uscita da questo quadro? Lei sembra indicare che la politica abbia perso qualunque connessione con la realtà.
Realtà e politica sono due dimensioni separate. Le istituzioni sono una dimensione separata dal popolo, il quale a sua volta è scomposto, non vede salvezza nel quadro della “politica politicata”.
Cioè?
Vediamo che ogni forza politica si distanzia da un’altra o sta vicino a un’altra ma non sulla base di una visione politica, solo della convenienza. Quanta nostalgia per il tempo delle ideologie, quando l’elettore non era in balia degli umori quotidiani, ma investiva nel bisogno di futuro. La condanna dei ceti politici si misura con l’astensione e con il voto cosiddetto di protesta o populista, il basso della società che si arma contro le élite dirigenti.
Intanto, questa legge elettorale sembra sfociare come unica ipotesi nelle cosiddette larghe intese.
A meno di grandi sconvolgimenti una delle caratteristiche di questa condizione è l’instabilità. Sei mesi fa c’era qualcuno che poteva immaginare quello che sta succedendo in Catalogna? In questo disordine che nessuno è in grado di governare, come rispondono le classi politiche? Non affrontando la grande questione sociale, ma applicando delle tecniche di governo senza anima. E così ci tocca vedere o una grande alleanza dove tutti quelli che si possono mettere insieme lo fanno non perché hanno una prospettiva, ma perché difendono un recinto, oppure un leader bonapartista che attraverso la sua autorità sia in grado di produrre la coesione della classe dirigente. Per capirci: o il modello tedesco o quello di Macron.
Argomenti come lo ius soli o il testamento biologico che erano stati messi da parte, sono tornati all’ordine del giorno per l’insistenza di Renzi, Gentiloni, Minniti. E’ un modo per attrarre consensi da quell’area a sinistra del Pd che tanto li vorrebbe trasformati in legge?
Anche le questioni più importanti e sensibili, come quelle di due bambini che vanno nella stessa scuola, uno di questi è italiano l’altro no, frequentano la stessa classe, parlano la stessa lingua, è una questione elementare, ma non si discute di questo. Si discute di come ottenere qualche consenso in più. E’ la prigione che la politica produce sulle grandi questioni. Non c’è bisogno di ius soli, ma di una legge elementare che investa sul futuro.
Le improvvise dimissioni di Grasso che cosa nascondono veramente? La sua leadership a sinistra del Pd?
A me sembra siano significative per ciò che dicono della crisi del Pd e che non lo siano dal punto di vista di ciò che dovrebbe poter sorgere a sinistra, di cui non si vede traccia.
Cosa dovrebbe nascere davvero a sinistra del Pd?
Perché ci sia una rinascita della sinistra ci vuole l’uscita dal campo di gioco attuale.
In altri termini?
Non si può costruire un nuovo soggetto rimanendo in questo recinto. Non sei in grado d congiungerti né sentimentalmente né politicamente con quel popolo che è stato abbandonato.
In che modo farlo, allora?
Attraverso una mutualità, attraverso la solidarietà, per commozione, per relazione sociale: fai una mensa, fai una scuola, fai il soccorso scolastico, ospiti degli immigrati, costruisci una comunità. La politica nasce sul terreno dell’edificazione di nuove forme di organizzazione sociale sottratte al mercato e alla mercificazione.
(Paolo Vites)