Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha sottolineato che dopo l’approvazione del cosiddetto decreto del fare sono necessarie decisioni “ragionate e ragionevoli” su un eventuale rinvio dell’aumento dell’Iva che dovrebbe scattare in luglio. “Dobbiamo prendere misure ben ponderate, tenendo conto di tutti gli aspetti – le parole del ministro -. Abbiamo bisogno del tempo necessario per fare un’azione fiscale ragionata e ragionevole”. Stefano Fassina, viceministro dell’Economia e membro della segreteria del Pd, a ilsussidiario.net spiega che in ambito fiscale «dobbiamo stabilire un ordine di priorità e per quanto mi riguarda la priorità è cancellare l’aumento dell’Iva. Occorre trovare le risorse per coprire un rinvio dell’aumento dell’Iva all’anno prossimo e poi procedere alla cancellazione dell’aumento con una legge di stabilità».
Proprio in ambito fiscale, secondo Berlusconi il governo Letta dovrebbe chiedere all’Ue di poter sforare il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. È d’accordo con lui?
Non sono d’accordo con Berlusconi. Non dobbiamo chiedere deroghe per l’Italia. Dobbiamo proporre un cambio di rotta della politica economica per l’insieme dell’Eurozona. Soprattutto, Berlusconi dovrebbe ricordare che fu lui a firmare il Six Pack, le direttive che sono state poi trasformate nel Fiscal Compact. È stato inoltre sempre il Cavaliere che ha impegnato l’Italia al pareggio di bilancio nel 2013.
Le stime sul Pil dell’Italia sono continuamente riviste al ribasso. Quali effetti avrà sulla crescita il “decreto del fare”?
Effetti positivi, perché è un decreto che si concentra sul sostegno alla domanda, e in particolare a quella di investimenti, che prioritaria per far ripartire l’economia. Le misure di sblocco delle risorse per i cantieri d’importanti opere infrastrutturali, il credito agevolato alle imprese per l’acquisto di macchinari, il potenziamento del fondo di garanzia, la messa in sicurezza delle scuole attraverso i fondi Inail, l’intervento sui costi dell’energia sono tutte misure che vanno a sostegno della domanda e che danno certamente un contributo positivo per rianimare l’economia.
Il decreto del fare non scioglie però il nodo fiscale. In che modo è possibile trovare un’unità di visione di Pdl e Pd su Imu e Iva?
Tutti condividiamo l’esigenza di evitare l’aumento dell’Iva. Nei partiti c’è chi ha maggiore o minore disponibilità alle soluzioni necessarie ad arrivare all’obiettivo. Il lavoro è in corso, e dobbiamo trattare insieme tutte le partite. Il bilancio dello Stato è uno, e quindi c’è una connessione stretta tra Iva, Imu e interventi per l’occupazione. Dobbiamo stabilire un ordine di priorità e per quanto mi riguarda la priorità è cancellare l’aumento dell’Iva.
Nei 250 miliardi di euro l’anno destinati alle agevolazioni fiscali è possibile trovare le risorse per bloccare l’Iva?
Quell’elenco può dare solo un piccolissimo contributo. Le agevolazioni fiscali servono per obiettivi molto importanti, come le detrazioni per il coniuge o i figli a carico, i mutui, i redditi da lavoro e le pensioni. Nonostante la lunghezza della lista stiamo parlando di poche voci molto rilevanti in termini di impatto economico e sociale, che assorbono la stragrande maggioranza delle risorse.
Il governo ruscirà ad attuare il taglio del cuneo fiscale?
Il taglio del cuneo fiscale è una misura che va considerata nell’ambito degli spazi di finanza pubblica che abbiamo a disposizione, e oggi la priorità è la domanda interna. In questo momento mi concentrerei sulle misure di sostegno alla domanda, agli investimenti e al potere d’acquisto delle famiglie. Per quanto riguarda il cuneo fiscale, mi concentrerei sulla parte che aumenta il reddito netto destinato alle famiglie.
Come intendete proseguire per quanto riguarda la restituzione dei debiti che la Pubblica amministrazione ha con le imprese?
Ritengo che si debba accelerare. Siamo di fronte a un fatto patologico, che è sempre molto pesante, ma che risulta insopportabile in una fase di credit crunch come quella attuale. Occorre accelerare e anticipare alla seconda metà del 2013 un’ulteriore tranche di pagamenti, in particolare per quanto riguarda quelli che fanno riferimento a spese di parte corrente, in modo da non dovere peggiorare il deficit dell’anno in corso. Accelerare i pagamenti vorrebbe anche dire trovare le risorse per coprire un rinvio dell’aumento dell’Iva all’anno prossimo e poi procedere alla cancellazione dell’aumento con la legge di stabilità.
Come si presenterà e che cosa chiederà l’Italia al Consiglio Ue di fine giugno?
Si presenterà molto determinata a mettere in evidenza i limiti delle politiche economiche portati avanti in questi anni nell’Eurozona, dove il debito pubblico è aumentato del 30%. Il nostro Paese proporrà delle misure per sostenere la crescita e il lavoro, a partire da quello giovanile, e lo farà insieme ad altri paesi che con l’Italia hanno la consapevolezza della drammaticità della situazione economica e sociale.
Chiederete che gli investimenti non vadano conteggiati nel deficit?
Noi facciamo proposte, non richieste, perché il Consiglio dei capi di Stato e di governo è un ambito nel quale si va a proporre e non a chiedere. Non proporremo, inoltre, delle misure specifiche per l’Italia, ma per tutti misure generali che consentano di non calcolare gli investimenti produttivi nel deficit. Considereremo la possibilità di valutare in modo differenziato le risorse dedicate al sostegno dell’occupazione, con l’obiettivo di condividere e introdurre misure di carattere generale che valgono per tutti, e non trattamenti particolari per l’Italia. Quello dello sviluppo e del lavoro è un problema generale, quest’anno l’area euro continua a essere in recessione, a vedere aumentare il debito pubblico. Il problema è quindi la politica economica nell’area euro, non è l’Italia.
(Pietro Vernizzi)