“Va bene vigilare, ma attenzione a bloccare gli innovatori. Da una parte vanno evitate delle barriere regolatorie, dall’altra va messo sotto la lente il tema dei big data”. A parlare così – a caldo – è stato il presidente dell’Antitrust italiano, Giovanni Pitruzzella: collega nazionale – in un importante paese-membro della Ue – di Margarethe Verstager, il commissario europeo alla Concorrenza che l’altroieri ha deciso la maxi-multa da 2,4 miliardi di euro contro Google.
Pitruzzella è un costituzionalista noto per le sue posizioni di riformismo liberale, non certo un pasdaran del turboliberismo. Non è caso che, nell’intervista rilasciata al Messaggero, riconosca che “va sanzionato chi sfrutta una situazione di controllo per bloccare l’innovazione di altri o impedisce ad altri di affermarsi e acquisire quote importanti di mercato”. Ma è chiaro che la severa punizione decisa dalla commissaria danese – figlia di un pastore protestante – contro il gruppo sinonimo di web a livello globale non lo soddisfa.
Sarebbe un errore, ha detto, se la sanzione lanciata da Bruxelles come un missile intercontinentale contro la Silicon Valley “demonizzasse Google, che ha creato benefici sia per i consumatori che per le imprese ma naturalmente bisognerà approfondire altri ambiti di azione del gruppo”. “La posizione dominante non è di per sé negativa”, ha sottolineato ancora Pitruzzella, anche se è vero che il nodo sta “in quella speciale responsabilità che deve avere chi ha uno status di controllo del mercato”, che, nel caso dei motori di ricerca comporta “l’obbligo di avere lo stesso trattamento nei confronti di tutti i siti, senza appunto dare un vantaggio alle ricerche legate ai siti ‘di casa’”.
Anche il capo dell’Antitrust italiano non sembra mettere in discussione i meriti tecnici della questione: il mercato dei servizi online può ed essere migliorato, va tenuto aperto quanto più possibile, senza perdere di vista neppure un istante di un’innovazione supersonica. Quello che evidentemente ha lasciato in dubbio anche Pitruzzella, con milioni di addetti ai lavori, è il sospetto di (ab)uso politico di un diritto flessibile, “liquido” come quello tenta di garantire la competitività nell’economia globalizzata a tutela sia dei consumatori (migliori prodotti e servizi al miglior prezzo) sia degli imprenditori (pari opportunità).
Si espelle il migliore in campo se, quando e in quanto viola le regole: non gli si infligge una pesante squalifica solo perché con lui in campo non c’è partita. Il vero modo di affrontare un supercampione in attacco è costruire una super-difesa (non far entrare l’arbitro a gamba tesa): meglio ancora schierare un attaccante dello stesso valore che tenga come minimo il risultato in equilibrio. Se la Ue – a 25 anni da Maastricht – non è riuscita a dar vita a web-corporation in grado di entrare fra gli OTT californiani, il problema resta dell’Europa e non si risolve con una maxi-multa. A Boeing l’Europa ha saputo rispondere con Airbus: ma quello dell’industria aerospaziale è forse l’unico settore nel quale il Vecchio Continente ha saputo reggere la competizione americana sul mercato. Non con la pretesa di infliggere inutili penitenze di frustrazione e di retroguardia.